Come detto nell'articolo precedente, ritengo la via della pace tra Russia e Ucraina lunga e difficile, ma non impossibile. Le condizioni esterne (clima e pressioni internazionali) e interne (desiderio assoluto di vivere in pace sia degli ucraini che dei russi) sono favorevoli sia per il cessate il fuoco che per l’avvio del negoziato di pace. Se ciò non dovesse avvenire in tempi brevi, mi pare ovvio che la responsabilità ricadrebbe principalmente sui due capi di Stato di Russia e Ucraina, Putin e Zelensky, ma anche sui governi degli Stati che contribuiscono in qualsiasi forma ad alimentare questa guerra. Stanno infatti abusando dei loro poteri e i popoli dovrebbero tenerne conto al momento delle elezioni.
Interessi degli
abitanti al primo posto
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Papa Francesco: «La pace è possibile, se davvero voluta» |
A ulteriore chiarimento e completamento di quanto già affermato
negli articoli precedenti sulle condizioni essenziali per avviare serie
trattative di pace, vorrei ribadire che al primo posto dovrebbe figurare l’interesse
degli abitanti dei territori contesi. Questo corrisponde anche allo spirito
dello Statuto dell’ONU non solo quando
richiama i diritti fondamentali dell’uomo e le libertà fondamentali per tutti
«senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione», ma anche quando
afferma «il principio che gli interessi degli abitanti [dei territori la cui
popolazione non abbia ancora raggiunto una piena autonomia] sono preminenti» e
chiede il «rispetto del principio dell’uguaglianza dei diritti o
dell’autodecisione dei popoli».
Del resto, nella coscienza
giuridica delle democrazie mondiali è ormai consolidato il principio che la
sovranità appartiene primariamente al Popolo e non allo Stato e tanto meno al
Governo, per cui gli interessi del popolo che abita un determinato territorio sono
prioritari rispetto agli interessi della politica e dello Stato. Pertanto,
la sovranità, come affermano ormai tutte le costituzioni democratiche del mondo
(anche quella italiana), appartiene primariamente al Popolo, non allo Stato. Senza
questa premessa di diritto internazionale non sarà possibile nessuna trattativa
di pace tra Russia e Ucraina.
Questo concetto era ben presente anche nei negoziatori del
secondo Accordo di Minsk del 2015 ed è
difficile accettare che i due Stati europei Germania e Francia, firmatari di
quell'accordo (Protocollo di Minsk II), si siano dimenticati di quanto avevano
sottoscritto allora. Uno dei punti principali dell’accordo era il seguente: «Effettuare la riforma costituzionale in Ucraina […] che
preveda come elemento cardine la decentralizzazione e prevedere una
legislazione permanente sullo status speciale delle aree autonome delle regioni
di Donetsk e Lugansk che includa, inter alia, la non punibilità e la non
imputabilità dei soggetti coinvolti negli eventi avvenuti nelle citate aree, il
diritto all'autodeterminazione linguistica, la partecipazione dei locali organi
di autogoverno nella nomina dei Capi delle procure e dei Presidenti dei
tribunali delle citate aree autonome».
Ripartire da quelle
affermazioni, non necessariamente riproponendole tali e quali significherebbe
dare un contributo oggettivo all'avvio dei negoziati. Perché, invece, Germania
e Francia, non osano scostarsi dalla linea più rigida della Nato
e degli Stati Uniti?
Opinione pubblica
determinante
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Per mons. Zuppi, mediatore tra Russia e Ucraina, «la pace è sempre possibile. Difficile, ma possibile» |
A questo punto, visto che le
operazioni militari provocano solo morte e distruzione, che la conquista di
qualche chilometro quadrato non vale certo le migliaia di morti e i danni
incalcolabili che provoca, che a sostenere la guerra sono ormai quasi solo
interessi economici (militari) e di potere, che gli interessi degli ucraini
hanno sempre meno peso e che a ricordarsi dell’Ucraina «terra martoriata che
soffre tanto» è rimasto quasi solo papa Francesco, ad imporre un
immediato cessate il fuoco e avviare un serio negoziato di pace potrebbe essere
solo una forte presa di coscienza e una ribellione dell’opinione pubblica
occidentale.
Sarebbe anche auspicabile che la Svizzera, Paese (ancora) neutrale e con una storia esemplare nella soluzione di situazioni conflittuali analoghe a quelle combattute oggi in Ucraina e grandi capacità di mediazione, non rinunciasse ai tradizionali «buoni uffici» e proponesse soluzioni valide e sostenibili. All'argomento sarà dedicato il prossimo articolo. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 6.9.2023
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