18 settembre 2019

Immigrazione italiana 1950-1970: 26. Schwarzenbach e gli italiani (3a parte)


Sul finire degli anni Sessanta la politica immigratoria era talmente discussa in pubblico e in privato che il partito di Schwarzenbach, l’Azione Nazionale (AN), riuscì facilmente a raccogliere in tutta la Svizzera un numero ben più ampio del necessario a sostegno della sua seconda iniziativa contro l’«inforestierimento». L’immigrazione era considerata per la prima volta un «problema» nazionale che andava risolto decisamente. Agli occhi dei sostenitori di una politica restrittiva verso gli stranieri Schwarzenbach sembrava l’uomo giusto al momento giusto: colto, editore e scrittore, ricco (proveniente da una famiglia di industriali), anticomunista, a suo modo un vero combattente «contro i poteri forti», come si direbbe oggi, specialmente la grande industria, perché convinto che uno sviluppo economico fondato sulla manodopera estera a buon mercato fosse scriteriato e insostenibile.


L’iniziativa Schwarzenbach
James Schweizer (Keystone/Str)
Nonostante gli interventi del Consiglio federale per ridurre l’immigrazione, era sotto gli occhi di tutti che la popolazione straniera non faceva che aumentare. Per l’AN, che aveva appena ritirato la prima iniziativa antistranieri (1968), non c’era tempo da perdere, tanto più che aveva trovato nel suo neoconsigliere nazionale James Schwarzenbach (1911-1994) la persona forse più convinta per sostenere una nuova iniziativa popolare ancor più radicale di quella appena ritirata. In effetti, in poco tempo furono raccolte a sostegno ben 70.292 firme valide (quando ne sarebbero bastate 50.000) e il 20 maggio 1969 l’«iniziativa Schwarzenbach» fu depositata alla Cancelleria federale. Il Consiglio federale decise di porla in votazione il 7 giugno 1970 proponendone il rigetto, come aveva deciso anche l’Assemblea federale (Parlamento).
All’infuori dell’AN, nessun altro partito politico, nessun sindacato, nessuna chiesa, nessuna organizzazione economica e nessun’altra organizzazione erano favorevoli all’iniziativa. 
E’ possibile che il suo principale sostenitore, Schwarzenbach, provasse una sorta di esaltazione nel sentirsi come un piccolo Davide a lottare contro un enorme Golia costituito dall’establishment non solo politico, ma anche mediatico, religioso e soprattutto economico. Partecipò a innumerevoli dibattiti, era convinto di trovarsi dalla parte giusta e le critiche non scalfivano la sua motivazione profonda di doversi battere in quanto svizzero per gli interessi del suo Paese.

Incertezza e paura
Nei giorni precedenti la votazione popolare a dominare i sentimenti tanto degli svizzeri che degli stranieri erano soprattutto l’incertezza e la paura. Tutti i pronostici della vigilia davano uno scarto di voti tra i sì e i no esiguo, ma nessun sondaggio dava per scontata la vittoria dei sostenitori o dei contrari.
L’incertezza era data anzitutto da quanti sarebbero andati a votare, perché la complessità dell’iniziativa avrebbe potuto scoraggiare la partecipazione. Essa chiedeva infatti non solo la riduzione della componente straniera in ogni Cantone al 10% dei cittadini svizzeri (25% nel Cantone di Ginevra), entro quattro anni, ma anche «provvedimenti per lottare contro l’inforestierimento demografico ed economico della Svizzera» e la protezione dei cittadini svizzeri contro il licenziamento «per motivi di razionalizzazione o a cagione di provvedimenti restrittivi, fintanto che nella stessa azienda o nella stessa categoria professionale siano occupati degli stranieri». Per evitare che il Governo adottasse provvedimenti straordinari di naturalizzazione, al fine di ridurre il numero degli stranieri residenti, l’iniziativa consentiva al Consiglio federale unicamente la «naturalizzazione agevolata» dei figli nati da padre straniero e da madre «cittadina svizzera per origine», purché i genitori avessero avuto il loro domicilio in Svizzera al tempo della nascita dei figli.
Manifesti contro e pro l’iniziativa Schwarzenbach
L’incertezza maggiore era dovuta però soprattutto alla scelta di voto dei partecipanti, perché dai dibattiti era emerso che in caso di accettazione dell’iniziativa a pagarne le conseguenze economiche e sociali sarebbero stati non solo gli stranieri costretti a lasciare la Svizzera, ma anche molti svizzeri, che non avrebbero potuto supplire alla mancanza dei partenti. Anche per questa ragione la campagna a favore e contro l’iniziativa di Schwarzenbach fu molto accesa tra i politici e nella popolazione.
L’iniziativa, per quanto complessa, era assolutamente chiara su un punto: se fosse stata accolta dal Popolo svizzero, entro quattro anni una parte consistente di stranieri, allora soprattutto italiani, avrebbe dovuto lasciare la Svizzera anche se in possesso del permesso di domicilio. Secondo i calcoli del Consiglio federale, se l’iniziativa fosse stata accolta dal popolo svizzero e dalla maggioranza dei Cantoni, sarebbero stati almeno 310.000 gli stranieri costretti ad andar via. La quota a carico degli italiani sarebbe stata preponderante. Il sentimento che si diffuse tra loro nei mesi e nelle settimane prima della votazione fu soprattutto di paura, perché nessuno si riteneva più al sicuro, nemmeno i domiciliati, soprattutto in quei Cantoni dove gli stranieri superavano il 10%.

