05 dicembre 2018

Italia: collaborazione e formazione per superare la crisi


L’Italia sembra in perenne campagna elettorale, stando almeno ai toni della polemica politica. Le contrapposizioni tra maggioranza e opposizioni sembrano inconciliabili, anche là dove sarebbe auspicabile un’intesa, come il risanamento dei conti pubblici, il rilancio dell’economia, la creazione di nuovi posti di lavoro, la riforma del sistema di formazione scolastica e professionale. Un breve viaggio in Italia mi ha confermato recentemente che grava su moltissimi italiani, soprattutto al sud, un pesante senso di rassegnazione e di disperazione perché i problemi reali non vengono nemmeno discussi con la serietà che meritano e le speranze di soluzioni adeguate si allontanano. La schiera dei delusi dell’attuale governo aumenta, come quella di chi pensa seriamente ad emigrare.

Grave sottovalutazione dei rischi
Penso che nemmeno la maggioranza che sostiene il governo si renda ben conto della gravità dei problemi dell’Italia di oggi, ormai a rischio di diventare il fanalino di coda dei Paesi dell’Unione europea (UE). Il governo dovrebbe stare più in ascolto non solo dei suoi sostenitori, ma anche delle opposizioni e dei «burocrati» di Bruxelles. Tutti, in fondo, vogliono per l’Italia di oggi e di domani soluzioni efficaci e nessuno si augura che la situazione peggiori.
Invece il governo sembra arroccarsi cocciutamente nelle proprie posizioni, che considera irrinunciabili perché, dicono i principali esponenti della maggioranza, approvate dal popolo, pur sapendo che gli elettori di ogni orientamento eleggono deputati e senatori sperando che risolvano i loro problemi reali. Di fatto le contrapposizioni ideologiche e politiche stanno bloccando l’Italia che avrebbe un disperato bisogno di uscire dalla crisi in cui si sta pericolosamente avvitando: rallentamento della crescita, crisi occupazionale, fossati che si allargano tra nord e sud, tra ricchi e poveri, tra società civile e società politica, rischio d’isolamento in Europa, scarsità d’investimenti e capitali in fuga, denatalità, emigrazione in aumento, ecc.
Un maggior senso di responsabilità dovrebbe indurre il governo ad accettare la collaborazione e i suggerimenti che giungono dalle opposizioni e dall’UE. Invece che con slogan (tipo: governo del popolo, governo del cambiamento, è finita la pacchia) e frasi che si vorrebbero ad effetto (tipo: è finito il tempo dei burocrati di Bruxelles, noi tiriamo orgogliosamente diritto …) il governo dovrebbe ascoltare attentamente e parlare col linguaggio della verità e dei fatti.

Rilancio dell’economia
Non ho titolo per suggerire al governo italiano ciò che deve fare in questo momento, ma non posso negare l’inadeguatezza dei provvedimenti che intende adottare per rilanciare l’economia, ma so per certo che per far ciò occorre stanziare investimenti significativi (in euro, non a parole), favorire la competitività delle imprese, ridurre il costo del lavoro, semplificare e modernizzare i processi di supporto della pubblica amministrazione, rivedere la fiscalità delle imprese.
Siccome le risorse disponibili sono alquanto limitate (e non ha senso aumentare il debito pubblico per disporne di più!) sarebbe ora che il governo s’impegnasse con la stessa fermezza che dimostra in altri campi (probabilmente meno urgenti come la sicurezza e i migranti) per ridurre considerevolmente l’evasione fiscale, praticata ormai spudoratamente da piccoli imprenditori, artigiani, professionisti, ristoratori, albergatori … perché la chiedono i consumatori! Là vanno trovate prioritariamente le risorse mancanti, ma non troverei scandalosa nemmeno una patrimoniale sui grandi capitali.

Investire soprattutto nelle risorse umane
Il rilancio dell’economia favorirebbe l’occupazione e non ci sarebbe bisogno del reddito di cittadinanza. Sono convinto che le ingenti somme previste per questo provvedimento (fatta salva la quota destinata all’assistenza dei bisognosi e degli inoccupabili) sarebbero meglio investite nelle imprese che davvero provvedessero alla riqualificazione professionale dei nuovi assunti ex-disoccupati.
Nessuna economia moderna può sopravvivere alla concorrenza internazionale sempre più agguerrita senza investire massicciamente nelle risorse umane. La formazione professionale strutturata e aperta alle specializzazioni e alla formazione continua dovrebbe essere il principale investimento per garantire un buon livello competitivo e sostenibile all’economia italiana. Se ne rendono conto il governo Conte e la sua maggioranza?
Giovanni Longu
Berna, 5 dicembre 2018

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