24 gennaio 2018

Tracce d’italianità nell’agglomerazione di Zurigo



La collettività italiana in Svizzera è sempre più integrata, ossia perde lentamente le caratteristiche originarie e assume sempre più le caratteristiche della popolazione locale, che contribuisce a modificare nel tempo, non senza tuttavia lasciare tracce inconfondibili della propria origine. A ben vedere, si possono scoprire facilmente un po’ ovunque, soprattutto nelle grandi città, nella loro storia urbanistica, architettonica, industriale, commerciale, ma soprattutto nella cultura, nell’arte, nel modo di vivere, di vestire, di nutrirsi, nei comportamenti sociali e persino nel linguaggio comune. Di questa realtà diffusa si cercherà di scoprirne le origini, in una serie di articoli riguardanti le principali città svizzere, a cominciare da Zurigo.

Italiani a Zurigo
La Casa d'Italia di Zurigo
In premessa va ricordato che l’agglomerazione di Zurigo (città centro e comuni periferici) è la più grande della Svizzera con circa 1,4 milioni di abitanti, molti dei quali di origine straniera. Nella sola città di Zurigo, che conta circa 410.000 abitanti, gli stranieri sono circa 136.000, ossia il 33% della popolazione totale. L’alta percentuale di stranieri denota il suo alto grado d’internazionalizzazione, che ha costantemente sviluppato fin dal XIX secolo.
Una delle principali componenti straniere è ancora oggi quella italiana, sviluppatasi dagli ultimi decenni dell’Ottocento e soprattutto dagli anni ’50 e ’60 del secolo scorso. Si tratta dei due periodi di più intensa immigrazione dall’Italia, dovuta alla necessità di manodopera estera di cui l’economia svizzera aveva maggiormente bisogno.
Quando nell’Ottocento giunse a Zurigo la prima ondata immigratoria, gli italiani (poche migliaia fino al 1900) non trovarono una terra senza tracce d’italianità, ma una città che aveva da tempo intensi rapporti con l’Italia (ancor prima dell’Unità), soprattutto di natura militare (mercenari svizzeri), commerciale (commercio di tessuti), industriale (industria della seta), ma anche culturale (intensi scambi fin dal periodo della Riforma nel XVI secolo). Gli immigrati italiani dell’Ottocento trovarono una città che aveva da tempo assorbito dai loro precursori «un contributo umano di qualità sul piano morale, intellettuale, spirituale, sociale ed economico» (M. Körner). Purtroppo ritrovarono anche nella città riformata la stessa xenofobia che voleva gli italiani del XVI secolo (per lo più profughi per motivi religiosi) o sottomessi (in mestieri subalterni) o innovatori (capaci di creare nuovi impieghi come seppero fare alcuni specialmente nell’industria tessile e della seta).
Molti italiani avevano messo a frutto «la loro formazione professionale, le loro avanzate conoscenze tecniche, i loro metodi nuovi e più razionali di produzione, come anche le loro relazioni commerciali e finanziarie già esistenti» ed ebbero enorme successo soprattutto nell’industria tessile, la spina dorsale dell’industria svizzera, nell’importazione di materie prime e di articoli di lusso e nell'esportazione di prodotti finiti zurighesi, ma avevano incontrato anche enormi ostacoli, come per esempio il divieto di diventare proprietari immobiliari. Per superarli dovevano naturalizzarsi, ma anche questa strada era piena di difficoltà dovute alla diffidenza degli zurighesi. Diventerà più facile alla seconda e alle successive generazioni, che s’integrarono perfettamente.

Zurigo città internazionale
Nel frattempo Zurigo era diventata un importante centro industriale, commerciale e culturale, noto anche all’estero. Prim’ancora della costituzione dello Stato federale (1848), Zurigo possedeva un’ampia rete industriale e commerciale, un’università (1833) e la prima ferrovia della Svizzera di 16 km fino a Baden (1847). Proprio questo suo carattere internazionale spinse ben presto la città a dotarsi di infrastrutture consone al ruolo che stava assumendo come «capitale economica» della Svizzera (quello di capitale politica era stato attribuito nel 1848 a Berna).
Monumento ad Alfred Escher
Due personaggi italiani ebbero un’importanza notevole in questa fase di sviluppo di Zurigo: l’ingegnere Luigi Negrelli (italiano sebbene nato in un paesino che allora apparteneva all’impero austroungarico) e il pensatore e uomo politico Carlo Cattaneo (milanese, poi esule in Ticino). Luigi Negrelli (1799-1858) diede un contributo notevole alla sistemazione urbanistica della città, realizzando, fra l’altro, la Münsterbrücke, il ponte del Duomo sulla Limmat. Carlo Cattaneo (1801-1869), dopo una visita a Zurigo con l’amico e futuro consigliere federale Stefano Franscini, divenne un convinto sostenitore dell’asse ferroviario italo-svizzero attraverso il Gottardo.
In pochi decenni Zurigo divenne un centro nodale per i principali collegamenti ferroviari delle direttrici est-ovest e nord-sud. Per far fronte alle crescenti esigenze del traffico la città dovette dotarsi di un’ampia Stazione centrale (1867-1871), progettata ispirandosi ad un bagno dell’antica Roma con una grande area centrale chiusa da vetrate e abbellito da un grandioso arco di trionfo. Davanti all’arco di trionfo venne in seguito eretto un monumento dedicato al pioniere delle ferrovie svizzere Alfred Escher, nonché fondatore del Credito Svizzero e sostenitore del grande sviluppo della Zurigo dell’Ottocento.
Una visita ideale di Zurigo alla ricerca di tracce del contributo dato a questa città dagli immigrati italiani dell’Ottocento e del Novecento non può che prendere l’avvio dalla Stazione centrale. E’ qui, infatti, che arrivavano gli immigrati dall’Italia, quando la città aveva bisogno di manodopera per abbellirsi di nuovi palazzi, realizzare una moderna edilizia residenziale, sviluppare le industrie. Molti italiani erano sicuramente addetti all’edilizia. Nel 1894 dovevano essere già numerosi perché erano impiegati nell’edilizia 3510 stranieri su 13.384 addetti, ossia il 25%. Molti erano sicuramente italiani (nel 1900 c’erano a Zurigo circa 6000 italiani).

