Il 27 maggio 2021, il Consiglio federale ha annunciato di aver posto fine al negoziato con l’Unione europea (UE) per la messa a punto di un accordo istituzionale finalizzato a inquadrare i principali accordi esistenti e garantirne gli sviluppi futuri. La sorpresa è stata grande tra i «non addetti ai lavori», ma non tra gli osservatori più attenti della politica federale. In questi infatti da tempo cresceva lo scetticismo a causa della lentezza del negoziato, della distanza delle posizioni delle due parti, dell’assenza di proposte alternative e soprattutto della percezione sempre più netta che né l’UE né la Svizzera volessero in questo momento un compromesso qualunque. Con un po’ di ottimismo si può tuttavia ritenere che l’accordo sia solo rinviato e che il negoziato verrà ripreso, perché i compromessi utili sono possibili e l’esigenza di un rafforzamento dei rapporti reciproci è primordiale.
Ragioni e critiche sull'interruzione del negoziato
Sulla decisione del
governo le critiche sono state ben più
numerose dei consensi. Gli viene rimproverato soprattutto di non aver pensato a
un piano B e di non aver avuto il coraggio di sottoporre il risultato del
negoziato al popolo (molto critico in questo senso l’ex consigliere federale Pascal Couchepin). Gli viene inoltre rimproverato di non avere
visioni precise sul futuro dei rapporti con l’UE e di non rendersi conto dei
rischi dell’irrigidimento delle attuali posizioni. `La Svizzera, principale
beneficiaria dell’accordo, avrebbe dovuto dar prova di maggiore flessibilità.
I rapporti
Svizzera-UE continuano
Nonostante lo stop al
negoziato, a detta di molti osservatori i rapporti fondamentali tra le due
parti non subiranno nell'immediato alcun deterioramento, perché gli attuali
Accordi bilaterali restano in vigore. Sul lungo periodo, invece, le relazioni
bilaterali potrebbero peggiorare, soprattutto in alcuni settori (per es.
ricerca, energia, trasporti). Già questa prospettiva dovrebbe suggerire specialmente
alla Svizzera la ripresa del negoziato.
Fra l’altro,
contrariamente a quanti ritengono che Svizzera e UE si trovino nelle materie
negoziate «in totale disaccordo», altri osservatori considerano le attuali divergenze
superabili. Basterebbe, per esempio, che entrambe le parti attenuassero, almeno
transitoriamente, le loro pretese su alcuni principi considerati irrinunciabili
sul lungo periodo, ma derogabili nel breve, come avvenuto spesso nei rapporti
internazionali.
Se all'UE la Svizzera
chiede di tener maggiormente conto delle caratteristiche di un popolo geloso
delle sue libertà, della sua sovranità e della democrazia diretta, alla
Svizzera è chiesto di tener presente che per l’UE alcune esigenze sono
irrinunciabili in base ai Trattati, per esempio in materia di libera
circolazione delle persone (e non solo dei lavoratori). Poiché, tuttavia, si
tratta di accordi e non di dogmi, anche in questi campi i compromessi, le
deroghe temporanee, gli aggiustamenti sono possibili. Del resto, non solo la
storia della Svizzera dal Congresso di Vienna (1815) agli Accordi bilaterali
(1999 e 2004), ma anche la storia dell’UE sono un continuo susseguirsi di
compromessi.
In realtà, né alla Svizzera né all'UE sono richieste deroghe insostenibili, ma di considerare che un negoziato è accettabile se è destinato a portare benefici ad entrambe le parti sul lungo periodo. In questa ottica, tra l’UE e la Svizzera le premesse per un buon accordo ci sono tutte, tanto più che - si legge in un opuscolo della Confederazione - «l’Unione europea (UE) è un partner fondamentale per la Svizzera, che è situata non solo al centro dell’Europa, ma anche e soprattutto nel cuore dell’UE. Con quest’ultima, e con i suoi Stati membri, condivide valori culturali e storici. Tre delle quattro lingue nazionali svizzere sono parlate negli Stati membri dell’UE. Dal canto suo, la Svizzera è anch'essa un partner di primo piano per l’Unione europea».
