Il modello svizzero per la pace in Ucraina potrebbe non essere quello vincente, ma alcuni elementi potrebbero contribuire a risolvere l’attuale stato di guerra e a gettare le basi per uno sviluppo sostenibile dell’intera regione. La Svizzera moderna è nata nel 1848 (anno di grandi rivoluzioni in Europa) dopo un principio di guerra civile, adottando una Costituzione federale che si è dimostrata in grado di trasformare motivi di tensioni (linguistiche, culturali, confessionali, economiche, politiche…) in elementi utili di sviluppo (interno e internazionale). Alla base dell’ordinamento statale (federale e cantonale) furono poste nella politica interna la sovranità popolare (cfr. articolo precedente) e nella politica estera la neutralità attiva. Entrambe in 175 anni hanno dato buona prova, anche se da qualche decennio sembrano bisognose di ritocchi. Il modello, però, è sostanzialmente ancora in grado di funzionare e merita pertanto qualche approfondimento.
Cantoni uguali e sovrani
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La Svizzera ha preferito l'unità dei Cantoni, sovrani e uguali. |
Considerare a livello costituzionale i Cantoni uguali, per
dignità e potere sovrano (cantonale), fu una decisione coraggiosa e saggia
perché evitava che eventuali sensi di frustrazione e discriminazione dei
Cantoni sconfitti dessero adito in futuro ad altri tentativi
secessionistici. Fu anche una scelta vincente perché, grazie alla loro
inclusione, la coesione nazionale ne uscì rafforzata e il giovane Stato
federale poté intraprendere con successo la via del progresso fino al
raggiungimento dei livelli di sviluppo degli Stati vicini.
Del resto, senza il contributo di
tutti, senza coesione nazionale, come avrebbe potuto la nuova Confederazione
realizzare gli obiettivi ambiziosi che si era dati all'articolo 2 della
Costituzione, ossia «di sostenere l’indipendenza della Patria contro lo
straniero, di mantenere la tranquillità e l’ordine nell'interno, di proteggere
la libertà e i diritti dei Confederati e di promuovere la loro comune prosperità»?
A giusta ragione, alcuni giorni fa, il Presidente della Confederazione Alain Berset ebbe a dire
che «la fondazione della Svizzera moderna fu un colpo da maestro, un’impresa
ardita, un atto di conquista del futuro».
Berset ricordava pure che «la
Svizzera moderna creata nel 1848 presentava però anche importanti “difetti di
costruzione”. Quella che a tutti sembrava una democrazia modello, in realtà era
soltanto una semi-democrazia, visto che donne, ebrei e poveri ne
rimasero esclusi. In parte per molto, molto tempo». Verissimo! Ma basta guardarsi
indietro e si nota quanto la Svizzera, grazie alle sue istituzioni abbia
rimediato a gran parte degli errori del passato e sia cresciuta, non solo nell'ambito della prosperità comune, ma anche
nell'affermazione dei principi e dei diritti democratici, come pure nella
considerazione internazionale.
La neutralità è stata fondamentale
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Neutralità sì, ma armata! |
Attualmente è oggetto di grandi discussioni anche all'interno
del Paese e non si intravede in quale forma verrà mantenuta, ma è innegabile ch'essa
ha contribuito enormemente allo sviluppo del Paese e pertanto può essere ancora
considerata un elemento integrante del modello svizzero che potrebbe
contribuire alla pace in Ucraina. Merita tuttavia qualche approfondimento, in
questo e nel prossimo articolo.
Anzitutto va dato atto alla nuova Confederazione di aver
informato subito tutti gli Stati con cui intratteneva rapporti diplomatici
sulla propria «neutralità», riconosciuta e garantita dalle grandi potenze (Austria,
Francia, Gran Bretagna, Prussia e Russia) del Congresso di Vienna (1815).
Questa informazione (importante per far comprendere che non si trattava di una
scelta unilaterale di convenienza) era solitamente accompagnata dall'avvertenza
che la Svizzera non avrebbe tollerato in alcun modo qualsiasi forma di
violazione della sua sovranità territoriale (dando ad intendere che si trattava
di una neutralità «armata»), ma soprattutto dall'intenzione del nuovo Stato di
instaurare e sviluppare buoni rapporti di vicinanza soprattutto con i Paesi
confinanti. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 20.09.2023
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