Gli italiani immigrati
in Svizzera nella seconda metà del secolo scorso sono stati non solo una
risorsa per l’economia svizzera, ma uno dei pilastri portanti. Nel periodo di
riferimento di questi articoli (1950-1970), compresi gli
anni immediatamente prima e immediatamente dopo, gli immigrati italiani sono
stati una componente fondamentale della forza lavoro (un quinto) e della
società svizzera (un decimo). Grazie alla loro partecipazione all’economia, la
Svizzera si è arricchita. Senza gli italiani non ci sarebbe stato il benessere
raggiunto. A beneficiarne è stata solo in minima parte la manodopera italiana
(prima generazione). Perché?
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Negli
anni '50 e '60 gli italiani furono tra i principali prota- gonisti di costruzioni faraoniche come le dighe della Grande Dixence (foto), Mauvoisin, Emosson, Mattmark, ecc. |
La forza dei numeri
Gli italiani, fin dall’Ottocento, si sono
sempre distinti nell’attività edilizia e di genio civile. Poco importa se come
manovali, muratori, capisquadra o ingegneri: senza di loro (solo nel 1962:
135.804 su un totale di 162.788 stranieri) non sarebbe stato possibile
realizzare la maggior parte delle grandi infrastrutture (strade, autostrade,
ponti, dighe, centrali idroelettriche, sistemazioni urbane, ecc.) e delle
innumerevoli opere di edilizia industriale, commerciale, amministrativa e
residenziale che hanno trasformato la Svizzera del secondo dopoguerra.
Fin dall’Ottocento gli italiani erano
particolarmente attivi pure nell’industria e nei commerci. Lo furono anche
nella seconda metà del XX secolo. Nel 1962 lavoravano nell’industria meccanica circa
80.000 italiani «annuali», 27.500 nell’industria tessile, 26.800 nell’industria
dell’abbigliamento e delle calzature, oltre 11.000 nell’industria alimentare, 28.300
negli alberghi e ristoranti, ecc.
Nei decenni considerati il prodotto interno
lordo (PIL) è più che raddoppiato, con una crescita annua media in termini
reali del 4,5% l’anno. Nel 1970, il settore secondario, dove si concentrava la
maggior parte della forza lavoro italiana, contribuiva alla formazione del PIL
nella misura del 52.30%. Nello stesso arco di tempo il volume di esportazioni è
cresciuto complessivamente di oltre il 600%. Il contributo dei lavoratori
italiani è stato determinante.
Alcuni intellettuali sostenevano che essere
stranieri non è un delitto e senza gli stranieri non ci sarebbe stato il benessere
di cui tutti godevano. Il giornalista Alfred Peter scrisse nel 1962 su
un quotidiano basilese una serie di articoli intitolati «Ohne Italiener kein
Wohlstand» (senza gli italiani non c’è benessere).
La debolezza delle persone
Nonostante il contributo determinante degli
italiani alla prosperità della Svizzera, coloro che ne hanno beneficiato di
meno, almeno inizialmente, sono stati proprio gli immigrati italiani. Per molti
di essi, soprattutto dopo l’arrivo in massa dal Meridione, la vita è stata difficile
e avara di soddisfazioni. Le loro sofferenze erano soprattutto psicologiche, perché
avvertivano chiaramente che da molti svizzeri erano considerati indesiderati,
fastidiosi, avari (perché forti risparmiatori), intrusi (nonostante fossero
stati tutti «richiesti»), approfittatori, immorali (perché sembravano andare a
caccia di ragazze), ecc.
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Max Frisch |
Purtroppo gli italiani non riuscivano a
difendersi di fronte alle accuse infondate e oltraggiose perché non conoscevano
la lingua del posto. Pensavano, quasi tutti, di rientrare dopo uno o pochi anni
(sapevano di essere Gastarbeiter, lavoratori ospiti, cioè provvisori) e
non si davano la pena di impararla. Preferivano in certo senso l’isolamento o
al massimo l’associazione, giusto per avere un minimo di contatto umano.
Gli immigrati avevano contro gran parte
dell’opinione pubblica, manipolata abilmente dagli xenofobi che riuscivano a
diffondere tra la gente comune la paura, anzi, per dirla con Max Frisch,
l’«odio verso lo straniero». Ci furono molte reazioni contro i movimenti
xenofobi che agitavano lo spauracchio dell’inforestierimento (la contaminazione
dei valori tradizioni svizzeri) con i barbarismi degli stranieri. Ebbero
successo, perché nelle votazioni popolari i movimenti xenofobi furono sempre sconfitti
perché il popolo svizzero, nonostante tutto, aveva gli anticorpi giusti. Ma
dovette passare molto tempo prima che la maggioranza degli svizzeri si abituasse
a considerare gli stranieri indispensabili, «persone» e non solo «braccia» e
che «l’inforestierimento», lungi da distruggere i valori elvetici, offriva alla
Svizzera «l’opportunità di rigenerarsi» (Max Frisch).
Giovanni Longu
Berna, 26 giugno 2019
Berna, 26 giugno 2019