Dopo quasi 19 mesi di guerra tra Russia e Ucraina e il
fallimento di tutti i tentativi di mediazione, il pessimismo su un prossimo
avvio di trattative di pace aumenta, pur restando possibile, anzi doverosa
(cfr. articoli precedenti). Basterebbe che invece di produrre armi a favore
dell’una o dell’altra parte, l’Europa e l’ONU investissero maggiori energie per
cercare di appianare le divergenze tra i due belligeranti. In questa situazione
mi colpisce in particolare l’inerzia della Svizzera, nonostante la lunga
tradizione dei suoi buoni uffici e, soprattutto, l’esperienza storica di
convivenza pacifica e fruttuosa di etnie, culture, lingue, tradizioni,
confessioni religiose diverse. Eppure l’esempio svizzero potrebbe essere un
modello vincente anche nell'attuale conflitto russo-ucraino. Merita ricordarlo.
Situazione iniziale difficile anche per la Confederazione
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Svizzera, modello per la pace in Ucraina? |
Poiché nella storia, nonostante
i corsi e ricorsi storici teorizzati dal filosofo napoletano Giambattista Vico
(vissuto a cavallo tra Seicento e Settecento), le situazioni sono sempre
diverse e quelle che caratterizzano il dissidio tra Russia e Ucraina non fanno
eccezione, potrebbe apparire azzardato proporre per la sua soluzione un metodo
collaudato e riuscito altrove e in altri tempi. All'obiezione si potrebbe
tuttavia rispondere che qui non si tratta di cercare analogie sui fatti, ma di
esaminare se il metodo svizzero di far convivere le differenze è adottabile
anche nel contesto russo-ucraino.
Chi conosce anche solo
sommariamente la storia svizzera sa benissimo che la Confederazione moderna è
nata (nel 1848) sostanzialmente per un atto
di volontà comune degli svizzeri e degli
Stati europei circostanti e non a seguito di conquiste territoriali o
smembramenti e neppure per uno sviluppo naturale di sentimenti nazionalistici
dei suoi abitanti come razza, lingua, religione, cultura, vincoli
territoriali, economici, politici, sociali o altro.
La Svizzera ha potuto sopravvivere a grandi difficoltà
(prima e seconda guerra mondiale, dissidi interni, ecc.) perché ha saputo mantenere
salda e irremovibile la volontà dei suoi abitanti di
stare insieme, respingendo ogni volta i forti richiami nazionalistici della
Francia, della Germania e dell’Italia. Già quando si stava per costituire nel
Nord Italia la Repubblica Cisalpina (1797) e i ticinesi furono invitati ad
aderirvi («Popoli dei Baliaggi! Noi siamo liberi, e siamo italiani, una sola famiglia.
Volgete lo sguardo alle fertili pianure Cisalpine dove portate le arti, e
l’industria vostra, e donde traete il vostro sostentamento. Rammentatevi che
dalla Cisalpina avete il pane, e dall’Elvezia non vi potete aspettare che dei
sassi»), essi rifiutarono preferendo restare «liberi e svizzeri».
Quella volontà fu cementata nel 1848 con una Costituzione federale, entrata in vigore il 12
settembre 1848, che stabiliva i principi fondamentali della Confederazione
Svizzera e regolava i rapporti tra i Cantoni e di questi con la Confederazione
(federalismo). Soffermarsi su alcuni principi fondamentali mi sembra importante
non solo per capire la solidità e la prosperità dello Stato svizzero, ma anche
per comprendere come l’architettura dello Stato, se è solida, e la fedeltà ai
principi riescono a superare grandi ostacoli.
La sovranità popolare
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12.09.1848: entrata in vigore della Costituzione federale (litografia di C. Studer) |
Poiché anche i Cantoni hanno nella sovranità popolare
(cantonale) il loro fondamento, sono considerati anch'essi «sovrani» (art. 3),
tant'è che nell'attuale Costituzione federale (1999) Popolo svizzero e Cantoni
sono indicati separatamente: «Il Popolo svizzero e i Cantoni di Zurigo, Berna
[…] costituiscono la Confederazione Svizzera» (art. 1).
Non c’è dubbio tuttavia che la sovranità popolare è alla
base della democrazia che la prima Costituzione federale ha inteso introdurre
nella politica svizzera. Ne danno prova in particolare alcuni articoli, quando
si afferma, per esempio, che «tutti gli svizzeri sono uguali innanzi alla
legge» e «nella Svizzera non vi ha sudditanza di sorta, non privilegio di luogo,
di nascita, di famiglia o di persona» (art. 4), sono garantiti «la libertà, i
diritti del popolo e i diritti costituzionali dei cittadini» (art. 5), «il
libero esercizio di culto delle Confessioni cristiane riconosciute» (art.44),
«la libertà di stampa» (art. 45), «il diritto di formare associazioni» (art.
46), ecc. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 13.9.2023
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