18 maggio 2023

Impegno costante a difesa dell'italiano in calo: appendice 2

L’Ambasciatore d’Italia in Svizzera Silvio Mignano evidentemente non accetta le critiche e questo è comprensibile; meno comprensibile è che non abbia la pazienza di leggerle attentamente prima di contestarle. Siccome nell'ultimo numero (20) del settimanale L’ECO ha voluto fare un’ulteriore «precisazione» sul un mio articolo del 3 maggio 2023 (L’ECO n. 18): Impegno costante in difesa dell'italiano in calo (7), desidero anch'io precisare alcuni punti.

L'Ambasciatore insiste

Anzitutto trovo strano che l’Ambasciatore consideri «singolare» che alla sua precedente lettera non abbia risposta la direttrice del giornale, ma l'autore dell'articolo e consideri un un mio «privilegio» aver avuto l’occasione di leggere la sua  lettera  prima di rispondere (L’ECO n. 19). Ma quale giornale serio pubblicherebbe una contestazione a un articolo di un suo collaboratore senza prima chiedergli di prendere posizione, tanto più che L’ECO dichiara espressamente che «gli articoli impegnano solo la responsabilità degli autori»? Non credo che l’Ambasciatore Mignano ignori la prassi giornalistica e tanto meno ritenga che ad una contestazione dell’Ambasciata non si possa replicare o che a rispondere non debba essere l'autore o autrice dell'articolo contestato. Ciò nonostante, si è sentito nuovamente obbligato a inviare al giornale un ulteriore «chiarimento» non solo per esporre quanto egli si sia prodigato per l’italiano in Svizzera, ma anche per contestare nuovamente quanto da me scritto sull'Ambasciata (L’ECO n. 18).

Risposta

Mi spiace dover rispondere a mia volta che non ho mai messo in dubbio l’impegno dell’Ambasciatore a favore dell’italiano in generale, né ho preso a pretesto il suo sostegno alla SAIS (Società degli Accademici Italiani in Svizzera) «per criticare il supposto poco impegno dell’Ambasciata a tutela della lingua italiana in Svizzera». Ho solo cercato di trasmettere all'Ambasciatore la delusione di «una parte dell’opinione pubblica italiana» che sperava in un intervento dell’Ambasciata per far riprendere i corsi di lingua e cultura sospesi in alcune località. Questa speranza era stata manifestata nell'Assemblea del 26 novembre 2022 anche dal presidente del Forum per l’italiano in Svizzera Manuele Bertoli che «deplora[va] quanto sta accadendo» e auspicava una soluzione del problema «magari attraverso l’Ambasciata italiana».

Il fatto che i corsi sospesi non siano più ripartiti ha accresciuto in molti italiani la delusione nei confronti dell’Ambasciata. Che l’Ambasciatore, nella sua ultima comunicazione, imputi la «responsabilità esclusiva» dei casi critici dei corsi di lingua e cultura agli enti gestori non attenua la delusione dei genitori interessati, che contavano evidentemente su un intervento risolutivo dell’Ambasciata quale massima autorità di vigilanza, tanto più che la situazione critica di quegli enti era nota da anni. Ritengo legittimo chiedersi perché non sia stato possibile risolvere gli impedimenti di carattere amministrativo, pur sapendo che a subirne i maggiori danni sarebbero stati i bambini impossibilitati a usufruire di quei corsi.

Infine, poiché l’Ambasciatore nella sua ultima «precisazione» menziona un suo «intervento personale, con appassionato appello alla difesa della lingua, proprio nell'Assemblea Generale di quel Forum per l’italiano in Svizzera del quale parla il Signor Longu», desidero precisare che nei documenti relativi all'Assemblea del 26 novembre 2022 a Lucerna da me citata nella mia presa di posizione del 10.5.2023 (L’ECO n. 19) non ho letto alcun «intervento personale» dell’Ambasciatore Mignano riguardante i corsi di lingua e cultura. Forse l’Ambasciatore si riferiva a qualche precedente Assemblea.

In conclusione, per quanto mi riguarda, ho sempre riconosciuto il cospicuo contributo dello Stato italiano destinato ai corsi di lingua e cultura e l’impegno dell’Ambasciata d’Italia a favore della lingua e della cultura italiana. Nel mio articolo più volte citato in difesa dell’italiano in calo, gli interrogativi sul ruolo dell’Ambasciata riguardavano espressamente «i corsi di lingua e cultura» e non altro. Mi spiace pertanto che l’Ambasciatore non abbia colto «il senso generale» dell’articolo, che verteva sull'esigenza di «buoni esempi» da parte delle istituzioni italiane e l'auspicio che l'Ambasciata intervenisse per salvaguardare i corsi di lingua e cultura dove sono ancora sospesi. 