Il quartiere Aussersihl
Prima del 1891, la zona attraversata dalla ferrovia e dalla stazione centrale, sulla riva sinistra del fiume Limmat (che nasce dal lago di Zurigo), costituiva il comune di Aussersihl (il Sihl è un piccolo affluente del Limmat), che si era sviluppato quando Zurigo cominciava ad espandersi. A causa di forti debiti, il comune venne assorbito nel 1891 dalla città di Zurigo e ne divenne il Circondario III (suddiviso poi, nel 1913, in tre circondari: III, IV e V, ma lasciando al IV il nome Aussersihl). Essendo un quartiere popolare e operaio (a destra della ferrovia stava sorgendo una zona industriale), gran parte degli italiani che arrivavano in città si sistemavano ad Aussersihl, raggiungendo all’epoca dei tumulti anti-italiani (Italiener-Krawall, 1896) una popolazione di alcune migliaia di persone.
Il quartiere di Aussersihl
Nel quartiere di Aussersihl e via via anche in altre zone della città in grande espansione, con la presenza degli italiani andava diffondendosi anche ogni sorta di attività e negozi italiani, soprattutto ristoranti, frequentati non solo dagli italiani, ma anche dagli svizzeri. Nel quartiere sorsero e si svilupparono le prime associazioni di immigrati italiani, uomini e donne. Agli inizi degli anni ’30, sotto il fascismo, venne costruita anche la «Casa degli Italiani» allo scopo di riunire in un unico edificio le sedi del Fascio, delle Organizzazioni giovanili, del Dopolavoro, della Dante Alighieri e delle varie società.
Fin dal 1894, in questa parte della città esisteva un gruppo organizzato di esponenti socialisti dell'emigrazione italiana, che fondarono nel 1899 il giornale «L'Avvenire dei lavoratori» (ora settimanale on line) e nel 1905 anche la «Società cooperativa italiana di Zurigo» allo scopo di aggregare gli italiani residenti nella regione e di aprire un ristorante per fornire a prezzi modesti pasti nutrienti agli operai.
Ben presto il ristorante «Cooperativo» (conosciuto più comunemente come «Coopi») divenne anche un centro dell’antifascismo e un luogo d’incontro di personaggi famosi della sinistra europea come Mussolini (1913), allora socialista, Lenin (1917), Angelica Balabanoff, Giacomo Matteotti, Pietro Nenni, Giuseppe Saragat, Antonio Gramsci, Sandro Pertini, Ignazio Silone, Bertolt Brecht, Max Frisch e più tardi Ezio Canonica (che fu presidente della Società cooperativa), il pittore italo-svizzero Mario Comensoli, il giornalista e uomo politico Dario Robbiani, l’ex Consigliere federale Moritz Leuenberger e molti altri.

L’immigrazione italiana oggi
La popolazione italiana immigrata e non (prima e seconda generazione), in continua crescita fino allo scoppio della prima guerra mondiale, è divenuta a Zurigo il gruppo nazionale straniero più importante dalla ripresa dell’immigrazione nel secondo dopoguerra, fino a raggiungere la punta massima agli inizi degli anni ’70 (1970: 37.776 italiani). Da allora è iniziata una progressiva diminuzione fino al 2015 (14.276 persone). Nel 2016 si è registrato un leggero aumento degli italiani (14.543).
Soprattutto negli ultimi decenni la partecipazione degli italiani è attestata in tutti i settori della vita economica, sociale, culturale e persino politica. Nessun quartiere è più caratterizzato da una forte presenza di italiani, ma l’italianità è diffusa nel tessuto sociale e culturale della città, soprattutto grazie ad alcune istituzioni tutt’ora presenti e attive quali il Consolato generale d’Italia, la Casa d’Italia (oggi in fase di ristrutturazione), la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, l’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, scuole (Casa d’Italia, Liceo artistico Freudeberg, Liceo linguistico e scientifico Pier Martire Vermigli), Società Dante Alighieri, organizzazioni italiane (Comites, Federazione Colonie Libere Italiane, ecc.), giornali italiani, librerie,  negozi di prodotti italiani, bar e ristoranti.
Le tracce dell’italianità prodotta dagli italiani e in parte anche dai ticinesi a Zurigo sono praticamente ovunque.
Giovanni Longu
Berna, 24


.01.2018