L’obiettivo di questi articoli dedicati alla guerra in corso tra Russia e Ucraina è quello di fornire qualche elemento di riflessione non per individuare di chi è la «colpa» e suscitare odio verso il «colpevole», ma per ipotizzare vie d’uscita e a quali condizioni è possibile la pace. Individuando negli articoli precedenti le cause principali di questa guerra nei nazionalismi russo e ucraino e in qualche incertezza interpretativa di alcuni passaggi dello Statuto delle Nazioni Unite non intendevo certo mettere sullo stesso piano aggressore (Russia) e aggredito (Ucraina) o coinvolgere nelle responsabilità direttamente l’ONU. Intendevo dire che, a mio parere, ci sarà pace vera e «giusta» solo quando quelle cause saranno rimosse o ricondotte nell'alveo di un vasto consenso bilaterale e internazionale. A scanso di equivoci chiarisco ulteriormente il mio pensiero, pur rinunciando ad approfondimenti sul nazionalismo.
I nazionalismi russo e ucraino
![]() |
"La libertà che guida il popolo" di Eugene Delacroix (Louvre, Parigi) |
Quello ucraino è invece un nazionalismo
di tipo «statale» perché, in assenza anche in questo caso di un gruppo
etnico omogeneo, l’Ucraina cerca di fondare la sua identità nazionale esclusivamente
sulla cittadinanza e sull'integrità
territoriale e non sui principi della sovranità popolare. Una tale scelta, però, avrebbe dovuto comportare, anche secondo
lo Statuto ONU, non solo «il rispetto del principio dell’uguaglianza dei
diritti e dell’autodecisione dei popoli», ma anche «il rispetto e l’osservanza
universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza
distinzione di razza, sesso, lingua o religione» (Statuto ONU art. 55). Questo
non è avvenuto nelle regioni a maggioranza russofona.
Il fatto che si siano formati nell'Ucraina orientale Stati
«secessionisti» riconosciuti dalla Russia, intervenuta successivamente anche
militarmente invadendo il territorio ucraino, sta ad indicare che entrambi i
nazionalismi sono deflagrati pericolosamente, trascinando nel conflitto una
parte consistente dell’Occidente e gran parte dell’Europa, incapaci di superare
le ragioni del conflitto, anche perché forme di nazionalismo sono presenti sia
negli Stati Uniti (i principali sostenitori dell’Ucraina) che negli Stati
europei.
Fini e limiti dell’ONU
Non trovo sorprendente che entrambi i belligeranti si appellino
allo Statuto dell’ONU per giustificare le operazioni militari. E’ vero,
infatti, che il documento su cui si fonda buona parte del diritto
internazionale condanna senza mezzi termini «l’uso della forza contro
l’integrità territoriale» di uno Stato (Statuto ONU art. 2, n. 4), ma condanna implicitamente
anche il non rispetto del «principio dell’eguaglianza dei diritti e
dell’auto-decisione dei popoli».
Poiché entrambe le formulazioni sono formalmente corrette, le
autorità dell’ONU non avrebbero dovuto consentire che dal 2014 sia la Russia
che l’Ucraina le interpretino in modo arbitrario e, soprattutto, avrebbero
dovuto intervenire non solo ribadendo l’interpretazione autentica dello Statuto
in modo da evitare l’aggravamento della situazione, ma anche chiedendone il
pieno rispetto. Sarebbe bastato, forse, implementare, eventualmente con qualche
modifica condivisa, gli accordi di Minsk del 2014. Non va infatti dimenticato
che uno dei fini dell’ONU è proprio quello di «sviluppare tra le nazioni
relazioni amichevoli» invitandole a «praticare la tolleranza e a vivere in pace
in rapporti di buon vicinato».
Perché questa mediazione, difficile ma non impossibile, non
è avvenuta? A questo punto viene anche il dubbio che il non intervento
autoritativo dell’ONU sia dovuto all'opposizione di Stati potenti come gli Stati
Uniti e altri, per nulla interessati a un nuovo ordine giuridico sovranazionale
che comportasse un limite della propria sovranità. Resta l’esigenza, urgente,
di porre fine a questa guerra inutile e disastrosa. E’ possibile un compromesso
soddisfacente almeno per la Russia e l’Ucraina? (Segue)
Giovanni Longu
Berna 16 agosto 2023
Nessun commento:
Posta un commento