Giovanni Longu
Berna 18.05.2023

17 maggio 2023

Deprivazione e formazione (seconda parte)

Nel 2021, in Svizzera il tasso di deprivazione materiale e sociale era piuttosto basso (meno della metà di quello italiano ed europeo), come si è visto nell'articolo precedente. Merita tuttavia di essere esaminato più da vicino, per conoscere quali sono le persone più a rischio. Poiché esso è collegato strettamente al rischio di povertà, è opportuno sapere anche chi e in che proporzione corre maggiormente questo pericolo in Svizzera, nell'Unione Europea (UE) e in Italia, e come eventualmente cercare di ridurlo.

Rischio di povertà in Svizzera 

Il rischio di povertà, com'è definito a livello europeo (calcolato sul reddito disponibile), esiste anche nella ricca Svizzera, anzi è più elevato di quel che a prima vista si potrebbe pensare, perché, essendo i redditi tra i più alti d’Europa, quando si riducono considerevolmente è facile cadere nello stato di povertà e di deprivazione. Purtroppo è anche in aumento. Nel 2021 il rischio di povertà concerneva il 14,6 per cento della popolazione residente, ovvero quasi una persona su sette. A titolo di confronto, esso si situava poco al di sotto di quello dell’Unione Europea (16,8%), vicino a quello dell’Austria (14,7%), della Francia (14,3%) e della Germania (16,0%) e inferiore a quello dell’Italia (20,1%).

In Svizzera, le persone più a rischio di povertà appartengono ai seguenti gruppi sociali: persone sole sopra i 65 anni di età (pensionati quando dispongono di un reddito inferiore a 2500 franchi mensili), persone che non hanno terminato una formazione dopo la scuola obbligatoria, persone disoccupate, famiglie monoparentali, coppie con tre figli o più. Inoltre, in generale, la popolazione straniera (specialmente quella proveniente dall'Europa dell'Est o da Paesi extraeuropei) ha un rischio quasi doppio di cadere in povertà rispetto alla popolazione di nazionalità svizzera.

Corrono invece meno rischi, secondo le rilevazioni statistiche europee, le economie domestiche con due persone occupate, in generale le persone occupate, le persone con una formazione di grado terziario e quelle con una formazione di secondo grado superiore (formazione professionale completa). Nel 2021, in Svizzera, il tasso di deprivazione materiale e sociale tra le persone occupate era del 3,3 per cento (inferiore a quello medio dell’UE e di tutti i Paesi confinanti ad eccezione dell’Austria).

Situazione in Italia

Come più volte accennato, in Italia sia il rischio di povertà che il rischio di deprivazione materiale e sociale sono più elevati che in Svizzera. Qui si rinuncia, tuttavia, a una diretta comparazione tra i due Paesi perché la rilevazione europea da cui proviene gran parte dei dati riferiti avviene a livello regionale e non nazionale. Sarebbe pertanto poco significativo riferirsi a medie aritmetiche dei dati riguardanti, in Svizzera, le Regioni statistiche (Zurigo, Ticino, Mittelland, ecc.) e, in Italia, le Regioni del Nord, del Centro e del Sud.

Del resto è notorio che in questa materia (rischio di povertà e deprivazione) le differenze sono notevoli tra una regione e l’altra non solo in Italia, ma anche in Svizzera. Nel 2021, per esempio, il rischio di povertà nella Regione di Zurigo era dell’11,3 per cento, ma del 22,0 per cento nel Ticino. In Italia, il rischio di povertà variava dal 12,3 per cento della Lombardia al 35,5 per cento delle Isole.

Purtroppo in Italia il tema della povertà e delle disuguaglianze è poco presente nei media, mentre dovrebbe servire a riproporre seriamente nell'opinione pubblica e negli ambienti politici nazionali e regionali una nuova «questione meridionale» in termini di necessità e urgenza, per evitare che il distacco lacerante tra Settentrione e Meridione cresca e si aggravi.

Formazione professionale necessaria e urgente

La gravità della situazione, caratterizzata nel Sud da un tasso troppo elevato (a livello europeo) di povertà, denatalità ed emigrazione, dovrebbe indurre le forze politiche e sindacali ad approfittare della grande disponibilità di denaro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per realizzare nel Mezzogiorno importanti progetti, soprattutto nell'istruzione e nella formazione professionale. Il tema verrà ripreso nel prossimo articolo, ma già ora è facile osservare come povertà, denatalità ed emigrazione siano problemi che possono essere avviati a soluzione solo (ri)creando un ambiente favorevole, che non può prescindere da un sistema coerente e sostenibile di istruzione e formazione professionale. (Segue)

Giovanni Longu
Berna 17.05.2023