Con la diffusione del Cristianesimo e della cultura umanistico-rinascimentale in quasi tutte le regioni del continente, dall'Atlantico agli Urali, l’Europa sembrava avviata verso una condizione di grande stabilità e di sviluppo unitario. Due elementi in particolare impedirono questa tendenza: la Riforma protestante e il nazionalismo. Con la prima si ruppe drasticamente non solo l’unità religiosa europea, rappresentata fino ad allora dalla Chiesa di Roma, ma anche una visione unitaria dell’Europa; col secondo elemento si accentuò in maniera pressoché irreversibile (fino ai nostri giorni) la tendenza alla creazione e al rafforzamento degli Stati nazionali. La guerra dei Trent'anni (1618-1648) ne fu una drammatica dimostrazione e la sua conclusione con la Pace di Vestfalia una conferma.
La
Riforma protestante
Le conseguenze della Riforma furono enormi anche al di fuori dell’ambito
religioso. Per esempio, essa rappresentò in Europa la rottura di una linea di
tendenza che sembrava volta al rafforzamento dell’unità e dello sviluppo comune
dei popoli europei, avviato con Carlo Magno e proseguito con i sovrani del
Sacro Romano Impero e la conversione al cristianesimo dei popoli slavi. Anche
se, probabilmente, più che di una tendenza reale si trattava di un sogno o di un
desiderio, abbozzato nel XV secolo dall'umanista italiano Enea Silvio
Piccolomini e futuro papa Pio II (1405-1464) nel De Europa del 1458, quell'idea e quel sogno avevano
raggiunto un buon livello di realtà attraverso l’adesione di tutti i popoli
europei al Cristianesimo, anche se organizzato differentemente in Oriente e in
Occidente. La Riforma è stata considerata a lungo come una spaccatura più che
nel Cristianesimo nella Cristianità. E siccome per secoli Europa e Cristianità
avevano coinciso in larga misura (cfr. https://disappuntidigiovannilongu.blogspot.com/2024/03/9-leuropa-umanistica-e-rina.html), la Riforma fu
vista da molti come un elemento di rottura forse irrimediabile anche nella
fragile Europa.
La Riforma sollevò non pochi problemi anche dal punto di vista «politico»,
perché le divisioni fra protestanti e cattolici avvenivano non solo fra Stati
ma anche all'interno di uno Stato (in Svizzera tra Cantoni cattolici e Cantoni
protestanti si sfiorò la guerra civile!). Inoltre, con questa ulteriore
divisione (oltre a quelle politiche) l’Europa nel suo insieme finiva per
perdere un efficace incentivo all'unità. Infatti, nei secoli, l’unica forza o
comunque la principale che era riuscita a compattare tutti o molti Stati per
difendere i territori dalla minaccia di avversari temibili (Islam, Impero
Ottomano) era stata la religione cristiana. In Europa, per secoli la «civiltà
occidentale» è stata la «civiltà cristiana».
Nascita
e diffusione dei nazionalismi
![]() |
Nazionalismi all'opera in una mappa satirica del 1870. |
La Riforma protestante ha contribuito indirettamente allo sviluppo dei
nazionalismi perché l’accentuazione delle specificità dei vari popoli
relativizzava l’esigenza dell’unità dei cristiani. Inoltre, benché la Riforma
sia avvenuta all'interno della religione cristiana, la separazione da Roma e la
negazione del primato religioso del papa, ha finito per rafforzare le capitali
dei singoli Stati, soprattutto dopo la Pace di Augusta del 1555, in cui fu
stabilito il principio (valido in Germania, ma applicato talvolta anche
altrove) del cuius regio eius religio («di chi [è] la
regione, di lui [sia] la religione»), che sanciva l'obbligo per il cittadino di
seguire la confessione religiosa del suo sovrano.
In conclusione, per motivi di identità etnico-religioso-culturale,
per motivi di dominio e controllo dei propri cittadini (per fini tributari, di
reclutamento, ecc.) o altri motivi, il nazionalismo dei singoli Stati finì ben
presto per prevalere su ogni altro interesse comune, persino quello della pace.
E fu la fine (speriamo provvisoria) dell’idea di un’Europa unita.
Giovanni Longu
Berna 27.3.2024
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