01 giugno 2019

Beato Scalabrini per un’emigrazione libera e dignitosa


Tra i Santi della Chiesa cattolica ce ne sono di quelli che hanno esaltato specialmente la dimensione verticale (il rapporto con Dio), altri la dimensione orizzontale (la carità cristiana) e altri ancora l’una e l’altra. Il beato Giovanni Battista Scalabrini le ha esaltate entrambe ed è venerato, per questo, come «beato» e come «Padre dei migranti».
Oggi è la sua festa, l’anniversario della sua morte (1° giugno 1905), e in tutto il mondo dove la sua Famiglia (gli Scalabriniani) è diffusa, si ricorda il suo carisma e la sua opera. Desidero ricordare due contributi che monsignor Scalabrini, vescovo di Piacenza, ha dato per rendere l’emigrazione libera e dignitosa. 

Contributo di idee e di opere
Nel dibattito che precedette in Italia la legge del 1888 sull’emigr
Mons. Giovanni Battista Scalabrini (1839-1905)
azione, monsignor Scalabrini intervenne per renderla accettabile e umana, anche se vi riuscì solo in parte. Sostenne anzitutto la legittimità dell’emigrazione (libertà di emigrare), negando allo Stato il diritto di impedirla e richiamandolo al suo dovere di tutelare gli emigrati dallo sfruttamento. Per dare l’esempio, fondò nel 1887 la Congregazione dei Missionari di San Carlo, nel 1889 l’Associazione di Patronato e nel 1895 la Congregazione delle Missionarie di San Carlo.
Ovunque sono intervenuti, anche in Svizzera, gli Scalabriniani hanno saputo creare attorno alla chiesa tutta una serie di attività religiose, sociali e assistenziali che contribuirono non poco a elevare la dignità dei migranti, a difendere i loro diritti e rafforzare in essi sentimenti di identità e di appartenenza.
Il secondo contributo di monsignor Scalabrini che mi piace ricordare riguarda il sostegno dato dai suoi missionari ai 120 mila emigranti in partenza dal porto di Genova diretti nelle Americhe.

L’intervento scalabriniano di Genova
La situazione a Genova era gravissima, perché in balia di «agenti di emigrazione» avidi e senza scrupoli. Scrisse al riguardo il giornalista Luigi Einaudi (che diventerà il secondo Presidente della Repubblica Italiana) nel 1898:
Luigi Einaudi (1874-1961)
«Sistematicamente gli agenti, per spolpare con più agio gli emigranti, li spedivano a Genova una settimana prima dell'imbarco e li indirizzavano a quei tavernieri che loro promettevano una più lauta percentuale sugli utili. Da 20 anni a Genova durava lo spettacolo delle pubbliche strade e delle chiese piene di gruppi di disgraziati emigranti, affamati, seminudi o tremanti di freddo, in balia di una banda avida di danari. Negli alberghi centinaia di famiglie si vedevano sdraiate promiscuamente sull'umido pavimento o sui sacchi o sulle panche, in lunghi stanzoni, in sotterranei o soffitte miserabili, senza aria e senza luce, non solo di notte, ma anche di giorno. Le derrate vendute a prezzi favolosi, non sfamavano mai gli infelici. I cambiavalute davano monete false o esigevano grosse usure».
Venuto a conoscenza della situazione, monsignor Scalabrini decise d’intervenire, inviando a Genova (12 agosto 1894) «un giovane sacerdote trentenne [don Pietro Maldotti] della diocesi piacentina, privo di mezzi peculiari, ignaro del dialetto genovese e colla missione generica di far del bene agli emigranti». 

Rendere giustizia e dare speranza agli emigrati
Il suo impegno e la sua azione suscitarono l’ammirazione del giovane giornalista Einaudi che scrisse:
«Contro questi sfruttamenti ed altre infamie innominabili il missionario lottò a lungo con l'aiuto dell'ispettore di pubblica sicurezza del porto, Nicola Malnate […] Finalmente riuscì a far adottare dal Governo una norma che costringeva le compagnie e gli agenti a chiamare a Genova gli emigranti la vigilia della partenza e ad alloggiarli e nutrirli gratuitamente fino al momento dell’imbarco. Vi si aggiungano gli sforzi compiuti, con numerosi processi davanti le preture ed i tribunali, per far rispettare i diritti della povera gente, per costringere gli sfruttatori a restituire le somme rubate […].
Era bello sentire dalla bocca del sacerdote di Cristo la narrazione delle lotte combattute laggiù [nel Brasile, dove giungevano molti emigrati italiani], nella terra, dove troppo spesso infieriscono la febbre gialla ed il vomito nero, al fine di mantenere vivo e saldo l'affetto alla patria lontana, della commozione intensa suscitata nell'animo suo alla vista dei coloni accorrenti al suono della marcia reale, della propaganda fatta per sottrarre gli emigranti alle colonie miste ed alle piantagioni di proprietari brasiliani per delle terre esclusivamente abitate da italiani, rimasti tali per opera dei missionari della congregazione del vescovo Scalabrini».
Due contributi esemplari che riempiono ancora oggi di ammirazione per un’idea di «emigrazione» moderna, libera, dignitosa, sostenuta da un senso profondo che non è solo cristiano, ma umanissimo, perché fondato sul rispetto della dignità di ogni essere umano, soprattutto se in condizione di bisogno.
Giovanni Longu
Berna, 1° giugno 2019

2 commenti:

  1. Sono stato in istituto con gli Scalabrini per sette anni, due al Du Parc di Thun con P. Corrà come direttore e P. Martinelli come assistente e cinque alla Casa Scalabrini di Crespano del Grappa, dall'apertura alla chiusura dell'istituto. Non sono stati anni belli e P. Brun Zen della Missione Cattolica di Berna, negli anni successivi, parlando del più e del meno. mi disse che la scelta degli istituti non fu una bella scelta. A Cresoano eravamo dai sessenta agli ottanta, pochi della Svizzera.Durante le vacanze natalizie alla stazione di Vicenza si formavano tre gruppi: uno che raggiungeva la Svizzera dal Brennero, un altro gruppo dal Ticino ed il terzo gruppo, formato solo da me, aspettava l'espresso Venezia - Berna. Ho ancora il passaporto che mi fu rilasciato a 12 anni d'età. Non fu un periodo felice. Tutt'altro.
    Nino Alizzi

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  2. Nel film " Bello onesto emigrato Australia sposerebbe comapesana illibata" con Alberto Sordi si vede, nella prima scena, un sacerdote scalabriniano (ovviamente un attore)punto di riferimento della comunità italiana,un riferimento di calore: conversare con gli altri italiani, farsi leggere o scrivere lettere,cercare moglie per corrispondenza, la sala da ballo. Personalmente, pur nella sua brevità la reputo una scena toccante. Mi sono accorto, un due anni addietro, che la presenza scalabriana fa ora in Italia la stessa cosa per i migranti. P.S. A Crespano ci fu per tre anni P. Emilio Bernardini, poi seppi che era in Svizzera, se ricordo bene a S. Gallo o Soletta.

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