Alle recenti elezioni russe ha vinto Vladimir Putin e, forse, non poteva essere altrimenti. Infatti Vladimir non è un nome qualunque, ma il nome di un vincitore divenuto un simbolo (nomen omen, un nome un destino, avrebbero detto i latini), il simbolo della vittoria e della continuità russa. Comunque le si voglia considerare, regolari o falsate, sono un dato di fatto di cui bisogna tener conto, anche in Occidente, perché rispecchiano una tendenza e una continuità più che millenaria. Non si può infatti dimenticare che la nascita della Russia avvenne a Kiev quando il principe Volodymyr, capo di una delle tribù slave che abitavano nella regione, riuscì a costituire un regno chiamato Rus’ di Kiev, confinante a sud con l’Impero bizantino, grazie a una politica e una fede divenute tradizionali in Russia.
La riuscita di Vladimir
Quando sul finire del Novecento alcuni generali cercarono di spodestare l’imperatore di Bisanzio (già Costantinopoli) Basilio II (976-1025), questi chiese rinforzi proprio alla Rus’ di Kiev, che inviò i soccorsi richiesti, pretendendo in cambio la promessa di un’alleanza su base matrimoniale: l’imperatore avrebbe acconsentito al matrimonio di sua sorella Anna Porfirogenita col principe Volodymyr. Nel 988 gli alleati sconfissero i generali ribelli e l’imperatore dovette mantenere le promesse.
Prima del matrimonio, Volodymyr dovette però convertirsi al cristianesimo e farsi
battezzare, prendendo il nome slavo-russo di Vladimir. A sua volta, dopo il matrimonio, fece battezzare il suo popolo e da
allora Kiev divenne capoluogo di una nuova provincia ecclesiastica (con un
metropolita sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli) e un
importante centro di diffusione del cristianesimo tra i popoli slavi, che
poteva contare sul sostegno di numerose chiese e monasteri.
Quando Vladimir morì
(1015) il suo corpo fu diviso in tante parti per essere distribuite fra le
chiese e i monasteri che aveva fondato, ma anche il suo regno andò a pezzi (principati
indipendenti). Cercò di raccoglierne l’eredità politica e spirituale dapprima il
principato di Vladimir, allora il più esteso (a nord-est della Rus’ di Kiev),
con capitale Vladimir (fondata tra il 990 e il 1108), che venne
ingrandita e abbellita con chiese, monasteri ed edifici associati (oggi appartenenti al patrimonio mondiale
dell’UNESCO). Nel XIII secolo, quando la Rus’ di Kiev fu invasa dai Mongoli, il
principato si disgregò in 11 piccoli principati autonomi, uno dei quali era quello
di Moscova, la regione attorno a Mosca (originariamente un villaggio di pescatori fondato nel 1147 sulle rive
del fiume Moscova).
Da Vladimir a Mosca
Nel XIII-XIV secolo il
principato di Moscova si estese fino a comprendere non solo il principato di
Vladimir, ma l’intero territorio della Rus’ di Kiev, raccogliendone di fatto l’eredità
politica e spirituale. Il suo potere politico era diventato così incontrastato da
giungere a patti anche con i Mongoli (i quali riconobbero al principe Ivan I il
titolo di Gran Principe di Vladimir nel 1328). Sul terreno religioso, invece, i
successi arrivarono più lentamente a causa di difficoltà interne ed esterne
alla Chiesa d’Oriente dopo il Grande Scisma del 1054, che aveva sancito la
separazione dalla Chiesa di Roma.
Data l’importanza
crescente della Russia, nel 1448 la chiesa russa decise di separarsi dal
Patriarcato di Costantinopoli. Nel 1453, quando Costantinopoli fu presa dai musulmani
Ottomani, per la chiesa russa sembravano aprirsi nuove prospettive. Le
ambizioni cominciarono a diventare realtà nel 1547 quando il Granducato di
Mosca divenne Regno russo e Ivan IV assunse il titolo di zar. Nel 1589 la sede
ecclesiastica di Mosca fu elevata a patriarcato alla pari, di fatto, degli
altri quattro patriarcati della Chiesa ortodossa (Costantinopoli, Alessandria
d’Egitto, Antiochia e Gerusalemme).
A quel punto Mosca poteva
ambire a diventare una grande capitale, corrispondente al prestigio e
all'importanza che il Regno stava acquistando nel mondo. Tra le prime costruzioni
della nuova capitale, che nelle intenzioni dello zar doveva diventare per
prestigio e importanza la «terza Roma», va ricordata la cattedrale di San
Basilio sulla Piazza Rossa (1555-1561), con lo stile inconfondibile di molte
chiese russe con evidenti influenze dell’architettura bizantina.
Più
tardi, con lo zar Pietro il Grande (1672-1725), la capitale fu trasferita in
una città nuova di zecca, San Pietroburgo, edificata e abbellita secondo
i modelli più accreditati dell’Occidente. Mosca perse prestigio, ma conservò sempre
una certa vivacità, diventando un importante centro commerciale e industriale.
