11 ottobre 2023

Italiani in Svizzera: cosa fanno?

L’economia italiana sembra in buona salute, ma non tanto da trattenere tutti i potenziali operatori e attirarne dei nuovi. Da decenni l’Italia vive un periodo di lenta crescita economica e occupazionale, ma soprattutto i giovani e molte persone con una buona formazione professionale non hanno la pazienza di aspettare e preferiscono emigrare, forse attratti da economie più dinamiche, più solide e più corrispondenti alle loro aspettative. Molti di questi giovani e persone formate o in formazione arrivano in Svizzera, dove la disoccupazione è bassa (attualmente 2,0%), l’economia tira, le prospettive sono buone, l’occupazione qualificata cresce. Il quadro economico generale sembra offrire maggiore sicurezza per il presente e maggiore speranza per il futuro con ampie possibilità di perfezionamento e di carriera. Ma cosa fanno in realtà gli italiani in età lavorativa in Svizzera?

L’occupazione degli italiani

Intanto va rilevato che gli italiani (senza contare i binazionali), pur essendo ancora, secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica, il gruppo straniero più numeroso (nel 2022: 332.700 persone, pari al 3,9% della popolazione residente totale dai 15 anni in su), non forniscono la quota più elevata di lavoratori occupati. Prendendo in considerazione la popolazione dai 25 ai 64 anni, gli italiani (circa 188.000 persone) hanno un tasso di occupazione dell’82,3 per cento, inferiore non solo a quello dei tedeschi (89,9%) e degli austriaci (89,5%), ma anche a quello degli slovacchi, dei francesi, degli svizzeri (85,5%), dei greci e di altre popolazioni europee.

La relativamente bassa percentuale di italiani occupati è dovuta al fatto che la popolazione residente con la sola cittadinanza italiana conta ormai molti anziani (circa 65.000) e tanti giovani, diventando svizzeri con la naturalizzazione, non figurano più nelle statistiche degli stranieri.

A ciò si deve anche aggiungere che il tasso di occupazione delle donne italiane è piuttosto basso (35,4%), ben al sotto di quello medio svizzero (48,6%), anche perché il 52,7 per cento delle donne italiane lavora a tempo parziale. Nella fascia d’età dai 55 ai 64 anni, per le donne italiane il tasso di occupazione scende addirittura al 18,3 per cento e si avvicina a quello delle donne provenienti dallo Sri Lanka (17,9%), dall'Austria (17,8%), dagli Stati Uniti (17,8%) e dalla Croazia (17,6%).

Formazione e attività professionale

Contrariamente a quello che spesso si racconta, non è vero che gli italiani che lavorano sono ormai tutti laureati o altamente qualificati, perché molti, anche tra i nuovi arrivati, svolgono attività non qualificate o poco qualificate. Gli italiani occupati con una formazione di grado universitario sono meno del 40%. Percentuali più elevate presentano americani (USA), russi, tedeschi, francesi, svizzeri, cinesi, polacchi, spagnoli.

Gran parte degli italiani lavora in una posizione subordinata; sono infatti relativamente pochi quelli che svolgono funzioni dirigenziali (26,5%), meno dei britannici (44,3%), degli americani (38,8%) e di altri stranieri (olandesi, greci, tedeschi, francesi, spagnoli, ecc.). Sono tuttavia numerosi anche gli italiani altamente qualificati come ingegneri, informatici, medici, insegnanti, ricercatori, consulenti, ecc. che occupano posti di alto livello.

Da tempo ormai anche l’attività professionale degli italiani si svolge sempre più nel settore terziario (72,9%). Sono tuttavia ancora molti coloro che lavorano nel secondario (26,6%), con percentuali inferiori agli stranieri provenienti dal Cossovo, dalla Macedonia del Nord, dalla Croazia, dalla Serbia, dal Portogallo, dalla Bosnia-Erzegovina e dalla Turchia. La media svizzera è solo del 18,6%.

Condizioni di vita e di lavoro

Le condizioni di lavoro sono generalmente buone, ma è intuibile che molti nuovi immigrati fatichino inizialmente a inserirsi soprattutto a causa di inevitabili difficoltà linguistiche, ma anche di conoscenza dei rapporti sociali. Una più attenta accoglienza dei nuovi arrivati nell'ambiente italofono potrebbe favorire in loro non solo il superamento delle difficoltà iniziali, ma anche una più facile integrazione nella vita sociale, culturale e ricreativa.

D’altra parte, il loro contatto e il loro contributo rappresenterebbe anche un forte stimolo al rinnovamento delle vecchie strutture associazionistiche italiane e l’avvio di nuove attività per la salvaguardia dell’immenso patrimonio di esperienza e di cultura proveniente dalla lunga storia dell’immigratoria italiana. Spetterà soprattutto a loro, alle nuove leve, proseguire e sviluppare la tradizione umanistica italiana e l’italianità in Svizzera.

Giovanni Longu
Berna, 11.10.2023