05 giugno 2024

19. Pio XII e l’Europa (seconda parte)

Pio XII, attento osservatore della scena pubblica e dell’attività diplomatica (quella manifesta e quella sotterranea), ha fatto di tutto per evitare la seconda guerra mondiale, impedire la tragedia che stava per abbattersi nuovamente sull'Europa e salvare il maggior numero possibile di vite umane. Negarlo o ignorarlo sarebbe negare l’evidenza. Eppure, si continua ad insinuare dubbi e sospetti sui presunti silenzi di Pio XII e sulla sua presunta inattività a danno specialmente degli ebrei. Malafede? Scarsa conoscenza dei fatti? Difficile rispondere, ma a chiunque dovrebbe risultare chiara l’assoluta buona fede di Pio XII, il suo impegno costante in favore della pace e della vita umana, la sua sollecitudine per il bene della Chiesa, della Cristianità e dell’Europa in un mondo diviso e sempre più distante da una visione cristiana della storia.

I «silenzi» di Pio XII

Pio XII nel quartiere romano di San Lorenzo
dopo un bombardamento degli Alleati nel 1943
Ha fatto scalpore in alcuni media italiani la recente scoperta negli archivi vaticani di una lettera di un gesuita tedesco inviata in Vaticano alla fine del 1942 in cui s’informava il segretario del Papa dell’esistenza in Polonia di alcuni forni crematori e dell’uccisione di migliaia di persone specialmente polacchi ed ebrei. L’autore dello «scoop», il giornalista Massimo Franco, forse ha creduto davvero di aver fatto una scoperta clamorosa, ma in realtà quella lettera non faceva che confermare che Pio XII alla fine del 1942 sapeva dell’esistenza dei campi di sterminio e della Shoah.

Pio XII era generalmente ben informato di quel che accadeva nell'Europa in guerra e dunque anche nei Lager menzionati in quella lettera. Ma Pio XII sapeva pure quanto antisemitismo c’era in quei Paesi e quanta violenza veniva usata anche da cattolici polacchi, ucraini e lituani nei confronti di ebrei prima ancora dei tedeschi. Del resto la circolazione anomala di numerosi treni piombati era notoria, l’odore acre nauseabondo che rilasciavano i forni crematori era percepibile a distanza, molti sapevano del non ritorno di quanti entravano nei Lager tedeschi.

Dunque Pio XII sapeva. Ma perché solo a lui si rimproverano presunti silenzi? Churchill non sapeva niente? Roosevelt non sapeva niente? Stalin non sapeva niente? Probabilmente fino al dicembre 1942 tutti sapevano poco, mancavano prove evidenti e nessuno osava intervenire … perché Hitler faceva paura! A superarla per primo fu proprio il papa che il 24 dicembre 1942 denunciò il massacro di «centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o a un progressivo deperimento». Non mi sembra serio quanto ha affermato Massimo Franco: «Pio XII preferì tacere o al massimo esprimere in termini generici la sua pena».

Interventi mirati

Pio XII dunque certamente sapeva, conosceva la situazione ed è giusto domandarsi che cosa avrebbe potuto fare per impedirla o cambiarla. Invece di immaginarsi risposte senza fondamento non sarebbe più corretto osservare i fatti e rileggersi i testi dei radiomessaggi natalizi? Si scoprirebbe, per esempio, che pochi mesi dopo la sua elezione, rivolgendosi ai «governanti e ai popoli nell'imminente pericolo della guerra», con tono severo, li invitò a prendere sagge decisioni perché «nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra […] Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare. Trattando con buona volontà e con rispetto dei reciproci diritti si accorgeranno che ai sinceri e fattivi negoziati non è mai precluso un onorevole successo […] Ci ascoltino i potenti, se vogliono che la loro potenza sia non distruzione, ma sostegno per i popoli e tutela a tranquillità nell'ordine e nel lavoro»» (Radiomessaggio 24 agosto 1939).

