05 dicembre 2018

Svizzera, un Paese (quasi) normale


La giornata odierna (5 dicembre 2018) sarà iscritta negli annali della Svizzera come una data storica nel processo di avvicinamento alla «normalità» nell’occupazione delle alte cariche dello Stato tra uomini e donne. 
Marina Carobbio Guscetti


 Qualche giorno fa Marina Carobbio Guscetti, espressione della minoranza linguistica e culturale italiana, è stata eletta Presidente del Consiglio nazionale, diventando così la prima cittadina della Svizzera. Oggi, in sostituzione di un consigliere federale (Johann Schneider-Amman) e di una consigliera federale (Doris Leuthard) l’Assemblea federale ha eletto per la prima volta contemporaneamente due donne (Viola Amherd e Karin Keller-Sutter), contribuendo così a portare la quota rosa nel Governo della Confederazione (da sempre composto di sette membri) vicino alla parità. Nel 2010-2011 le donne erano addirittura  in maggioranza, segno che ormai, a livello di esecutivo federale la «normalità può dirsi ormai raggiunta.
Viola Amherd
A dire il vero, in quasi tutti gli esecutivi, federale, cantonale e comunale, la partecipazione delle donne è divenuta ormai quasi «normale». Non altrettanto si può dire invece dei legislativi ai vari livelli, dove spesso le donne sono nettamente sottorappresentate. L’esempio dato oggi dall’Assemblea federale dovrebbe indurre l’elettorato a tutti i livelli ad eleggere anche negli organi legislativi un numero di donne che quantomeno si avvicini alla parità.
Karin Keller-Sutter
Le due elette, nel discorso di accettazione, hanno entrambe sottolineato l’importanza della concordanza tra tutti i membri del Consiglio federale per la soluzione dei problemi del Paese, dando così un ulteriore contributo alla «normalità» nella gestione della cosa pubblica, conformemente al dettato costituzionale secondo cui «il Consiglio federale decide in quanto autorità collegiale» (art. 177, cpv. 1).
Ueli Maurer
Un bell’esempio hanno dato le neoelette anche nel sapersi esprimere, pur con qualche sforzo, nelle quattro lingue nazionali, così da rappresentare una Confederazione che rispetta le varie componenti linguistiche e culturali del Paese. Un bell’esempio, però, non sempre seguito dalle alte cariche dello Stato.
Infine, mi piace ricordare che quest’oggi è stato eletto anche il Presidente della Confederazione per il 2019 nella persona del consigliere federale Ueli Maurer, appartenente originariamente all’Unione democratica di centro, un partito che ancora oggi è associato ai movimenti della destra europea e qualche volta anche ai movimenti xenofobi. Evidentemente l’Assemblea federale ha tenuto conto non tanto dell’orientamento originario dell’interessato, quanto delle sue capacità e qualità personali, eleggendolo addirittura con un voto quasi plebiscitario, 201 voti su 209 schede valide. Anche in questa elezione, mi pare, la Svizzera ha dimostrato di essere un Paese «normale».
Alle neoelette e al neoeletto tanti auguri di buon lavoro.
Giovanni Longu
Berna, 5.12.2018

Italia: collaborazione e formazione per superare la crisi


L’Italia sembra in perenne campagna elettorale, stando almeno ai toni della polemica politica. Le contrapposizioni tra maggioranza e opposizioni sembrano inconciliabili, anche là dove sarebbe auspicabile un’intesa, come il risanamento dei conti pubblici, il rilancio dell’economia, la creazione di nuovi posti di lavoro, la riforma del sistema di formazione scolastica e professionale. Un breve viaggio in Italia mi ha confermato recentemente che grava su moltissimi italiani, soprattutto al sud, un pesante senso di rassegnazione e di disperazione perché i problemi reali non vengono nemmeno discussi con la serietà che meritano e le speranze di soluzioni adeguate si allontanano. La schiera dei delusi dell’attuale governo aumenta, come quella di chi pensa seriamente ad emigrare.

