Dubito che in base agli articoli precedenti qualche lettrice o
lettore sia riuscito a determinare con certezza i confini e quindi l’ampiezza
dell’«Europa» dopo la vittoria di Lepanto (1571) o a percepirne l’«identità», cioè
la caratteristica o le caratteristiche identitarie. Ciò è comprensibile, perché
non è facile per nessuno indicare limiti geografici precisi a una realtà che
non ha confini fisici certi, specialmente ad est, e riuscire a cogliere
l’«identità» di un mosaico di popoli eterogenei e di Stati assai diversi tra
loro, che stanno ancora prendendo forma. Del resto, l’incertezza e forse la
confusione regna tutt'ora. Merita, dunque, prima di andare avanti nella ricerca
delle radici cristiane dell’Europa di oggi, fare un po’ di chiarezza al
riguardo.
Problematicità
dell’«idea» di Europa
 |
Antica carta d'Europa (ca 1580) |
In genere, quando si parla di «Europa» senza ulteriori
precisazioni, si presuppone che tutti gli interlocutori intendano riferirsi
alla stessa realtà. Invece, stando anche solo a un’analisi sommaria dei media
occidentali risulta evidente che il riferimento non è univoco. Per molti,
infatti, l’«Europa» coincide con l’Unione Europea, per alcuni con i Paesi che
fanno parte del Consiglio d’Europa, per altri con quell'entità geografica imparata
a scuola, situata tra l’Atlantico e i monti Urali e tra il Mediterraneo e il
mar Glaciale Artico, per altri ancora l’Europa finisce a est al confine
orientale della Finlandia, dell’Estonia-Lettonia-Lituania, della Polonia,
dell’Ucraina, della Romania e della Bulgaria.
A un’attenta osservazione, non si tratta, tuttavia, solo di
un’incertezza sui confini, ma anche di una grande diversità di idee
sull'Europa, come se, in assenza di una solida riflessione storico-culturale,
ognuno si sentisse autorizzato a dare di una storia più che millenaria e di un
mondo variegato di popoli, tradizioni e culture una propria interpretazione
considerandola fondata. Di qui la grande varietà di «idee» sull'Europa, con o
senza la Russia (di cui molti vorrebbero fare a meno, benché ne costituisca
circa il 40 per cento), con o senza una parte rilevante della Turchia, con o
senza un progetto chiaro e sostenibile per il futuro, ma anche con la paura di
scomparire come «potenza» e di non riuscire nemmeno a difendersi in caso di attacco
senza l’ombrello protettivo americano.
Tuttavia, molti politici soprattutto in sede europea parlano
dell’Europa come se esistesse o potesse esistere una sua idea elaborata ex novo dopo l’invasione russa
dell’Ucraina, a prescindere da duemila anni di storia e da una miriade di
contaminazioni culturali, filosofiche, linguistiche, religiose, artistiche,
scientifiche tra i vari popoli del continente, negando di fatto la tendenza che
ha sempre visto l’Europa pacificatrice e inclusiva (e non esclusiva) di popoli,
religioni, culture, arti, e ignorando che l’inclusione ha reso l’Europa grande
economicamente, politicamente e culturalmente. Senza questa capacità
d’integrazione e di sintesi, dell’Europa si avrebbe nel mondo ben altra idea,
perché riguarderebbe ancora un luogo di divisioni, di contrasti, di
nazionalismi spinti, di conflitti permanenti.
La prima riflessione sull'Europa
 |
Antica carta d'Europa (ca. 1600) |
Può forse meravigliare qualche studioso di mitologia greca e
qualche lettore, ma il mito di Europa (la bella principessa fenicia rapita da
Zeus e portata a Creta) era solo un mito dell’antica Grecia e non riguardava
affatto il nostro continente. I Romani non avevano una nozione precisa
dell’Europa se non come la terra dei Barbari abitanti oltre il Reno e il
Danubio. Non l’avevano i primi cristiani di Roma, della Gallia, della Britannia,
dell'Helvetia e dell'Hispania; ma non l’avevano nemmeno Carlo Magno e gli
imperatori del Sacro Romano Impero Germanico. Gli stessi crociati, pur
provenendo da varie «nazioni» del continente, non si ritenevano ancora
«europei». Il senso di appartenenza all'Europa maturò solo fra il XV e il XVI
secolo, quando anche la cartografia cominciò ad interessarsi specificamente
all'Europa e la circolazione delle idee cominciava a globalizzarsi.
Il primo studioso a indagare sull'identità europea e a elencare
alcuni valori di riferimento in cui credere e per cui combattere è stato
l’umanista italiano Enea Silvio Piccolomini (1405-1464), eletto papa col nome di Pio II nel 1458, lo stesso anno della pubblicazione della sua opera De Europa.
Data l’importanza di quest’opera, se ne tratterà più diffusamente nel prossimo
articolo, cercando anche di rispondere a due domande fondamentali: Perché la
prima riflessione seria sulla «identità» dell’Europa, sui suoi valori e sulla
necessità di difenderli è avvenuta in un ambiente umanistico e cristiano?
Perché è emersa nello stesso ambiente l’esigenza di un’Europa sostanzialmente
unitaria sotto il profilo culturale e religioso?
Giovanni Longu
Berna, 6.3.2024