I fatti qualche anno fa furono riassunti in questi termini dal quotidiano italiano La Stampa: «il Pontefice si è mosso, in sintonia con la Croce Rossa Internazionale e con la DELASEM (associazione sorta a difesa degli ebrei), per evitare lo scoppio della guerra, per evitare l'entrata dell'Italia in guerra, per favorire una conferenza di pace durante il periodo bellico, per far nascondere i perseguitati, per aver notizie degli oppressi, per far liberare degli internati, per non far bombardare delle città italiane, per far cessare il rastrellamento degli ebrei il 16 ottobre del 1943, per far distribuire cibo e medicine nei campi di concentramento, per far arrivare aiuti economici, per sostenere quanti erano attivi in operazioni "a rischio" (fabbricazione di passaporti falsi, certificati di battesimo falsi...), per strappare dal carcere di via Tasso alcuni prigionieri e altro ancora».

Pio XII stesso aveva indicato le priorità della sua azione nel radiomessaggio natalizio del 1943: «La prima è che Noi [plurale maiestatico come si usava allora] abbiamo fatto e faremo sempre quanto è nelle Nostre forze materiali e spirituali per alleviare le tristi conseguenze della guerra, per i prigionieri, per i feriti, per i dispersi, per i randagi, per i bisognosi. per tutti i sofferenti e i travagliati, di ogni lingua e nazione. La seconda è che in questo volgere del tristo tempo di guerra Noi vogliamo che soprattutto ricordiate il gran de conforto che ci ispira la fede…». Promesse mantenute!

Resta da riferire sull'atteggiamento di Pio XII nei confronti dell’Europa martoriata, ma il tema è rimandato al prossimo articolo perché concerne il futuro stesso dell’Europa e il contributo che già Pio XII ha dato alla sua unità, autonomia e autorevolezza in un mondo diviso in «blocchi» in cui rischiava di restare schiacciata.

Giovanni Longu
Berna 5.6.2024

03 giugno 2024

Festa della Repubblica e sovranità europea

La festa della Repubblica è passata, le polemiche non ancora. Eppure l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, all'origine dei malumori di alcuni politici sovranisti e antieuropei, mi pare corretto sia dal punto di vista formale che sostanziale e storico.

Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Dal punto di vista formale: Mattarella ha ricordato che prossimamente i cittadini europei, eleggendo a suffragio universale il nuovo Parlamento europeo, consacreranno la «sovranità» europea. Perché meravigliarsi? In tutte le architetture statuali moderne, anche nelle monarchie e persino nella autocrazie, il Parlamento costituisce l’espressione più alta della sovranità popolare. Formalmente anche la prossima elezione del Parlamento europeo dà questa indicazione e non può essere altrimenti.

Dal punto di vista sostanziale: si obietterà che nell'UE il Parlamento non rappresenta la massima istanza, ma questa è un’anomalia dovuta non al popolo elettore ma ai governi che non hanno voluto ratificare la prevista costituzione dell’UE. Quando sarà approvata, il Parlamento europeo eletto a suffragio universale diverrà la massima espressione della sovranità popolare. Ma lo è già adesso, a prescindere dai poteri che i Trattati finora gli riconoscono. Infatti, che abbia o no i poteri tipici dei Parlamenti democratici non dipende da voto popolare.

Da un punto di vista storico, inoltre, ai Paesi europei occidentali apparve chiaro già durante la seconda guerra mondiale che la propria sopravvivenza sarebbe dipesa dalla loro unione in una condizione di pace e di sviluppo stabili. L’Italia fu tra le prime nazioni a inserire nella propria Costituzione, all'articolo 11, l’aspirazione e l’impegno dei popoli europei a ripudiare la guerra e a favorire con ogni mezzo utile la pace, consentendo, «in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni» (art. 11). Il presidente Mattarella l’ha bene interpretato.

Bene farebbero, dunque, i nuovi eletti a conoscere meglio la storia e la Costituzione italiana e, soprattutto, a indirizzare i loro sforzi per mettere al sicuro la pace, attraverso opere di pace (e non di guerra), il dialogo e un impegno su vasta scala per la prosperità comune.

Giovanni Longu
3 giugno 2024