26 giugno 2019

Immigrazione italiana 1950-1970: 19. Italiani determinanti ma indesiderati


Gli italiani immigrati in Svizzera nella seconda metà del secolo scorso sono stati non solo una risorsa per l’economia svizzera, ma uno dei pilastri portanti. Nel periodo di riferimento di questi articoli (1950-1970), compresi gli anni immediatamente prima e immediatamente dopo, gli immigrati italiani sono stati una componente fondamentale della forza lavoro (un quinto) e della società svizzera (un decimo). Grazie alla loro partecipazione all’economia, la Svizzera si è arricchita. Senza gli italiani non ci sarebbe stato il benessere raggiunto. A beneficiarne è stata solo in minima parte la manodopera italiana (prima generazione). Perché?
Negli anni '50 e '60 gli italiani furono tra i principali prota-
gonisti di costruzioni faraoniche come le dighe della
Grande Dixence (foto), Mauvoisin, Emosson, Mattmark, ecc.

La forza dei numeri
Gli italiani, fin dall’Ottocento, si sono sempre distinti nell’attività edilizia e di genio civile. Poco importa se come manovali, muratori, capisquadra o ingegneri: senza di loro (solo nel 1962: 135.804 su un totale di 162.788 stranieri) non sarebbe stato possibile realizzare la maggior parte delle grandi infrastrutture (strade, autostrade, ponti, dighe, centrali idroelettriche, sistemazioni urbane, ecc.) e delle innumerevoli opere di edilizia industriale, commerciale, amministrativa e residenziale che hanno trasformato la Svizzera del secondo dopoguerra.
Fin dall’Ottocento gli italiani erano particolarmente attivi pure nell’industria e nei commerci. Lo furono anche nella seconda metà del XX secolo. Nel 1962 lavoravano nell’industria meccanica circa 80.000 italiani «annuali», 27.500 nell’industria tessile, 26.800 nell’industria dell’abbigliamento e delle calzature, oltre 11.000 nell’industria alimentare, 28.300 negli alberghi e ristoranti, ecc.
Nei decenni considerati il prodotto interno lordo (PIL) è più che raddoppiato, con una crescita annua media in termini reali del 4,5% l’anno. Nel 1970, il settore secondario, dove si concentrava la maggior parte della forza lavoro italiana, contribuiva alla formazione del PIL nella misura del 52.30%. Nello stesso arco di tempo il volume di esportazioni è cresciuto complessivamente di oltre il 600%. Il contributo dei lavoratori italiani è stato determinante.
Alcuni intellettuali sostenevano che essere stranieri non è un delitto e senza gli stranieri non ci sarebbe stato il benessere di cui tutti godevano. Il giornalista Alfred Peter scrisse nel 1962 su un quotidiano basilese una serie di articoli intitolati «Ohne Italiener kein Wohlstand» (senza gli italiani non c’è benessere). 

La debolezza delle persone
Nonostante il contributo determinante degli italiani alla prosperità della Svizzera, coloro che ne hanno beneficiato di meno, almeno inizialmente, sono stati proprio gli immigrati italiani. Per molti di essi, soprattutto dopo l’arrivo in massa dal Meridione, la vita è stata difficile e avara di soddisfazioni. Le loro sofferenze erano soprattutto psicologiche, perché avvertivano chiaramente che da molti svizzeri erano considerati indesiderati, fastidiosi, avari (perché forti risparmiatori), intrusi (nonostante fossero stati tutti «richiesti»), approfittatori, immorali (perché sembravano andare a caccia di ragazze), ecc.
Max Frisch
Purtroppo gli italiani non riuscivano a difendersi di fronte alle accuse infondate e oltraggiose perché non conoscevano la lingua del posto. Pensavano, quasi tutti, di rientrare dopo uno o pochi anni (sapevano di essere Gastarbeiter, lavoratori ospiti, cioè provvisori) e non si davano la pena di impararla. Preferivano in certo senso l’isolamento o al massimo l’associazione, giusto per avere un minimo di contatto umano.
Gli immigrati avevano contro gran parte dell’opinione pubblica, manipolata abilmente dagli xenofobi che riuscivano a diffondere tra la gente comune la paura, anzi, per dirla con Max Frisch, l’«odio verso lo straniero». Ci furono molte reazioni contro i movimenti xenofobi che agitavano lo spauracchio dell’inforestierimento (la contaminazione dei valori tradizioni svizzeri) con i barbarismi degli stranieri. Ebbero successo, perché nelle votazioni popolari i movimenti xenofobi furono sempre sconfitti perché il popolo svizzero, nonostante tutto, aveva gli anticorpi giusti. Ma dovette passare molto tempo prima che la maggioranza degli svizzeri si abituasse a considerare gli stranieri indispensabili, «persone» e non solo «braccia» e che «l’inforestierimento», lungi da distruggere i valori elvetici, offriva alla Svizzera «l’opportunità di rigenerarsi» (Max Frisch).
Giovanni Longu
Berna, 26 giugno 2019