24 marzo 2021

Raniero Paulucci di Calboli, «ministro plenipotenziario» a Berna

Giunto a Berna nel 1913 come ministro plenipotenziario d’Italia, Raniero Paulucci di Calboli trovò in Svizzera una situazione migratoria simile per certi versi a quella osservata in Inghilterra e in Francia e diversa per altri. Anche qui gli immigrati italiani svolgevano i lavori più pesanti, pericolosi e mal retribuiti ed erano spesso oggetto di discriminazioni. Ciò nonostante, dall’inizio del secolo la Svizzera rappresentava una delle mete preferite dagli italiani, molto richiesti sia per la realizzazione delle ferrovie (nel 1910 su mille lavoratori addetti alle costruzioni ferroviarie solo 101 erano svizzeri) che per lo sviluppo delle industrie. Il loro arrivo in massa era tuttavia visto da molti come un pericolo di «inforestierimento» e provocava spesso nella popolazione locale reazioni negative nei loro confronti. Per altri versi la Svizzera, Paese neutrale al centro d’Europa, doveva rappresentare per un esperto diplomatico come il marchese Paulucci una sede molto interessante.

La sede diplomatica di Berna

Berna, Residenza dell'ambasciatore d'Italia
A Berna, quando il marchese Raniero Paulucci di Calboli vi giunse proveniente da Lisbona come inviato speciale e ministro plenipotenziario del Re d’Italia, la rappresentanza diplomatica italiana non aveva ancora una sede propria né una Residenza per il Capo Missione e la sua famiglia. E’ probabile che uno dei primi impegni di Raniero Paulucci di Calboli sia stato proprio quello di trovare per la Legazione italiana (che diventerà ambasciata solo nel 1953) una sede adeguata corrispondente al prestigio dell’Italia (nel 1912 era terminata con la vittoria italiana la guerra in Libia contro l’impero turco) e forse anche suo personale.

Intanto, dopo l’accreditamento presso il Consiglio federale (27.2.1913), il marchese Raniero Paulucci di Calboli andò ad alloggiare come il suo predecessore Fausto Cucchi Boasso al Bernerhof, allora l’unico hotel di lusso della capitale, dove alloggiavano abitualmente gli ospiti illustri della Confederazione. Che quella non fosse la sistemazione ideale era però evidente perché gli uffici della Legazione (Cancelleria) si trovavano in una sede provvisoria nel quartiere di Kirchenfeld.

Al marchese Paulucci, che godeva di grande notorietà e di notevoli beni di famiglia, non dev’essere stato difficile trovare una sede più consona nello stesso quartiere, uno dei più belli (costruito in gran parte da italiani) di Berna. 

Cancelleria diplomatica, adiacente alla Residenza
Nel novembre 1913 acquistò in proprio una delle più belle ville (Villa Kern, dal nome del proprietario) della capitale con l’adiacente dépendance e un grande parco. La villa (Elfenstrasse 10) sarà utilizzata dal marchese come residenza del Capo Missione e della sua famiglia (lui stesso, la moglie Virginia Lazzari Tornielli e i due figli Fulcieri e Camilla), mentre il secondo edificio (Elfenstrasse 14) servirà come Cancelleria diplomatica e sede ufficiale della Legazione italiana.

Da questa splendida sede, il ministro Paulucci sperava forse di riuscire a «far ammirare l’Italia» anche dagli svizzeri come gli era riuscito nei confronti dei francesi durante la sua lunga permanenza a Parigi. Purtroppo vi riuscirà solo in parte perché ben presto saranno altre le preoccupazioni del rappresentante italiano in Svizzera.

Paulucci durante la guerra

Con lo scoppio della prima guerra mondiale (28 luglio 1914), nonostante l’Italia avesse dichiarato la propria neutralità, molti italiani emigrati furono richiamati in patria per essere arruolati nell’esercito. Alcuni decisero di non rientrare, spesso per motivi familiari, e di prendere la cittadinanza svizzera. Altri, pur non essendo richiamati per l’arruolamento dovettero comunque rientrare perché molti cantieri interruppero l’attività (soprattutto dopo la mobilitazione decretata dal Consiglio federale) e senza un lavoro perdevano anche il permesso di soggiorno. La Legazione dovette intervenire anche con treni speciali per il rimpatrio dei disoccupati, garantendo la gratuità del viaggio e fornendo nei casi più gravi un aiuto finanziario. In pochi mesi il numero degli italiani presenti in Svizzera si ridusse drasticamente.

Agli italiani che rientravano dalla Svizzera se ne aggiunsero in poche settimane altre decine di migliaia provenienti dalla Germania, dalla Francia e dal Belgio. A tutti bisognava garantire assistenza, soprattutto dopo l’entrata in guerra dell’Italia perché molti italiani fuggivano dalla Germania per paura di rappresaglie tedesche.

