02 ottobre 2024

32. L’Europa dei Papi: Giovanni Paolo II (2a parte)

Sulla conoscenza delle problematiche europee Giovanni Paolo II ha avuto, rispetto ai predecessori, un vantaggio enorme. Infatti, provenendo da un Paese del blocco orientale, la Polonia, che ha sempre avuto forti legami con l’Occidente e in particolare con la Chiesa cattolica (i polacchi sono tradizionalmente cattolici romani), poteva dire di conoscere bene l’intera Europa. Ne conosceva certamente le forti disparità economiche, sociali e culturali, ma anche le aspirazioni della parte orientale. A differenza dei predecessori, interessati soprattutto al rispetto delle libertà religiose dei cattolici spesso pregiudicate dai regimi comunisti, Giovanni Paolo II era interessato anche allo sviluppo pacifico e solidale di tutti gli europei non solo in campo religioso ma anche politico, sociale, economico, sindacale e culturale.

Nel solco della tradizione…

Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, due grandi papi per la pace.
Del papa Karol Wojtyła (1920-2005) si è parlato, in varie narrazioni riguardanti il crollo dell’Unione Sovietica e i cambiamenti epocali avvenuti in Polonia e in Europa nel corso del XX secolo, come di un taumaturgo in grado di compiere miracoli, dimenticando la lunga preparazione compiuta dai predecessori. E’ vero che, grazie alla sua sensibilità, formazione ed esperienza personale di polacco e poi di vescovo di Cracovia e di uomo di cultura ha sempre avuto una visione molto ampia dell’Europa (e del mondo) e una fede inscalfibile che l’intero continente potesse evolvere secondo principi libertari e solidaristici, ma è stato anche un protagonista del suo tempo inserito nel solco della tradizione consolidata della Chiesa costantemente aperta al dialogo con le altre religioni e specialmente con l’ortodossia orientale.

Giovanni Paolo II, ha certamente seminato molto, come si vedrà meglio nel prossimo articolo, ma ha raccolto anche molti frutti del lavoro dei predecessori, che non si erano rassegnati a vedere un’Europa divisa e incapace di svilupparsi con le proprie forze. Non va dimenticato che anche i papi che lo precedettero hanno avuto una visione unitaria dell’Europa e si adoperarono in vari modi per favorire ogni possibile forma di dialogo con i Paesi dell’est e sostenere le giuste aspirazioni dei popoli verso una maggiore libertà e prosperità.

… seguendo i grandi seminatori

Per comprendere meglio l’azione di Giovanni Paolo II in favore di un’Europa libera e cristiana, mi sembra giusto ricordare sia pure sommariamente il contesto in cui si è svolta e alcuni interventi significativi degli ultimi papi che lo precedettero stabilendo una continuità sostanziale dell’interesse della Chiesa agli sviluppi globali dell’Europa.

Già Benedetto XV, considerando la prima guerra mondiale una «inutile strage», auspicava per l’Europa trattative di pace rispettose delle aspirazioni dei popoli a una convivenza pacifica. Fu anche uno dei primi pontefici a sollevare seri dubbi sul concetto di «guerra giusta», ritenendo la guerra non conforme al Vangelo e inadeguata a stabilire il giusto e cristiano ordine della vita collettiva.

Pio XI credeva e sperava nella «conversione della Russia», soprattutto dopo aver raggiunto un accordo che consentiva a inviati della Santa Sede di dedicarsi «al miglioramento delle condizioni del popolo attraverso la distribuzione di viveri agli affamati». Grazie al suo interessamento si era potuto organizzare una Conferenza economica internazionale a Genova (maggio 1922) con la partecipazione dell’Unione Sovietica. La sua aspirazione era però di poter intrattenere con la Russia sovietica «relazioni normali nell'interesse di tutta l’Europa».

Nel 1962, l'intervento di Giovanni XXIII su Kennedy
Krusciov fermò la minaccia di un conflitto nucleare.
Pio XII, nonostante la sua pregiudiziale anticomunista, cercò in molti modi di tenere aperti i contatti con i sovietici, anche perché era convinto che le radici cristiane dell’Unione Sovietica prima o poi avrebbero rivitalizzato il tessuto sociale di quel Paese. Nel 1952, consacrò la Russia al cuore immacolato di Maria «nella sicura fiducia che col potentissimo patrocinio di Maria vergine quanto prima si avverino felicemente i voti […] per una vera pace, per una fraterna concordia e per la dovuta libertà a tutti e in primo luogo alla chiesa».

Giovanni XXIII, intervenendo nella delicata questione dei missili sovietici a Cuba, si era meritato la riconoscenza sia di Kennedy che di Krusciov. Anch'egli auspicava la completa riconciliazione dei popoli europei e la conservazione dei valori cristiani.

Paolo VI si era spinto oltre, praticando (specialmente attraverso monsignor Casaroli della Segreteria di Stato vaticana) una sorta di Ostpolitik, che mirava a stabilire buone relazioni con tutti i Paesi orientali (in particolare Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia, Jugoslavia e Russia), quale condizione per uno sviluppo comune dell’Europa, rispettoso delle libertà fondamentali.

Nel frattempo anche la Germania di Willy Brandt aveva adottato una politica di distensione e di collaborazione con la Polonia e l’Unione Sovietica, favorendo la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (1973-1975) e gli Accordi di Helsinki. Il Vaticano vi svolse un ruolo importante che Giovanni Paolo II ha proseguito. (Segue)

Giovanni Longu
Berna, 02.10.2024