Grave sottovalutazione dei rischi
Penso che nemmeno la maggioranza che sostiene il governo si renda ben conto della gravità dei problemi dell’Italia di oggi, ormai a rischio di diventare il fanalino di coda dei Paesi dell’Unione europea (UE). Il governo dovrebbe stare più in ascolto non solo dei suoi sostenitori, ma anche delle opposizioni e dei «burocrati» di Bruxelles. Tutti, in fondo, vogliono per l’Italia di oggi e di domani soluzioni efficaci e nessuno si augura che la situazione peggiori.
Invece il governo sembra arroccarsi cocciutamente nelle proprie posizioni, che considera irrinunciabili perché, dicono i principali esponenti della maggioranza, approvate dal popolo, pur sapendo che gli elettori di ogni orientamento eleggono deputati e senatori sperando che risolvano i loro problemi reali. Di fatto le contrapposizioni ideologiche e politiche stanno bloccando l’Italia che avrebbe un disperato bisogno di uscire dalla crisi in cui si sta pericolosamente avvitando: rallentamento della crescita, crisi occupazionale, fossati che si allargano tra nord e sud, tra ricchi e poveri, tra società civile e società politica, rischio d’isolamento in Europa, scarsità d’investimenti e capitali in fuga, denatalità, emigrazione in aumento, ecc.
Un maggior senso di responsabilità dovrebbe indurre il governo ad accettare la collaborazione e i suggerimenti che giungono dalle opposizioni e dall’UE. Invece che con slogan (tipo: governo del popolo, governo del cambiamento, è finita la pacchia) e frasi che si vorrebbero ad effetto (tipo: è finito il tempo dei burocrati di Bruxelles, noi tiriamo orgogliosamente diritto …) il governo dovrebbe ascoltare attentamente e parlare col linguaggio della verità e dei fatti.

Rilancio dell’economia
Non ho titolo per suggerire al governo italiano ciò che deve fare in questo momento, ma non posso negare l’inadeguatezza dei provvedimenti che intende adottare per rilanciare l’economia, ma so per certo che per far ciò occorre stanziare investimenti significativi (in euro, non a parole), favorire la competitività delle imprese, ridurre il costo del lavoro, semplificare e modernizzare i processi di supporto della pubblica amministrazione, rivedere la fiscalità delle imprese.
Siccome le risorse disponibili sono alquanto limitate (e non ha senso aumentare il debito pubblico per disporne di più!) sarebbe ora che il governo s’impegnasse con la stessa fermezza che dimostra in altri campi (probabilmente meno urgenti come la sicurezza e i migranti) per ridurre considerevolmente l’evasione fiscale, praticata ormai spudoratamente da piccoli imprenditori, artigiani, professionisti, ristoratori, albergatori … perché la chiedono i consumatori! Là vanno trovate prioritariamente le risorse mancanti, ma non troverei scandalosa nemmeno una patrimoniale sui grandi capitali.

Investire soprattutto nelle risorse umane
Il rilancio dell’economia favorirebbe l’occupazione e non ci sarebbe bisogno del reddito di cittadinanza. Sono convinto che le ingenti somme previste per questo provvedimento (fatta salva la quota destinata all’assistenza dei bisognosi e degli inoccupabili) sarebbero meglio investite nelle imprese che davvero provvedessero alla riqualificazione professionale dei nuovi assunti ex-disoccupati.
Nessuna economia moderna può sopravvivere alla concorrenza internazionale sempre più agguerrita senza investire massicciamente nelle risorse umane. La formazione professionale strutturata e aperta alle specializzazioni e alla formazione continua dovrebbe essere il principale investimento per garantire un buon livello competitivo e sostenibile all’economia italiana. Se ne rendono conto il governo Conte e la sua maggioranza?
Giovanni Longu
Berna, 5 dicembre 2018