09 dicembre 2020

E’ possibile realizzare in Svizzera un museo delle migrazioni?*

Molti Paesi hanno uno o più musei dedicati all’emigrazione per ricordare che nella loro storia molti cittadini hanno lasciato la madrepatria in cerca di lavoro e di un futuro migliore. Sono invece ancora pochi i Paesi che hanno dedicato un museo all’immigrazione, per ricordare che la prosperità raggiunta è dovuta anche al contributo di donne e uomini immigrati da altre parti del mondo. La Svizzera, da oltre un secolo Paese d’immigrazione, dopo essere stata Paese di emigranti, non le ha ancora destinato un museo, benché al tema siano dedicate sezioni minori di alcuni musei storici regionali. Si tratta di una mancanza di sensibilità o di un problema di fattibilità?

Museo certamente auspicabile…

Stazione di Milano, opera di Manuel Campus dedicata all'emigrazione italiana (ora alla Casa d'Italia di Berna)
Prima di rispondere alla domanda è opportuno ricordare che la Svizzera, per molto tempo Paese d’emigrazione e dalla fine dell’Ottocento Paese d’immigrazione, per oltre un secolo è stata restia a considerarsi tale. Da alcuni decenni, però, ha preso atto che la migrazione è parte integrante della sua storia e del suo sviluppo e probabilmente lo sarà ancora a lungo, anche in ragione della sua posizione geografica in Europa.

Senza le migrazioni la Svizzera è inconcepibile, basti pensare agli scambi di popolazione lungo i confini, ma anche alle reti ferroviarie, stradali, idroelettriche, urbane, realizzate col contributo di milioni di immigrati. Qui l’impronta migratoria è indelebile perché stampata per così dire nella pietra e nel cemento. E’ sufficiente nominare alcune infrastrutture - gallerie, ponti, dighe, piazze, palazzi, strade, quartieri - per richiamare alla mente e all’immaginazione epoche in cui i lavoratori stranieri erano protagonisti. Di essi purtroppo si sta perdendo lentamente il ricordo e un museo contribuirebbe a trattenerlo.

Sembrerebbe dunque più che giustificato e auspicabile un museo delle migrazioni in Svizzera. In molti si chiedono perché non sia stato ancora realizzato, ma probabilmente non esiste una sola risposta. Quella determinante, tuttavia, non andrebbe ricercata in una presunta mancanza di sensibilità o nelle difficoltà materiali e finanziarie che inevitabilmente comporterebbe la realizzazione di una tale opera. In teoria, infatti, il museo è fattibile, tanto più che alla Svizzera non mancherebbero le capacità tecniche e i mezzi finanziari necessari.

… irrealizzabile fisicamente...

Verosimilmente le difficoltà maggiori per realizzare fisicamente un museo dedicato alle migrazioni non sono di ordine materiale ma istituzionale e organizzativo. Una prima difficoltà – e basterebbe da sola a scoraggiare qualsiasi tentativo di superarla - è rappresentata dal federalismo. Chi conosce la Svizzera sa bene che esso non riguarda solo l’aspetto istituzionale (Confederazione, Cantoni, Comuni), ma anche la geografia, la storia, la cultura, lo sviluppo economico di questo Paese plurimo. Ciascuno di questi elementi ha influito sia sull’emigrazione di molti svizzeri, specialmente nell’Ottocento, che sull’immigrazione di molti stranieri. Come potrebbe un unico museo rappresentare questa enorme diversità?

La Grande Dixence, una delle più grandi dighe del mondo.
Un’altra difficoltà, anch’essa difficilmente superabile, è legata alla prima: in un museo unico le storie delle migrazioni rischierebbero di essere snaturate perché decontestualizzate. I tumulti verificatisi sul finire dell’Ottocento a Berna e a Zurigo contro gli immigrati italiani sarebbero difficilmente comprensibili in qualsiasi altra regione della Svizzera. Altrettanto si potrebbe dire delle numerose disgrazie che hanno colpito lavoratori immigrati durante la costruzione di grandi infrastrutture, ma anche delle diverse caratteristiche dei migranti (comunicabilità, integrazione, partecipazione, ecc.) nella Svizzera tedesca, francese e italiana.

A queste difficoltà se ne aggiungerebbero poi altre, anch’esse difficilmente superabili, legate all’ubicazione del museo, alla sua costruzione o al suo adeguamento (se inserito in un edificio già esistente) e soprattutto ai costi, iniziali e soprattutto di gestione.