L’esito della votazione
L’iniziativa Schwarzenbach fu votata il 7 giugno 1970. Quella votazione resterà negli annali della democrazia svizzera perché vide una partecipazione record del 74,7% dell’elettorato (allora solo maschile perché il suffragio femminile sarà introdotto solo nel 1971), inferiore solo a quella (79,7%) sull’introduzione dell’assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS) nel 1947, ma mai più superata in seguito. Il perché di tanta partecipazione fu la posta in gioco, che come già ricordato, concerneva non solo gli stranieri ma anche moltissimi svizzeri.
La maggioranza del popolo svizzero (654.844 voti contrari pari al 54% dei votanti e 557.517 favorevoli, 46%) e 13 Cantoni più 4 Semicantoni (contro 6 Cantoni e 2 Semicantoni) respinsero l’iniziativa, ma fu una sorpresa l’alta percentuale di sì in tutta la Svizzera.
I Cantoni e Semicantoni che respinsero l’iniziativa sono stati: Zurigo (56,4% di no), Glarona (53,5%), Zugo (52,2%), Basilea Città (53,3%), Basilea Campagna (60,5%), Sciaffusa (59,7%), Appenzello Esterno (57,1%), Appenzello Interno (50,3%), San Gallo (53,9), Grigioni (59,5%), Argovia (52,5%), Turgovia (59,4%), Ticino (63,7%), Vaud (58,7%), Vallese (54,0%), Neuchâtel (60,9%), Ginevra (60,3). Approvarono invece l’iniziativa i Cantoni e Semicantoni di: Uri (63,3%), Nidvaldo (55,7%), Lucerna (54,6%), Obvaldo (54,5%), Svitto (52,6%), Berna (52,1%), Soletta (51,4%), Friburgo (50,3%).
Si attribuì il rigetto dell’iniziativa solo alla paura delle imprevedibili conseguenze che avrebbe comportato una sua accettazione, sia per il clima sociale che avrebbe inevitabilmente surriscaldato e sia per le negative previsioni sull’economia. Poiché la misura del 10% si sarebbe dovuta applicare in ciascun Cantone, nei Cantoni con una percentuale di stranieri inferiore al 10% (alcuni piccoli Cantoni e quelli poco industrializzati) l’iniziativa non avrebbe comportato alcun cambiamento, mentre nei Cantoni molto industrializzati avrebbe potuto procurare danni enormi alla produzione industriale e al clima sociale. 

Inforestierimento come pretesto?
Un’altra considerazione merita di essere presentata ed è che la densità di stranieri ha influito poco o niente sull’esito della votazione. Infatti l’iniziativa è stata accolta soprattutto nei Cantoni contadini dove la percentuale di stranieri era relativamente bassa (Berna, Friburgo, Soletta, Lucerna, ecc.), mentre è stata respinta nei Cantoni industriali e in quelli periferici dove la percentuale era relativamente alta (Zurigo, Basilea Città e Basilea Campagna, Ticino, Grigioni, Neuchâtel, Ginevra, ecc.). Come a dire che a prevalere, in questo tipo di votazioni, sono gli interessi economici più che le ideologie.
Si deve dunque dedurre che la paura dell’inforestierimento è stata solo un pretesto usato da Schwarzenbach per contestare un certo sistema capitalistico-liberale dell’economia, disposto apparentemente a sacrificare tutto in nome dello sviluppo e del profitto, addossando allo Stato tutte le conseguenze politico-sociali? La domanda è legittima come è altrettanto legittima la seguente: nella sua lotta senza quartiere contro la grande industria e la politica federale che a suo dire permetteva che decine di migliaia di stranieri venissero sfruttati, Schwarzenbach si rendeva conto che se la sua iniziativa fosse stata approvata dal Popolo e dai Cantoni avrebbe procurato danni rilevanti a decine di migliaia di famiglie, soprattutto italiane, ma anche svizzere? Non sarebbe stato più onesto mirare a colpire il governo federale e la sua politica ritenuta troppo lassista nei confronti del capitalismo, invece di coinvolgere drammaticamente migliaia di lavoratori immigrati e le loro famiglie del tutto estranei ai giochi di potere?
Le risposte non possono essere sbrigative per cui vengono rimandate al prossimo articolo, ma si può già anticipare che l’«iniziativa Schwarzenbach», per i toni della polemica, ma anche per l’esito finale, ha contribuito in misura determinante a cambiare la storia dell’immigrazione italiana in Svizzera. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 18.09.2019