All'inizio del secolo scorso fu investita dalla rivoluzione russa seguita dalla
guerra civile che provocò gravi danni alla città. Nel 1918 la capitale fu
nuovamente riportata a Mosca, ma solo dopo la guerra civile (1921) si riprese
completamente dallo sfacelo. I moscoviti riebbero la «loro» città, che amavano
più di San Pietroburgo, benché meno bella, perché più corrispondente al
sentimento «slavo» e alla coscienza religiosa del popolo. Per molti credenti Mosca
era rimasta la «città santa», la più vicina alla Gerusalemme celeste
dell’Apocalisse di san Giovanni, tanto da chiamare la cattedrale di San Basilio
anche Ierusalim.
L’attualità nella continuità
Vladimir I, alleandosi con l’impero bizantino e
convertendosi al cristianesimo, allora le due forze che reggevano il mondo, «riuscì
a fondere in un solo popolo tutte le sue tribù e introdusse la Russia intera
nella famiglia dei popoli europei. Da quel momento la Russia [Rus’ di Kiev] non
era più un paese barbarico» (Bonanate M. 1988). Per essere riconosciuta un
grande Paese, la Rus’ di Kiev aveva avuto bisogno di una capitale
rappresentativa, una «città santa» in grado di esprimere contemporaneamente il
potere terreno e il potere spirituale, come era avvenuto con Kiev, poi con Vladimir
e ora con Mosca.
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Vladimir Putin, vincitore assoluto delle elezioni 2024 |
Per capire la portata delle recenti elezioni russe
bisognerebbe tener presente la tradizione politica russa, che ha sempre
considerato il «popolo russo» non come una somma di etnie diverse, ma come un’unica
entità, da tenere unita e da difendere a qualunque prezzo, dovunque si trovasse.
Come avrebbe reagito chiunque avesse avuto il potere di Vladimir Putin se avesse avuto la convinzione che
propri concittadini fossero stati privati di diritti fondamentali?
E siccome in Russia tra potere politico e potere religioso
non c’è vera separazione ma piuttosto sovrapposizione, bisognerebbe tener conto
anche del fatto che pure per la chiesa russa non esiste separazione tra i russi
che stanno in Russia e i russi che ne stanno fuori, dunque, per esempio, tra Russia
e Ucraina. «Per questo, nel 2018, quando il patriarcato ecumenico di
Costantinopoli ha riconosciuto l’autonomia alla Chiesa ortodossa nazionale
dell’Ucraina, con la nascita del patriarcato di Kiev, Mosca ha rotto qualsiasi
relazione con entrambi, catalogando la nuova conformazione ucraina come
“scismatica”» (Mattonai P. 2022).
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Il patriarca Kirill per una pace russa! |
Non ci si dovrebbe dunque meravigliare se Putin abbia stravinto
le elezioni presidenziali del 2024 e tantomeno non accettare l’esito
elettorale, perché esso corrisponde in larga misura al sentimento nazionale
(nazionalistico?) dei russi. L’esito non piace? Putin non piace? Bisogna
farsene una ragione, perché questo è il mondo russo, piaccia o non piaccia, e
non saranno certamente le sanzioni, le esclusioni o, peggio ancora, una guerra
ad oltranza a far cambiare idea e sentimenti a generazioni di russi.
A noi occidentali Putin può non piacere, anzi non piace
affatto; ma non per questo dovrebbe non piacere nemmeno ai russi. Nella storia
russa ci fu uno zar, Ivan IV, che il popolo
aveva soprannominato «Il terribile». A noi potrebbe sembrare che il popolo
dovesse odiarlo, ma non lo odiava affatto, anzi gli era devoto perché era
«terribile» nei confronti dei «boiardi», i grandi burocrati (oggi diremmo i
grandi oligarchi), perché spesso non agivano nell'interesse del popolo.
Non credo che di Putin si possa dire la stessa cosa, ma non dovrebbe essere il suo popolo a deciderlo? E se il popolo lo ha in qualche modo premiato per il suo modo di agire risoluto, perché non prenderne atto? A meno che si preferisca pensare che la stragrande maggioranza del popolo russo sia stata turlupinata dalla propaganda ingannevole di Putin o costretta a votare sotto minacce o, peggio ancora, che i russi siano incapaci d’intendere e di volere!
Domande fondamentali
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Papa Francesco, da anni invoca la pace! |
1. Per rimediare al presunto errore bisogna continuare ad alimentare l’odio, proseguire una guerra micidiale e distruttiva, incoraggiare la produzione di armamenti che dilapidano i risparmi dei popoli coinvolti, sostenere partiti ottocenteschi nazionalisti?
2. Davvero non è possibile trattare su un assetto territoriale rispettoso degli abitanti, sui vantaggi della pace e della collaborazione, sul «rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione» (art. 1 della Statuto ONU)?
3. Ci si rende conto che sul fronte muoiono ogni giorno giovani (e sono già tanti, troppi!) a cui qualcuno ha negato il diritto di vivere, di crescere, di farsi una famiglia?
Giovanni Longu
Berna 21.03.2024
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