02 settembre 2020

Immigrazione italiana 1970-1990: 23. Stampa ed emigrazione

I media italiani, dapprima la stampa scritta, poi la radio, la televisione, il cinema fino ai social attuali, si sono sempre interessati agli emigrati in Svizzera. Fin dall’Ottocento questi avevano capito che per risolvere i loro problemi bisognava che fossero conosciuti, nella speranza che la politica intervenisse per risolverli. Sapevano anche che le vie ufficiali, tramite Consolati e Ambasciata, erano difficilmente praticabili, sia per i complessi meccanismi burocratici e sia per la poca empatia di molti funzionari verso gli immigrati, mentre la stampa, in particolare quella di sinistra, più sensibile e più attenta, era più disponibile. Per questo gli immigrati l’hanno sempre preferita, fino all’avvento dei media moderni e alla diffusione di Internet.

La stampa nazionale

Alcune testate storiche della «stampa d'emigrazione»

La stampa nazionale si è sempre interessata agli emigrati italiani in Svizzera, ma fino al 1945 in maniera occasionale. L’interesse è cresciuto esponenzialmente con le grandi ondate emigratorie del secondo dopoguerra perché l’emigrazione costituiva un tema di scontro politico tra partiti di governo (a guida democristiana) e partiti di opposizione.

Molti servizi giornalistici degli anni Cinquanta, quando gli immigrati erano ancora pochi e provenivano dal Nord Italia, evidenziavano quasi solo aspetti positivi della vita e del lavoro degli emigrati, come pure della politica emigratoria italiana e di quella immigratoria svizzera. Negli anni Sessanta e Settanta, invece, i corrispondenti e gli inviati speciali delle grandi testate italiane, davano rilievo soprattutto alla condizione difficile di molti immigrati addossandone la responsabilità, a seconda delle testate, soprattutto alla rigidità della politica svizzera o alla debolezza del governo italiano.

L’interesse per l’emigrazione era dettato talvolta dall’importanza oggettiva delle notizie (accordi bilaterali, catastrofi, decisioni rilevanti delle autorità, ecc.), altre volte dal desiderio genuino d’informare il pubblico italiano sulla situazione lavorativa, abitativa, sociale degli emigrati, ma la scelta e la confezione delle notizie riflettevano quasi sempre anche l’orientamento politico dei giornalisti e delle testate. Raramente emergeva dagli articoli la complessità della materia dovuta a una politica federale strutturalmente debole (condizionata dal federalismo e dalla democrazia diretta), all’incertezza dell’evoluzione economica, alla mentalità conservatrice della popolazione che vedeva negli immigrati un pericolo più che un’opportunità, allo scarso interesse di molti di loro d’integrarsi.

La stampa «d’emigrazione»

Sicuramente, nei vari resoconti della stampa nazionale, molti immigrati italiani non si ritenevano (sufficientemente) rappresentati, specialmente nella stampa schierata politicamente. Sta di fatto che fin dall’Ottocento gruppi di immigrati hanno sentito il bisogno di una stampa propria, per una più diretta e ampia informazione tra gli aderenti e simpatizzanti. Le pubblicazioni si moltiplicarono, ma avendo quasi tutte una marcata impronta politica o sindacale s’indirizzavano a un pubblico ristretto senza grandi possibilità di ampia diffusione.

Delle testate dell’Ottocento è sopravvissuta solo quella dell’Avvenire dei lavoratori (dapprima Il Socialista e poi l’Avvenire del Lavoratore, oggi solo on-line), di orientamento socialista. Per contrapporsi alla stampa socialista (talvolta anticlericale) e di sinistra, si è cercato di sviluppare una stampa cattolica, ma nessun organo di stampa con questa caratteristica è sopravvissuto alla seconda guerra mondiale, fatta eccezione per il Corriere degli italiani, che nel 1962 ha ripreso L’Eco d’Italia (1926-1962), emanazione delle Missioni cattoliche italiane, già presenti in Svizzera dall’inizio del Novecento.

Con l’immigrazione di massa dall’Italia dopo il 1946, la cosiddetta «stampa di emigrazione» (settimanale, quindicinale, mensile o saltuaria) è per così dire esplosa, ma gran parte delle pubblicazioni hanno avuto vita breve. Delle testate più vecchie, oltre al Corriere degli Italiani, solo L’ECO, fondata nel 1966, con l’obiettivo di diventare un vero «Giornale per gli Italiani in Svizzera», sopravvive in piena forma. Nemmeno Emigrazione italiana (1947-87), lo storico organo della Federazione delle Colonie libere italiane (Agorà, dal 1988 al 1996), esiste più, per non parlare di altri organi minori da tempo scomparsi.

Contributo dei media

Non è possibile qui elencare anch
e solo le principali testate «storiche» dell’emigrazione italiana in Svizzera, ma non si può chiudere questa breve rievocazione senza ricordare che se la stampa nazionale ha contribuito a far conoscere in Italia la realtà emigratoria (oggi purtroppo in parte dimenticata), la stampa d’emigrazione ha contribuito a far crescere il livello informativo e culturale degli immigrati italiani e ha tentato, pur senza riuscirci, di sviluppare tra gli immigrati il senso di appartenenza a una realtà comune. (Segue)

Giovanni Longu
Berna, 2.10.2020

 

30 agosto 2020

Ricordando Mattmark



Nel maggio del 1965, mentre si lavorava alla realizzazione del grande lago artificiale di Mattmark (Vallese, Svizzera), il ghiacciaio Allalin sembrava tranquillo (in alto a sinistra nella foto). Si lavorava alacremente e niente (o quasi) lasciava presagire la disgrazia.

Il 30 agosto 1965, il giorno della catastrofe, circa 2 milioni di metri cubi di ghiaccio e detriti precipitarono dalla montagna fino a valle (foto sotto) travolgendo baracche, officine, mezzi e uccidendo 88 persone, di cui 56 italiane.

 

Da allora le disgrazie sul lavoro diminuirono drasticamente. Mattmark segnò una svolta non solo nella prevenzione e nelle misure antinfortunistiche, ma anche nella considerazione generale del fenomeno migratorio. I cambiamenti già in atto nella collettività italiana immigrata si accelerarono. I risultati più rilevanti non li vedranno tuttavia gli emigrati del dopoguerra, ma i loro figli (seconda generazione) e nipoti (terza generazione). Dovrà passare anche molto tempo prima che la popolazione svizzera prenda atto che la Svizzera è divenuta da tempo un Paese d'immigrazione e che dovrà cercare di convivere nel miglior modo possibile con gli immigrati.

Nel frattempo anche il ghiacciaio Allalin è cambiato perché non è più tornato allo stato in cui si trovava prima della disgrazia (foto sotto / gl 2010) e il Lago di Mattmark è divenuto un luogo ameno per escursionisti e un luogo della memoria della più grande tragedia del lavoro italiano in Svizzera.