22 luglio 2020

Immigrazione italiana 1970-1990: 20. Italiani e sindacati svizzeri


Un altro pregiudizio da cui dovevano liberarsi tanto gli italiani che gli svizzeri negli anni Settanta riguardava l’adesione degli stranieri ai sindacati locali: gli italiani non vi aderivano perché li ritenevano di parte in quanto sembravano voler garantire in primo luogo l’occupazione degli svizzeri; a loro volta, i sindacati accusavano gli italiani di approfittare delle conquiste sindacali e di mancanza di solidarietà operaia, magari per risparmiare le quote sociali. L’idea del sindacato che difende indistintamente tutti e per riuscirci bene ha bisogno dell’adesione anche dei lavoratori immigrati era un auspicio che si realizzerà solo lentamente. 

Esigenze sindacali

Con la firma di una convenzione (18.12.1972) il CISAP e la FLMO  
consolidavano un’intensa collaborazione avviata nel 1966 
(Da sin.: G. Cenni e J. Allenspach, direttore e presidente del CISAP;
 H. Mischler e G. Tschumi, presidente e segret. centrale della FLMO)
Il rigetto delle iniziative antistranieri degli anni Settanta e persino la crisi economica della metà del decennio avevano fatto capire in maniera chiara alla politica e alle parti sociali che l’immigrazione era diventata strutturale e tale sarebbe rimasta a lungo, la rotazione dei lavoratori stranieri andava considerata finita e che era imprescindibile una politica d’integrazione della popolazione straniera stabilizzata.
I sindacati erano consapevoli di dover svolgere nella nuova politica concernente gli stranieri un ruolo determinante, ma per svolgerlo pienamente necessitavano anche della partecipazione dei lavoratori immigrati. Per questo, fin dagli anni Sessanta sentirono la responsabilità di favorire la loro adesione, cominciando dall’eliminazione di ogni forma di discriminazione nelle politiche occupazionali e salariali.
Ovviamente i sindacati si aspettavano che i lavoratori immigrati, in caso di conflitti lavorativi o salariali, invece d’invocare l’intervento dei sindacati italiani o di ricorrere ai patronati e ad alcune associazioni italiane vicine all’ideologia comunista, cominciassero a sentire il sindacato svizzero come una valida difesa anche nei loro confronti.
L’apertura sindacale e l’adesione degli italiani ai sindacati svizzeri era stata auspicata già nell’immediato dopoguerra dal primo ambasciatore d’Italia Egidio Reale quando aveva informato l’amico socialista Guglielmo Canevascini che «i nostri operai debbono iscriversi nei sindacati locali e partecipare, in parità di diritti e doveri, alla vita sindacale». Negli anni Sessanta la collaborazione aveva faticato ad avviarsi, ma dove si era realizzata aveva prodotto ottimi risultati. Data l’originalità e l’importanza della collaborazione tra il sindacato FLMO (Federazione lavoratori metallurgici e orologiai) e il Centro italo-svizzero di formazione professionale CISAP, se ne riparlerà approfonditamente in altro articolo.

Importanza del sindacato
La difficoltà di molti italiani ad aderire ai sindacati svizzeri era dovuta soprattutto a una falsa percezione di debolezza del sindacalismo svizzero perché non prevedeva come strumento di lotta lo sciopero. Molti immigrati avevano vissuto vere e proprie lotte sindacali in Italia e avevano difficoltà a capire che da decenni il sindacalismo svizzero aveva rinunciato al negoziato duro, di lotta, per una forma di negoziato più moderato, ma non meno impegnato a raggiungere risultati favorevoli agli iscritti e in generale all’insieme dei lavoratori.
Del resto non era facile spiegare e far capire l’origine e la portata della «pace del lavoro», convenuta nel 1937 tra sindacati e datori di lavoro, che rinunciavano a scioperi e serrate, ma erano fortemente impegnati a trovare un’intesa e soprattutto contratti collettivi di lavoro.
Per molti italiani era anche difficile rendersi conto dell’importanza del sindacato, che non rappresentava solo la controparte del padronato, ma costituiva una delle principali forze politiche schierata a favore dei lavoratori, consultata in tutte le trattative nazionali (e talvolta internazionali) importanti, rappresentata in Parlamento e in numerosi consigli d’amministrazione e commissioni operaie, presente in tutta la Svizzera attraverso sezioni, segretari, funzionari, in grado di sostenere o contrastare iniziative politiche ritenute utili o pericolose, attivo organizzando conferenze, congressi, corsi e con una stampa periodica molto impegnata e ben curata.
Eppure, nonostante fosse anche nell’interesse degli immigrati aderire massicciamente ai sindacati locali, superare certi pregiudizi non fu facile.
Giovanni Longu
Berna 22 luglio 2020