Migranti, immigrazione, emigrazione sono
parole pesanti, difficili da comprendere e purtroppo abusate quotidianamente. In
Italia, anche sui media, si parla spesso dei migranti come se fossero degli
alieni che «ci invadono» per portarci via qualcosa che ci spetta. Si stenta a
considerarli «umani». Persino quando delinquono sembrano non appartenere ai
delinquenti comuni. Per loro si vorrebbe sempre una punizione esemplare,
possibilmente a furor di popolo. La loro appartenenza alla razza umana interessa
poco, conta di più la loro provenienza e come sono giunti in Italia.
Violenza verbale: e il contesto?
Non mi meraviglio più della violenza verbale
usata in numerosi commenti non solo di fronte a reati gravi, sui quali non si
può transigere, ma anche a bagatelle. Mi meraviglio invece sempre più che non
si cerchino mai, seriamente, le vere cause dell’emigrazione forzata, non se ne
individuino i responsabili e non li si condanni con la severità che meritano.
Si sorvola, in numerose analisi superficiali, che gran parte dei profughi o
migranti economici in fuga da condizioni materiali e sociali disastrose, provenga
da Paesi dove regna oltre alla miseria la corruzione, dove le risorse sono mal utilizzate
(si pensi agli armamenti acquistati dall’Occidente!) e dei quali ci si guarda
bene d’indicare i protettori.
Molti commentatori si limitano ai fatti, veri
o presunti (fino alla definitiva condanna), senza approfondire mai il contesto,
non solo quello di provenienza ma anche quello di arrivo. Sia ben chiaro, i
reati vanno sempre perseguiti e puniti, ma agli sbarcati va anche insegnato appena
mettono piede in Italia, che in questo Paese vigono leggi, regolamenti e
tradizioni che vanno rispettati. Si può davvero dare per scontato che l’Italia
ha una politica d’accoglienza e d’integrazione chiara, seria ed efficace?
Credo che a dare giudizi affrettati e
superficiali sui migranti, su quelli che delinquono e su quelli che sono ancora
alla ricerca di una sistemazione, siano soprattutto persone che dalla realtà
migratoria non sono mai state, buon per loro, nemmeno sfiorate. Non conoscono
la storia dell’emigrazione italiana. Non sanno o fanno finta di non sapere che
nessuno emigrerebbe, tanto meno affidandosi a scafisti senza scrupoli e mezzi
navali insicuri, se stesse bene al proprio Paese. Si emigra, quasi sempre, per
necessità o quanto meno per il desiderio di migliorarsi, un desiderio
nobilissimo e rispettabilissimo.
Il discorso sui nuovi immigrati, migranti,
profughi, richiedenti l’asilo o comunque si voglia chiamare questi fuggitivi
dalla miseria o dal terrore, sarebbe diverso se chi ne parla avesse conosciuto
da vicino anche se non in prima persona la realtà migratoria. Fatta eccezione
per i pochi «invitati» e per quanti sanno in partenza che il loro arrivo è
auspicato (ricercatori, professori, specialisti, intellettuali, imprenditori,
ecc.), per la stragrande maggioranza dei migranti la realtà migratoria è spesso
ancora dura da accettare e da sopportare. Nonostante le leggi, le tutele, le
attenzioni, agli emigranti toccano quasi sempre i lavori più sporchi, più
pesanti e più rischiosi. Si dirà che oggi gli immigrati corrono meno pericoli
sul lavoro di un tempo ed è vero, ma non si può negare che per loro le
condizioni sono sempre più difficili.
Il richiamo di Mattmar
Mi vengono questi pensieri pensando alle
vittime di Mattmark, che 52 anni fa, il 30 agosto 1965, furono travolte da una valanga
di ghiaccio e detriti di proporzioni enormi. In Svizzera, nel Cantone Vallese,
mentre si stava costruendo una grande diga, all’improvviso si staccò una parte
molto consistente del ghiacciaio sovrastante il cantiere, distruggendolo completamente
e uccidendo 88 lavoratori, di cui 56 italiani. Erano immigrati, giunti in
Svizzera per lavorare, sognando una vita migliore. Per loro l’emigrazione fu
fatale.

Forse, anche di fronte alle disgrazie «migratorie»
di oggi, varrebbe la pena di protestare e denunciare tutto, ma veramente tutto
ciò che impedisce di riportare alla «normalità» un fenomeno che è mondiale, che
è soprattutto «umano», senza troppe distinzioni o regolamenti, che tocca sempre
più persone. L’emigrazione esige soprattutto solidarietà e un po’ più di
rispetto. Mattmark è un richiamo.
Giovanni Longu
Berna, 30 agosto 2017
Berna, 30 agosto 2017