09 settembre 2021

Rinviato l’accordo istituzionale tra Svizzera e UE*

Il 27 maggio 2021, il Consiglio federale ha annunciato di aver posto fine al negoziato con l’Unione europea (UE) per la messa a punto di un accordo istituzionale finalizzato a inquadrare i principali accordi esistenti e garantirne gli sviluppi futuri. La sorpresa è stata grande tra i «non addetti ai lavori», ma non tra gli osservatori più attenti della politica federale. In questi infatti da tempo cresceva lo scetticismo a causa della lentezza del negoziato, della distanza delle posizioni delle due parti, dell’assenza di proposte alternative e soprattutto della percezione sempre più netta che né l’UE né la Svizzera volessero in questo momento un compromesso qualunque. Con un po’ di ottimismo si può tuttavia ritenere che l’accordo sia solo rinviato e che il negoziato verrà ripreso, perché i compromessi utili sono possibili e l’esigenza di un rafforzamento dei rapporti reciproci è primordiale.

Ragioni e critiche sull'interruzione del negoziato

Le cause della rottura del negoziato da parte della Svizzera sono state illustrate nel corso di una conferenza stampa (27.05.2021) dal Presidente della Confederazione Guy Parmelin e dal capo del Dipartimento degli affari esteri Ignazio Cassis. Sono state, hanno detto, essenzialmente due. La prima: la Svizzera non riusciva ad ottenere alcuna concessione sui tre punti maggiormente in discussione (direttiva UE sulla libera circolazione, protezione dei salari e aiuti di Stato). La seconda: il Consiglio federale riteneva che il popolo svizzero non avrebbe mai accettato un accordo senza le modifiche richieste.

Sulla decisione del governo le critiche  sono state ben più numerose dei consensi. Gli viene rimproverato soprattutto di non aver pensato a un piano B e di non aver avuto il coraggio di sottoporre il risultato del negoziato al popolo (molto critico in questo senso l’ex consigliere federale Pascal Couchepin). Gli viene inoltre rimproverato di non avere visioni precise sul futuro dei rapporti con l’UE e di non rendersi conto dei rischi dell’irrigidimento delle attuali posizioni. `La Svizzera, principale beneficiaria dell’accordo, avrebbe dovuto dar prova di maggiore flessibilità.

I rapporti Svizzera-UE continuano

Nonostante lo stop al negoziato, a detta di molti osservatori i rapporti fondamentali tra le due parti non subiranno nell'immediato alcun deterioramento, perché gli attuali Accordi bilaterali restano in vigore. Sul lungo periodo, invece, le relazioni bilaterali potrebbero peggiorare, soprattutto in alcuni settori (per es. ricerca, energia, trasporti). Già questa prospettiva dovrebbe suggerire specialmente alla Svizzera la ripresa del negoziato.

Fra l’altro, contrariamente a quanti ritengono che Svizzera e UE si trovino nelle materie negoziate «in totale disaccordo», altri osservatori considerano le attuali divergenze superabili. Basterebbe, per esempio, che entrambe le parti attenuassero, almeno transitoriamente, le loro pretese su alcuni principi considerati irrinunciabili sul lungo periodo, ma derogabili nel breve, come avvenuto spesso nei rapporti internazionali.

Se all'UE la Svizzera chiede di tener maggiormente conto delle caratteristiche di un popolo geloso delle sue libertà, della sua sovranità e della democrazia diretta, alla Svizzera è chiesto di tener presente che per l’UE alcune esigenze sono irrinunciabili in base ai Trattati, per esempio in materia di libera circolazione delle persone (e non solo dei lavoratori). Poiché, tuttavia, si tratta di accordi e non di dogmi, anche in questi campi i compromessi, le deroghe temporanee, gli aggiustamenti sono possibili. Del resto, non solo la storia della Svizzera dal Congresso di Vienna (1815) agli Accordi bilaterali (1999 e 2004), ma anche la storia dell’UE sono un continuo susseguirsi di compromessi.

  Nell'incontro del 23.04.2021, il presidente della Confederazione Guy Parmelin
e la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen non riescono
 a trovare un accordo soddisfacente e il negoziato viene interrotto.
In realtà, né alla Svizzera né all'UE sono richieste deroghe insostenibili, ma di considerare che un negoziato è accettabile se è destinato a portare benefici ad entrambe le parti sul lungo periodo. In questa ottica, tra l’UE e la Svizzera le premesse per un buon accordo ci sono tutte, tanto più che - si legge in un opuscolo della Confederazione - «l’Unione europea (UE) è un partner fondamentale per la Svizzera, che è situata non solo al centro dell’Europa, ma anche e soprattutto nel cuore dell’UE. Con quest’ultima, e con i suoi Stati membri, condivide valori culturali e storici. Tre delle quattro lingue nazionali svizzere sono parlate negli Stati membri dell’UE. Dal canto suo, la Svizzera è anch'essa un partner di primo piano per l’Unione europea».

