21 dicembre 2023

ANNIVERSARI: 7. 1943-2023 Pio XII, il genocidio e la pace

Il 1943 è stato per l’Italia un anno drammatico: nonostante la destituzione di Mussolini come capo del fascismo e del governo, la guerra continuò a mietere morti e a spargere dolore e lacrime. L’armistizio dell’8 settembre provocò la spaccatura dell’Italia in due parti: quella del centro-nord occupata dai nazifascisti e sconvolta da episodi di guerra civile e quella del sud liberata dagli Alleati dopo la fuga del Re Vittorio Emanuele III in Puglia. Roma, la Città eterna e centro della cristianità, non fu risparmiata né dai tedeschi, che l’occuparono, né dagli americani che la bombardarono. Lo stesso Vaticano si sentì minacciato e la sua diplomazia ammutolì di fronte alle minacce naziste. Persino il papa sembrò rinunciare a far sentire la sua voce, forse ritenendola ininfluente e persino dannosa per molte persone. Nel 1943, tuttavia, Pio XII (ruppe il silenzio, ma non riuscì a fermare la guerra.

Pio XII e gli ebrei

Sul «silenzio» di Pio XII si continua a discutere, ma nessun documento e nessun ricercatore serio potrà mai sostenere che Pio XII non abbia agito secondo coscienza o senza un’attenta valutazione delle informazioni che riceveva da ogni parte del mondo, sia attraverso la propria rete diplomatica ed ecclesiastica (nunzi, vescovi, ordini religiosi) e sia tramite i diplomatici accreditati presso la Santa Sede. Poiché non tutte avevano lo stesso grado di fondatezza è comprensibile che al papa venissero inoltrate dai servizi di controllo solo quelle informazioni ritenute importanti e credibili. Del resto sarebbe stato impossibile anche per il geniale papa Pacelli leggere tutto e pure verificare l’attendibilità delle fonti e la veridicità dei contenuti.

Pertanto, dedurre, come ha fatto il noto giornalista italiano Massimo Franco, dal semplice ritrovamento negli archivi vaticani di una lettera del dicembre 1942 in cui si accennava ad alcuni campi di concentramento e a un forno crematorio, che Pio XII «era a conoscenza dei crimini compiuti dai nazisti nei campi di sterminio», ossia della Shoah, mi pare francamente azzardato e senza fondamento. Non è dato sapere, infatti, se quella lettera il papa l’abbia mai letta e se l’autore, «un gesuita tedesco antinazista» fosse considerato in Vaticano una fonte sicura. Del resto, non si parlava ancora né di genocidio né di sterminio.

Affermare che «Pio XII preferì tacere o al massimo esprimere in termini generici la sua pena», come se mancasse di coraggio e consapevolezza dei suoi poteri è un’accusa gratuita e senza fondamento. Avendo ereditato dal suo predecessore Pio XI un’avversione profonda al comunismo e al nazismo ed essendo fin dall'inizio del suo pontificato nel 1939 a conoscenza di tanti crimini nazisti sarebbe sicuramente intervenuto volentieri per condannarli. Se non lo fece è dovuto anche alla prudenza, dunque una virtù, che gli suggerivano soprattutto i vescovi tedeschi, ma anche considerazioni di opportunità.

Pio XII e la pace

L'ingresso del campo di sterminio di  Auschwitz con la
famigerata scritta: Arbeit macht frei, il lavoro rende liberi.

Una chiave autentica di interpretazione del «silenzio» di Pio XII la diede egli stesso in un discorso al Collegio cardinalizio e alla Prelatura romana alla vigilia di Natale 1943. Dopo aver accennato al profondo turbamento che si stava diffondendo tra la popolazione e specialmente tra i romani e ricordato di aver raccomandato loro «la calma e la moderazione e di astenersi da qualsiasi atto inconsulto, che non farebbe se non provocare ancor più gravi sciagure», Pio XII fornì una spiegazione del suo silenzio: «Davanti a tale oscuro avvenire, il riserbo, inerente alla natura del Nostro ministero pastorale e da Noi sempre mantenuto di fronte alle vicissitudini dei conflitti terreni, Ci sembra in questo momento più che mai necessario, per evitare che l'opera della Santa Sede, rivolta al bene delle anime, corra il pericolo, per false o mal fondate interpretazioni, di venir travolta ed esposta ai colpi del fuoco incrociato dei contrasti politici».

In realtà si potrebbe anche aggiungere che il «silenzio» del papa sulla Shoah fu dovuto oltre che all'oscurità che regnava su di essa, almeno fino al 1942, anche al fatto che gli interessi di Pio XII erano focalizzati sui tentativi dapprima di evitare la guerra e poi di giungere presto alla pace. Allo scoppio della seconda guerra mondiale aveva ammonito: «Nulla è perduto con la pace; tutto può essere perduto con la guerra». Non fu ascoltato e «lo spirito della violenza vinse sullo spirito della concordia e della intesa: una vittoria che fu una sconfitta»

Pio XII non cessò mai, tuttavia, in particolare nei discorsi di Natale dal 1939 al 1943, di invocare la pace e «delineare con chiarezza le basi psicologiche, giuridiche e religiose di una pace duratura» (Hans Küng). Ma non si limitò a parlare e a scrivere. Durante l’occupazione di Roma il suo impegno a favore della cittadinanza, degli ebrei (riuscì a salvarne almeno15.000) e di quanti fuggivano dal nazifascismo fu incondizionato.

Ricordarlo, oggi, alla vigilia di un Natale nuovamente insanguinato, quando un altro grande papa, Francesco, rinnova costantemente gli stessi appelli per una pace giusta e duratura e si prodiga in tutti i modi per dare al mondo intero una casa sicura e accogliente per tutti, mi sembra doveroso e utile per la nostra riflessione.

Giovanni Longu
Berna 20.12.2023