Tra i Santi della Chiesa cattolica ce ne sono di quelli che
hanno esaltato specialmente la dimensione verticale (il rapporto con Dio),
altri la dimensione orizzontale (la carità cristiana) e altri ancora l’una e l’altra.
Il beato Giovanni Battista Scalabrini le ha esaltate entrambe ed è venerato,
per questo, come «beato» e come «Padre dei migranti».
Oggi è la sua festa, l’anniversario della sua morte (1°
giugno 1905), e in tutto il mondo dove la sua Famiglia (gli Scalabriniani) è diffusa,
si ricorda il suo carisma e la sua opera. Desidero ricordare due contributi che
monsignor Scalabrini, vescovo di Piacenza, ha dato per rendere l’emigrazione libera
e dignitosa.
Contributo di idee e di opere
Nel dibattito che precedette in Italia la legge del 1888
sull’emigr
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Mons. Giovanni Battista Scalabrini (1839-1905) |
Ovunque sono intervenuti, anche in Svizzera, gli
Scalabriniani hanno saputo creare attorno
alla chiesa tutta una serie di attività religiose, sociali e assistenziali che
contribuirono non poco a elevare la dignità dei migranti, a difendere i loro
diritti e rafforzare in essi sentimenti di identità e di appartenenza.
Il secondo
contributo di monsignor Scalabrini che mi piace ricordare riguarda il sostegno
dato dai suoi missionari ai 120 mila emigranti in partenza dal porto di Genova diretti
nelle Americhe.
L’intervento
scalabriniano di Genova
La situazione a
Genova era gravissima, perché in balia di «agenti di emigrazione» avidi e senza
scrupoli. Scrisse al riguardo il giornalista Luigi Einaudi (che
diventerà il secondo Presidente della Repubblica Italiana) nel 1898:
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Luigi Einaudi (1874-1961) |
«Sistematicamente
gli agenti, per spolpare con più agio gli emigranti, li spedivano a Genova una
settimana prima dell'imbarco e li indirizzavano a quei tavernieri che loro
promettevano una più lauta percentuale sugli utili. Da 20 anni a Genova durava
lo spettacolo delle pubbliche strade e delle chiese piene di gruppi di
disgraziati emigranti, affamati, seminudi o tremanti di freddo, in balia di una
banda avida di danari. Negli alberghi centinaia di famiglie si vedevano
sdraiate promiscuamente sull'umido pavimento o sui sacchi o sulle panche, in
lunghi stanzoni, in sotterranei o soffitte miserabili, senza aria e senza luce,
non solo di notte, ma anche di giorno. Le derrate vendute a prezzi favolosi,
non sfamavano mai gli infelici. I cambiavalute davano monete false o esigevano
grosse usure».
Venuto a conoscenza
della situazione, monsignor Scalabrini decise d’intervenire, inviando a Genova
(12 agosto 1894) «un giovane sacerdote trentenne [don Pietro Maldotti] della
diocesi piacentina, privo di mezzi peculiari, ignaro del dialetto genovese e
colla missione generica di far del bene agli emigranti».
Rendere giustizia e dare speranza agli emigrati
Il suo impegno e la sua
azione suscitarono l’ammirazione del giovane giornalista Einaudi che scrisse:
«Contro questi
sfruttamenti ed altre infamie innominabili il missionario lottò a lungo con
l'aiuto dell'ispettore di pubblica sicurezza del porto, Nicola Malnate […]
Finalmente riuscì a far adottare dal Governo una norma che costringeva le
compagnie e gli agenti a chiamare a Genova gli emigranti la vigilia della
partenza e ad alloggiarli e nutrirli gratuitamente fino al momento dell’imbarco.
Vi si aggiungano gli sforzi compiuti, con numerosi processi davanti le preture
ed i tribunali, per far rispettare i diritti della povera gente, per
costringere gli sfruttatori a restituire le somme rubate […].
Era bello sentire dalla bocca del sacerdote di Cristo la narrazione delle lotte combattute laggiù [nel Brasile, dove giungevano molti emigrati italiani], nella terra, dove troppo spesso infieriscono la febbre gialla ed il vomito nero, al fine di mantenere vivo e saldo l'affetto alla patria lontana, della commozione intensa suscitata nell'animo suo alla vista dei coloni accorrenti al suono della marcia reale, della propaganda fatta per sottrarre gli emigranti alle colonie miste ed alle piantagioni di proprietari brasiliani per delle terre esclusivamente abitate da italiani, rimasti tali per opera dei missionari della congregazione del vescovo Scalabrini».
Era bello sentire dalla bocca del sacerdote di Cristo la narrazione delle lotte combattute laggiù [nel Brasile, dove giungevano molti emigrati italiani], nella terra, dove troppo spesso infieriscono la febbre gialla ed il vomito nero, al fine di mantenere vivo e saldo l'affetto alla patria lontana, della commozione intensa suscitata nell'animo suo alla vista dei coloni accorrenti al suono della marcia reale, della propaganda fatta per sottrarre gli emigranti alle colonie miste ed alle piantagioni di proprietari brasiliani per delle terre esclusivamente abitate da italiani, rimasti tali per opera dei missionari della congregazione del vescovo Scalabrini».
Due contributi
esemplari che riempiono ancora oggi di ammirazione per un’idea di «emigrazione»
moderna, libera, dignitosa, sostenuta da un senso profondo che non è solo
cristiano, ma umanissimo, perché fondato sul rispetto della dignità di ogni
essere umano, soprattutto se in condizione di bisogno.
Giovanni Longu
Berna, 1° giugno 2019
Berna, 1° giugno 2019