Nuove basi negoziali
In questo quadro non è necessario che la
Svizzera aderisca all'UE come Stato membro, ma è senz'altro auspicabile, nell'interesse
comune, una più stretta collaborazione, una maggiore convergenza nella
formulazione degli obiettivi comuni e nella maniera di perseguirli, una
maggiore solidarietà. Solo collaborando si potrà raggiungere il consolidamento della
coesione interna di cui ha tanto bisogno l’UE, il rafforzamento della libertà, della
democrazia e della pace, la diffusione della prosperità.
L’interruzione del
negoziato, che non pregiudica affatto una sua ripresa, dovrebbe favorire in
entrambe le parti una riflessione approfondita su ciò che è più importante e
prioritario in un’Europa che deve ritrovare la sua anima, rafforzare le sue
capacità, sviluppare l’unione e far crescere la prosperità generale senza
subire danni d’influenza delle grandi potenze.
Alla base del
negoziato potrebbe esserci lo stesso motto inscritto sotto la cupola di Palazzo
federale, «uno per tutti – tutti per uno», tanto più che l’UE aspira a una vera
Unione di Stati, diversi ma uniti, retta da un diritto comunitario, ma anche
dal contributo solidale dei suoi membri. La Svizzera, forse la più esperta in materia, potrebbe dare un contributo determinante,
anche perché un altro principio che sta alla base del suo sviluppo e della sua
prosperità è «che la forza di un popolo si commisura al benessere dei più
deboli dei suoi membri» (Preambolo della Costituzione federale). Pertanto la
solidarietà e la collaborazione tra gli Stati europei dovrebbero essere
ritenute da tutti caratteristiche fondamentali di una moderna Unione europea.
Tre punti di partenza fermi
Nella prospettiva di una ripresa del negoziato e della volontà di raggiungere tra la Svizzera e l’UE la migliore intesa possibile, soprattutto sulla libera circolazione delle persone e sul diritto comunitario, non andrebbero dimenticati tre punti di partenza fondamentali derivanti dalla geografia, dalla storia e dalle circostanze internazionali.
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Per Jean-Claude Juncker, ex pres. della Comm. UE,
«Svizzera e UE devono proseguire le discussioni… raggiungere un’intesa è necessario». |
La storia dell’Europa, complessa, non lineare e in certi periodi anche sanguinosa,
va tenuta presente perché insegna la convivenza, la tolleranza, la
collaborazione, la solidarietà. Oggi, grazie all'UE, è anche facile capire che la
prosperità si raggiunge e si sviluppa solo dove regna la pace, che favorisce gli
scambi, la comunicazione e la conoscenza reciproca. La Svizzera, in Europa, è
forse l’esempio più evidente dei benefici di queste condizioni.
I rapporti internazionali sono in evoluzione. Sta all'Europa partecipare alla competizione mondiale
col suo apporto di conoscenze e competenze straordinarie. Non può accontentarsi
di tenere le posizioni raggiunte e non può rinunciare al contributo che
potrebbe dare ognuno dei suoi membri. In questa ottica, l’UE farebbe un grave
errore se pensasse in futuro di poter fare a meno del contributo della
Svizzera, ma altrettanto farebbe la Svizzera se pensasse di poter fare a meno
delle sollecitazioni dell’UE. Fintanto che i rapporti tra Svizzera e UE manterranno
vivi e intensi questi scambi e queste visioni, le probabilità di una ripresa
del negoziato e del suo successo saranno elevate.
Giovanni Longu
* Questo articolo, scritto in agosto, è stato pubblicato sulla rivista Insieme della MCLI di Berna n. 9, settembre 2021.