L’Italia sembra in perenne campagna
elettorale, stando almeno ai toni della polemica politica. Le contrapposizioni
tra maggioranza e opposizioni sembrano inconciliabili, anche là dove sarebbe
auspicabile un’intesa, come il risanamento dei conti pubblici, il rilancio
dell’economia, la creazione di nuovi posti di lavoro, la riforma del sistema di
formazione scolastica e professionale. Un breve viaggio in Italia mi ha
confermato recentemente che grava su moltissimi italiani, soprattutto al sud,
un pesante senso di rassegnazione e di disperazione perché i problemi reali non vengono
nemmeno discussi con la serietà che meritano e le speranze di soluzioni adeguate
si allontanano. La schiera dei delusi dell’attuale governo aumenta, come quella
di chi pensa seriamente ad emigrare.
Grave sottovalutazione dei rischi
Penso che nemmeno la maggioranza che sostiene
il governo si renda ben conto della gravità dei problemi dell’Italia di oggi,
ormai a rischio di diventare il fanalino di coda dei Paesi dell’Unione europea
(UE). Il governo dovrebbe stare più in ascolto non solo dei suoi sostenitori,
ma anche delle opposizioni e dei «burocrati» di Bruxelles. Tutti, in fondo,
vogliono per l’Italia di oggi e di domani soluzioni efficaci e nessuno si
augura che la situazione peggiori.
Invece il governo sembra arroccarsi
cocciutamente nelle proprie posizioni, che considera irrinunciabili perché,
dicono i principali esponenti della maggioranza, approvate dal popolo, pur
sapendo che gli elettori di ogni orientamento eleggono deputati e senatori
sperando che risolvano i loro problemi reali. Di fatto le contrapposizioni
ideologiche e politiche stanno bloccando l’Italia che avrebbe un disperato bisogno
di uscire dalla crisi in cui si sta pericolosamente avvitando: rallentamento
della crescita, crisi occupazionale, fossati che si allargano tra nord e sud,
tra ricchi e poveri, tra società civile e società politica, rischio
d’isolamento in Europa, scarsità d’investimenti e capitali in fuga, denatalità,
emigrazione in aumento, ecc.
Un maggior senso di responsabilità dovrebbe
indurre il governo ad accettare la collaborazione e i suggerimenti che giungono
dalle opposizioni e dall’UE. Invece che con slogan (tipo: governo del
popolo, governo del cambiamento, è finita la pacchia) e frasi che si
vorrebbero ad effetto (tipo: è finito il tempo dei burocrati di Bruxelles,
noi tiriamo orgogliosamente diritto …) il governo dovrebbe ascoltare
attentamente e parlare col linguaggio della verità e dei fatti.
Rilancio dell’economia
Non ho titolo per suggerire al governo
italiano ciò che deve fare in questo momento, ma non posso negare
l’inadeguatezza dei provvedimenti che intende adottare per rilanciare
l’economia, ma so per certo che per far ciò occorre stanziare investimenti
significativi (in euro, non a parole), favorire la competitività delle imprese,
ridurre il costo del lavoro, semplificare e modernizzare i processi di supporto
della pubblica amministrazione, rivedere la fiscalità delle imprese.

Investire soprattutto nelle risorse umane
Il rilancio dell’economia favorirebbe l’occupazione
e non ci sarebbe bisogno del reddito di cittadinanza. Sono convinto che le
ingenti somme previste per questo provvedimento (fatta salva la quota destinata
all’assistenza dei bisognosi e degli inoccupabili) sarebbero meglio investite
nelle imprese che davvero provvedessero alla riqualificazione professionale dei
nuovi assunti ex-disoccupati.
Nessuna economia moderna può sopravvivere alla
concorrenza internazionale sempre più agguerrita senza investire massicciamente
nelle risorse umane. La formazione professionale strutturata e aperta
alle specializzazioni e alla formazione continua dovrebbe essere il
principale investimento per garantire un buon livello competitivo e
sostenibile all’economia italiana. Se ne rendono conto il governo Conte e la
sua maggioranza?
Giovanni Longu
Berna, 5 dicembre 2018
Berna, 5 dicembre 2018
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