Un altro pregiudizio da cui dovevano liberarsi tanto gli
italiani che gli svizzeri negli anni Settanta riguardava l’adesione degli
stranieri ai sindacati locali: gli italiani non vi aderivano perché li
ritenevano di parte in quanto sembravano voler garantire in primo luogo
l’occupazione degli svizzeri; a loro volta, i sindacati accusavano gli italiani
di approfittare delle conquiste sindacali e di mancanza di solidarietà operaia,
magari per risparmiare le quote sociali. L’idea del sindacato che difende
indistintamente tutti e per riuscirci bene ha bisogno dell’adesione anche dei
lavoratori immigrati era un auspicio che si realizzerà solo lentamente.
Esigenze sindacali
I sindacati erano consapevoli di dover svolgere nella nuova
politica concernente gli stranieri un ruolo determinante, ma per svolgerlo
pienamente necessitavano anche della partecipazione dei lavoratori immigrati.
Per questo, fin dagli anni Sessanta sentirono la responsabilità di favorire la
loro adesione, cominciando dall’eliminazione di ogni forma di discriminazione
nelle politiche occupazionali e salariali.
Ovviamente i sindacati si aspettavano che i lavoratori
immigrati, in caso di conflitti lavorativi o salariali, invece d’invocare
l’intervento dei sindacati italiani o di ricorrere ai patronati e ad alcune
associazioni italiane vicine all’ideologia comunista, cominciassero a sentire
il sindacato svizzero come una valida difesa anche nei loro confronti.
L’apertura sindacale e l’adesione degli italiani ai
sindacati svizzeri era stata auspicata già nell’immediato dopoguerra dal primo
ambasciatore d’Italia Egidio Reale quando aveva informato
l’amico socialista Guglielmo Canevascini che «i nostri operai
debbono iscriversi nei sindacati locali e partecipare, in parità di diritti e
doveri, alla vita sindacale». Negli anni Sessanta la collaborazione aveva faticato ad avviarsi, ma dove
si era realizzata aveva prodotto ottimi risultati. Data l’originalità e
l’importanza della collaborazione tra il sindacato FLMO (Federazione lavoratori
metallurgici e orologiai) e il Centro italo-svizzero di formazione
professionale CISAP, se ne riparlerà approfonditamente in
altro articolo.
Importanza del sindacato
La difficoltà di molti italiani ad aderire ai sindacati
svizzeri era dovuta soprattutto a una falsa percezione di debolezza del
sindacalismo svizzero perché non prevedeva come strumento di lotta lo sciopero.
Molti immigrati avevano vissuto vere e proprie lotte sindacali in Italia e
avevano difficoltà a capire che da decenni il sindacalismo svizzero aveva
rinunciato al negoziato duro, di lotta, per una forma di negoziato più
moderato, ma non meno impegnato a raggiungere risultati favorevoli agli
iscritti e in generale all’insieme dei lavoratori.
Del resto non era facile spiegare e far capire l’origine e
la portata della «pace del lavoro», convenuta nel 1937 tra
sindacati e datori di lavoro, che rinunciavano a scioperi e serrate, ma erano
fortemente impegnati a trovare un’intesa e soprattutto contratti collettivi di
lavoro.
Per molti italiani era anche difficile rendersi conto
dell’importanza del sindacato, che non rappresentava solo la controparte del
padronato, ma costituiva una delle principali forze politiche schierata a
favore dei lavoratori, consultata in tutte le trattative nazionali (e talvolta
internazionali) importanti, rappresentata in Parlamento e in numerosi consigli
d’amministrazione e commissioni operaie, presente in tutta la Svizzera
attraverso sezioni, segretari, funzionari, in grado di sostenere o contrastare
iniziative politiche ritenute utili o pericolose, attivo organizzando
conferenze, congressi, corsi e con una stampa periodica molto impegnata e ben
curata.
Eppure, nonostante fosse anche nell’interesse degli
immigrati aderire massicciamente ai sindacati locali, superare certi pregiudizi
non fu facile.
Giovanni Longu
Berna 22 luglio 2020
Berna 22 luglio 2020