…ma realizzabile virtualmente!

L'immigrazione italiana in Svizzera è stata
determinante per lo sviluppo del Paese.
A questo punto sembrerebbe prospettarsi una risposta decisamente negativa all’interrogativo iniziale. Sarebbe tuttavia affrettata e incoerente, perché la rinuncia alla realizzazione di un «museo fisico» significherebbe dover rinunciare contestualmente all’idea stessa di un museo. Ma chi ha detto che il «museo fisico» sia l’unica modalità museale?

Ne esistono infatti altre. Per esempio, andrebbe presa in considerazione l’idea del «museo virtuale», in grado di garantire le caratteristiche essenziali del museo come luogo di conservazione e di studio di una memoria storica ritenuta imperdibile. D’altra parte, se ogni Paese fa di tutto per salvaguardare la propria - e i musei insieme alle biblioteche ne sono i «contenitori» privilegiati - potrebbe rinunciarvi la Svizzera intrisa di migrazione? Certamente no. Dunque, il «museo virtuale» potrebbe rappresentare per la Svizzera una soluzione adeguata.

Rispetto al «museo fisico», il «museo virtuale» avrebbe, fra l’altro,
numerosi vantaggi. Per esempio sarebbe facilmente realizzabile con le moderne tecnologie multimediali; potrebbe essere implementato in tempi brevi essendo sufficiente mettere in rete le sezioni dedicate al tema di alcuni musei esistenti; costerebbe relativamente poco; sarebbe facilmente fruibile anche a distanza non essendo localizzato, ecc. Inoltre, una rete museale ben strutturata riuscirebbe a tener meglio conto della varietà, intensità e profondità del diverso contributo delle migrazioni allo sviluppo di questo Paese in tutte le grandi regioni e nelle singole agglomerazioni.

Condizioni di fattibilità

Perché tale idea diventi realtà il percorso non può essere breve. Anzitutto dovrebbe essere costituito un gruppo promotore di persone convinte di poter riuscire nell’impresa e impegnate a preparare un progetto di massima realizzabile e sostenibile da sottoporre alle istituzioni interessate per il finanziamento. Idealmente del gruppo dovrebbero far parte rappresentanti di tutti i possibili finanziatori, tecnici della comunicazione e studiosi.

Berna anni '70: allievi del CISAP, scuola pioniere in Svizzera nella
formazione professionale e nell'integrazione sociale degli immigrati.

Una volta costituito, il gruppo promotore dovrebbe anche stimolare la creazione di sottogruppi finalizzati alla creazione di musei regionali (per esempio nelle agglomerazioni di Zurigo, Berna, Basilea, Ginevra, San Gallo e nei Cantoni periferici). A loro volta questi potrebbero già avviare la raccolta del materiale esistente ritenuto degno di essere conservato (manufatti, cimeli, libri, fotografie, pellicole, manoscritti, registrazioni audio e video, attestazioni, testimonianze varie, ecc.). Molti italiani sarebbero certamente interessati a collaborare, coinvolgendo in particolare le associazioni storiche degli immigrati, le Missioni cattoliche, le Case d’Italia e altre istituzioni.

Non è esagerato pensare che l’idea possa piacere e interessare molti italiani. La storia dell’immigrazione italiana in Svizzera è lunga, ricchissima, estremamente varia e interessante. Valorizzarla significherebbe rendere onore a chi l’ha vissuta in prima persona, ma anche ai loro discendenti. Significherebbe far conoscere che le varie ondate di immigrati (e di altre nazionalità) hanno contribuito a sviluppare la Svizzera moderna in tutta la sua varietà umana, culturale, linguistica, artistica, storica. Significherebbe anche ricordare che l’attuale prosperità è un patrimonio comune, frutto del lavoro di molti e a beneficio di tutti.

Ci si dovrebbe preoccupare dei finanziamenti? Certamente, ma con un pizzico di ottimismo perché la Svizzera è interessata a mantenere vive le tradizioni immateriali e a sostenere le attività culturali d’interesse pubblico, anche l’Italia ha tutto l’interesse a mantenere vivo il ricordo dell’immigrazione italiana, che ha contribuito a sviluppare un Paese amico e, se il progetto è sostenibile, certamente si troverebbero anche privati, imprenditori e semplici cittadini, disposti a sostenere la rete del museo virtuale delle migrazioni.

Giovanni Longu
9 dicembre 2020

* L'articolo è stato pubblicato anche su Insieme (MCLI, Berna) n. 12 Dicembre 2020.