Ottenuta la cittadinanza svizzera (1998) e terminati gli studi in scienze politiche, la carriera di Ada Marra è stata lineare. Dopo le prime esperienze in diverse associazioni e soprattutto come segretaria generale del Partito socialista vodese, nel 2007 si è sentita pronta per lanciarsi nella politica federale come consigliere nazionale nelle file del Partito socialista svizzero profilandosi come parlamentare coscienziosa e determinata.
Ciò che maggiormente colpisce nella sua azione politica è la preparazione e la combattività. La competenza le deriva non solo dalla preparazione professionale e dallo studio dei dossier, ma sicuramente anche dall’esperienza e dall’osservazione, soprattutto delle ingiustizie, delle disuguaglianze, delle discriminazioni, delle possibilità negate. Ma è convinta che su questo terreno si può migliorare. Per questo lotta ed è poco disposta ai compromessi.
Ada Marra, porta nella politica anche la sua storia personale di figlia di immigrati pugliesi, con i quali parla ancora dialetto pugliese, ma anche pienamente integrata in questo Paese dove le distinzioni e discriminazioni tra svizzeri e stranieri sono ancora forti per quanto riguarda l’uguaglianza delle possibilità. Per questo uno dei temi che le stanno più a cuore e su cui insiste nei suoi interventi parlamentari è l’integrazione e il riconoscimento dei diritti degli stranieri, soprattutto per quelli di seconda e terza generazione.
Domanda: Un’integrazione riuscita è quella che fa sentire una persona (di origine) straniera a casa propria nel Paese che ha scelto come centro dei suoi interessi principali (pur conservando la ricchezza affettiva e culturale del Paese d’origine) e dove ha le stesse possibilità di riuscita degli autoctoni. Lei si sente un esempio d’integrazione «riuscita»?
Risposta: Io sono una persona che ha avuto la fortuna di crescere in un comune in cui c’era un intreccio di culture e origini. Cioè, dove le diverse fasce socioeconomiche si mescolano e ognuna di loro porta la propria ricchezza. Perciò milito per una politica che faciliti l’integrazione e per una politica dell’alloggio che privilegi questo intreccio socioeconomico.
Domanda: Lei è di origine italiana e mantiene molti legami con l’Italia e soprattutto con la regione da cui provengono i suoi genitori. Qui in Svizzera, quali sono i momenti e i luoghi in cui si sente più italiana?
Risposta: Sicuramente quando sono con i miei genitori. Sono momenti in cui si parla dialetto leccese.
Domanda: In quanto consigliera nazionale Lei è rappresentante del popolo svizzero. Si sente anche rappresentante degli italiani (e in generale degli stranieri) che vivono qui?
Risposta: La mia concezione della politica è quella di fare politica per tutti gli abitanti del Paese. Svizzeri e stranieri. Con una particolare attenzione per le persone in situazione di precarietà. Ma è ovvio che la mia storia personale mi rende più sensibile alla problematica della migrazione.
Domanda: Purtroppo la trattazione della sua iniziativa sulla naturalizzazione agevolata degli stranieri di terza generazione ha avuto proprio nei giorni scorsi uno stop. A che cosa è dovuto?
Risposta: Tutti i partiti tranne l’UDC sono d’accordo sul contenuto dell’iniziativa. La consultazione che ha avuto luogo è stata positiva e la Commissione ha tenuto conto di qualche suggerimento dei Cantoni. Purtroppo, per mancanza di coraggio politico, questa stessa Commissione ha deciso di interrompere momentaneamente i lavori e aspettare che passino le elezioni del 2011 per riprendere poi la discussione in Parlamento. Il centro-destra ha paura di parlare di questo tema prima delle elezioni… Ciò è sintomatico dell’atmosfera particolare in Svizzera per quanto riguarda gli stranieri.
Domanda: Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dei giovani di seconda generazione, con particolare riferimento agli italiani? Cosa caratterizza un italiano di seconda o terza generazione?
Risposta: Credo che una seconda e forse anche una terza generazione sia un riferimento per gli svizzeri, sul cosa significhi essere svizzeri. Una seconda generazione è costretta a porsi queste domande. In un certo senso deve creare e inventare la definizione dell’essere svizzero. Ma in un modo reale, non derivato da miti come Guglielmo Tell.
Domanda: Cosa pensa delle forme di rappresentanza degli italiani all’estero? Sono attuali ed efficaci?
Risposta: Credo che sia un modello da seguire per gli svizzeri. E cioè bisognerebbe assegnare un certo numero di posti al Consiglio nazionale e al Consiglio degli Stati per gli svizzeri all’estero.
Domanda: E cosa pensa dell’assenza da molti anni di una rappresentanza «italiana» in Consiglio federale?
Risposta: Ritengo importante la presenza di una rappresentanza «italiana» (e non esclusivamente ticinese) al Consiglio federale. Per dare sicurezza a questa presenza basterebbe aumentare il numero dei Consiglieri federali a 9 e iscrivere nella Costituzione che almeno 2 siano romandi e 1 italofono.
Domanda: Lei si sente rappresentata, in quanto italiana, dal Consolato italiano, dal Comites del sua circoscrizione consolare, dal CGIE, dai politici eletti all’estero?
Risposta: Non mi sento rappresentata, ma sento di essere un’interlocutrice privilegiata di queste persone. Anche per far passare dei messaggi in Consiglio nazionale.
Domanda: In che senso gli italiani all’estero possono essere considerati «una risorsa» per l’Italia? Lo sono per davvero?
Risposta: Sicuramente. Innanzi tutto non dimentichiamo l’immenso apporto economico degli italiani all’estero per l’Italia negli anni 60 per esempio. Gli emigrati lavoravano in Svizzera e spendevano i soldi in Italia, costruendo le loro proprie case, a volte aiutando i propri familiari rimasti in paese. Dovrebbe esserci una grande gratitudine nei confronti degli emigrati. Attualmente sono forse i migliori ambasciatori dell’Italia. Io stessa spero di fare onore all’Italia nella mia attività di parlamentare in questo mio altro Paese.
Grazie on. Marra e tanti auguri per il suo lavoro e le sue aspirazioni.
La consigliera nazionale italo-svizzera Ada Marra intervistata da Giovanni Longu
Berna 29.09.2010