Dopo la seconda guerra mondiale, il desiderio di non vivere mai più tragedie come quelle vissute era molto diffuso. Numerosi osservatori, intellettuali e uomini politici auspicavano quale rimedio efficace una qualche forma di federalismo, per esempio sul modello svizzero, in grado di garantire l’unione (politica, economica, militare…) e il rispetto delle particolarità di ciascun popolo e di ciascuno Stato, ma senza mai affrontare il tema della sua realizzabilità. Ogni proposta, infatti, si sarebbe scontrata, fra l’altro, con la memoria ancora vivissima degli orrori della guerra, con la distinzione tra chi li aveva causati e chi li aveva subiti, l’indicazione degli scopi, dei costi, dell’organizzazione, senza dimenticare che qualsiasi ipotesi di riduzione della sovranità nazionale avrebbe urtato i forti sentimenti nazionalistici, presenti in tutti gli Stati, per non parlare delle nuove difficoltà dovute alla «guerra fredda» e alla spaccatura dell’Europa contesa dalle due superpotenze USA e URSS. Tre personaggi, il «trio» degli iniziatori dell’Unione europea De Gasperi, Adenauer e Schuman, che non si rassegnavano alla contingenza, optarono per il cambiamento.
Realismo e ottimismo
Alle espressioni Stati Uniti d’Europa, Federazione, Federalismo,
suggerite da Churchill e dai Federalisti
(cfr. articolo precedente), vennero preferite parole ritenute verosimilmente
più significative e praticabili: «Solidarietà», «Comunità», «Unione». Non
conosco le ragioni di queste scelte, ma corrispondono pienamente al pensiero
del «trio» e forse anche alla loro sensibilità religiosa, non indifferente al
racconto biblico delle prime comunità cristiane in cui «fra loro tutto era
comune» (At 4,32).
Politica dei piccoli passi
La corrispondenza al pensiero dei tre fondatori è facilmente
documentabile perché nessuno dei tre propose mai esplicitamente l’istituzione
di uno Stato federale o degli Stati Uniti d’Europa, ritenendola almeno
prematura. La politica da loro seguita fu quella dei piccoli passi, concreti e
ispirati alla sostenibilità e alla condivisione, come dimostrano, per esempio,
le proposte del 1950 dell’allora ministro degli esteri francese Robert Schuman (1886-1963).
Anzitutto,
affermava, «l'Europa non potrà farsi in una sola
volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete
che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L'unione delle nazioni esige
l'eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania». Il
richiamo alla riconciliazione tra Francia e Germania era pienamente condiviso
da Konrad Adenauer
(1876-1967), allora
cancelliere della Repubblica Federale di Germania e leader dell'Unione Cristiano-Democratica
(CDU). Entrambi, infatti, consideravano importante in generale la
riconciliazione tra vincitori e vinti, per una pacifica convivenza specialmente
tra popoli vicini. Ma anche Alcide De Gasperi
(1881-1954) ne era convinto e per questo cercò di risolvere
pacificamente nel 1946 col ministro degli esteri austriaco Karl Gruber (1909-1995) i problemi riguardanti la minoranza tedesca nell'Alto
Adige.
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Firma a Parigi del Trattato CECA il 18 aprile 1951. |
Grazie alla grande intesa tra Schuman e Adenauer e al
sostegno di De Gasperi e altri, l’anno seguente (1951) fu istituita con il
trattato di Parigi la Comunità Europea del Carbone e
dell’Acciaio (CECA) a cui aderirono sei Stati: Belgio, Francia,
Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi. Era la prima Comunità europea, un
esempio da seguire, reso possibile dall'intraprendenza, dal coraggio, ma anche
dallo spirito profondamente cristiano di tre protagonisti di cui si parlerà
anche nel prossimo articolo.
Con questa Comunità, importante per il contenuto e per il metodo, s'intendeva stabilire non solo la gestione in comune di due settori strategici, sottraendoli dalle mani di un solo Stato e stabilendo una amministrazione comune, ma anche per il metodo da seguire in futuro. Infatti essa era già caratterizzata da una forte impronta sovranazionale. (Segue)
Giovanni Longu
Berna 17.07.2024
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