Tra coloro che partirono dalla Svizzera per la guerra ci furono anche il figlio del ministro Paulucci,
Fulcieri, come volontario per combattere al fronte, e la figlia Camilla, come crocerossina per assistere e curare i feriti. Il primo vi tornerà gravemente ferito, ma da eroe, (perché fu insignito di medaglia d’oro al valore militare) e la seconda (anch’essa pluridecorata) per potersi occupare del fratello quasi completamente paralizzato. Fulcieri morirà il 28 febbraio 1919 in un sanatorio a Saanen, nel Cantone di Berna, e tutta la stampa elvetica gli rese omaggio.

Fulcieri Paulucci di Calboli (1893-1919)

Il consigliere federale Giuseppe Motta, che ammirava del giovane Fulcieri soprattutto l’eroismo sul campo di battaglia e ancor più lungo il corso della sua malattia, ricordandolo su un quotidiano ticinese poco dopo la sua morte, non esitava a considerarlo «un santo sublime, il santo dell’amor di patria», e riteneva che quanto Dante attribuiva nel canto quattordicesimo del Purgatorio al suo antenato Rinieri, a meraviglia s’addiceva all’eroe Fulcieri: «quest’è ‘l pregio e l’onore / della Casa da Calboli…».

Con la guerra in corso, il ministro Paulucci dovette occuparsi non solo dell’assistenza agli immigrati italiani, ma anche dei rapporti bilaterali con la Svizzera, che temeva ripercussioni al suo approvvigionamento dall’estero. Benché si fosse subito dichiarata neutrale, desiderava assicurazioni soprattutto dall’Italia perché molti rifornimenti passavano da Genova.

Il plenipotenziario Paulucci rassicurava il Consiglio federale perché il governo italiano non solo avrebbe rispettato la «neutralità perpetua» della Svizzera, sebbene l’Italia non fosse stata una delle Potenze garanti al Congresso di Vienna del 1815, ma anche gli accordi commerciali col Paese amico. Il ministro Paulucci appariva sempre rassicurante e una garanzia degli ottimi rapporti tra la Legazione d’Italia e il Consiglio federale.

Partenza e ritorno a Berna

Profondamente scosso dalla morte del figlio Fulcieri, a lui «caro come la pupilla degli occhi» (G. Motta), il marchese Paulucci non trovava più motivo di restare a Berna. Nel novembre del 1919 fu destinato a Tokyo con il grado di ambasciatore. Pochi mesi più tardi fu raggiunto anche dalla figlia Camilla che nel frattempo aveva sposato Giacomo Barone, conosciuto proprio a Berna dove aveva mosso i suoi primi passi nella diplomazia come segretario di legazione.

Con la partenza, nel 1920, di Camilla e Giacomo Barone, i due edifici bernesi alla Elfenstrasse furono acquistati dallo Stato italiano e divennero a tutti gli effetti Residenza e Cancelleria della Legazione d’Italia. Vi ritorneranno, Raniero, Camilla e Giacomo, come ospiti illustri nel 1925, quando con una cerimonia solenne e per diversi aspetti insolita la Legazione fu intitolata all’eroe Fulcieri.

Lapide commemorativa dedicata a Fulcieri Paulucci
sulla facciata dell'ambasciata italiana a Berna

La manifestazione del 21 giugno 1925 fu insolita per diversi motivi, che sarebbe troppo lungo elencare e commentare. Basti solo ricordare che nel frattempo in Italia Mussolini aveva preso il potere; Raniero Paulucci, di ritorno da Tokio, era stato nominato senatore e dopo qualche altro incarico diplomatico si era ritirato dal servizio attivo; Giacomo Barone, scelto da Mussolini come suo capo di gabinetto, dopo la nascita del primo figlio maschio (a cui era stato dato il nome Fulcieri), su invito del suocero aveva chiesto e ottenuto con decreto regio il cognome Paulucci di Calboli e il titolo di marchese, che altrimenti si sarebbe estinto in mancanza di eredi maschi; il defunto Fulcieri era diventato agli occhi di Mussolini oltre che un eroe nazionale anche un modello di giovane fascista; in Svizzera la propaganda fascista stava diventando sempre più insistente e contagiosa.

Dedicare la Legazione di Berna alla memoria di Fulcieri sembrò a Mussolini non solo un atto dovuto per celebrare proprio nella sua casa paterna l’eroe nazionale, ma anche un’occasione unica per celebrare l’amicizia italo-svizzera. Per queste ragioni fu lui a dettare l’epigrafe sulla lapide da affiggere sul muro esterno della Legazione (Da questa sua casa pater
na - nel santo entusiasmo dell'italica fede - partì volontario per la grande guerra - Fulcieri Paulucci de' Calboli - Qui ritornando crudelmente ferito - e già sacro alla Morte - dopo il glorioso olocausto - diè tutto sè stesso alla Patria
) e a insistere per invitare alla cerimonia non solo tutte le rappresentanze delle numerose associazioni fasciste presenti in Svizzera ma anche una rappresentanza del Consiglio federale, anzi proprio del consigliere federale Giuseppe Motta, che non nascondeva una certa ammirazione per Mussolini.

La presenza di Motta divenne in Svizzera un caso politico, ma per l’Italia fu un successo e per la numerosa colonia italiana la Legazione divenne un punto di riferimento sicuro.

Giovanni Longu
Berna 24.03.2021