Nuove basi negoziali

In questo quadro non è necessario che la Svizzera aderisca all'UE come Stato membro, ma è senz'altro auspicabile, nell'interesse comune, una più stretta collaborazione, una maggiore convergenza nella formulazione degli obiettivi comuni e nella maniera di perseguirli, una maggiore solidarietà. Solo collaborando si potrà raggiungere il consolidamento della coesione interna di cui ha tanto bisogno l’UE, il rafforzamento della libertà, della democrazia e della pace, la diffusione della prosperità.

L’interruzione del negoziato, che non pregiudica affatto una sua ripresa, dovrebbe favorire in entrambe le parti una riflessione approfondita su ciò che è più importante e prioritario in un’Europa che deve ritrovare la sua anima, rafforzare le sue capacità, sviluppare l’unione e far crescere la prosperità generale senza subire danni d’influenza delle grandi potenze.

Alla base del negoziato potrebbe esserci lo stesso motto inscritto sotto la cupola di Palazzo federale, «uno per tutti – tutti per uno», tanto più che l’UE aspira a una vera Unione di Stati, diversi ma uniti, retta da un diritto comunitario, ma anche dal contributo solidale dei suoi membri. La Svizzera, forse la più esperta in materia, potrebbe dare un contributo determinante, anche perché un altro principio che sta alla base del suo sviluppo e della sua prosperità è «che la forza di un popolo si commisura al benessere dei più deboli dei suoi membri» (Preambolo della Costituzione federale). Pertanto la solidarietà e la collaborazione tra gli Stati europei dovrebbero essere ritenute da tutti caratteristiche fondamentali di una moderna Unione europea.

Tre punti di partenza fermi

Nella prospettiva di una ripresa del negoziato e della volontà di raggiungere tra la Svizzera e l’UE la migliore intesa possibile, soprattutto sulla libera circolazione delle persone e sul diritto comunitario, non andrebbero dimenticati tre punti di partenza fondamentali derivanti dalla geografia, dalla storia e dalle circostanze internazionali.

Per Jean-Claude Juncker, ex pres. della Comm. UE,
«Svizzera e UE devono proseguire le discussioni…
raggiungere un’intesa è necessario».
La geografia, anzitutto, non deve far dimenticare che la base operativa principale dell’UE e della Svizzera è il continente europeo, dove affondano le loro radici storiche e culturali e dove si è sviluppato un importante mercato comune. L’Europa, tuttavia, è un piccolo continente che potrebbe subire facilmente influenze positive o nefaste da parte di potenze di altri continenti più grandi. Per una difesa efficace e tranquilla del proprio patrimonio umano, culturale, economico e di civiltà che vi è custodito, è indispensabile l’unione convinta di tutti i Popoli europei. Ogni Paese dovrebbe considerare l’Europa la «casa comune», ma ognuno dovrebbe anche partecipare equamente non solo alle spese condominiali, ma anche alle sue cure.

La storia dell’Europa, complessa, non lineare e in certi periodi anche sanguinosa, va tenuta presente perché insegna la convivenza, la tolleranza, la collaborazione, la solidarietà. Oggi, grazie all'UE, è anche facile capire che la prosperità si raggiunge e si sviluppa solo dove regna la pace, che favorisce gli scambi, la comunicazione e la conoscenza reciproca. La Svizzera, in Europa, è forse l’esempio più evidente dei benefici di queste condizioni.

I rapporti internazionali sono in evoluzione. Sta all'Europa partecipare alla competizione mondiale col suo apporto di conoscenze e competenze straordinarie. Non può accontentarsi di tenere le posizioni raggiunte e non può rinunciare al contributo che potrebbe dare ognuno dei suoi membri. In questa ottica, l’UE farebbe un grave errore se pensasse in futuro di poter fare a meno del contributo della Svizzera, ma altrettanto farebbe la Svizzera se pensasse di poter fare a meno delle sollecitazioni dell’UE. Fintanto che i rapporti tra Svizzera e UE manterranno vivi e intensi questi scambi e queste visioni, le probabilità di una ripresa del negoziato e del suo successo saranno elevate.

Giovanni Longu
* Questo articolo, scritto in agosto, è stato pubblicato sulla rivista Insieme della MCLI di Berna n. 9, settembre 2021.