La prima guerra mondiale, come del resto tutte le guerre, non fu combattuta solo sui fronti militari da eserciti agguerriti, ma comprese altre guerre di cui poco si sa e si scrive. Forse pochi sanno che proprio in Svizzera si svolse un’agguerrita attività di propaganda tra le potenze belligeranti europee e che ai suoi confini si sviluppò un’intensa attività di contrabbando tra la Svizzera e i Paesi confinanti.
Guerra di propaganda
Il Museo della comunicazione e la Biblioteca nazionale
svizzera di Berna hanno allestito un’interessante mostra (che resterà aperta
fino al 9 novembre 2014) sulla guerra della propaganda («Sotto il fuoco della
propaganda. La Svizzera e la prima guerra mondiale») combattuta dalle potenze
belligeranti in questo Paese neutrale e culturalmente diviso.
Cartolina postale dell'epoca, che ritrae la Svizzera come un'isola di pace. |
Le varie potenze non lesinarono risorse finanziarie per organizzare centrali di propaganda, comprare spazi pubblicitari sulla stampa locale, finanziare giornali, stampare manifesti e cartoline, volantini e fotografie, diffondere filmati e registrazioni audio, pubblicare libri e riviste, organizzare mostre ed esposizioni nelle principali città svizzere, fondare agenzie di stampa, ecc.
Ci fu anche chi, come Carlo Spitteler, cercò di
evidenziare «il punto di vista svizzero» per salvaguardare la
coesione
nazionale superando le divisioni interne, ma l’impresa riuscì solo in parte.
Politici, intellettuali, imprenditori, centrali sindacali dovranno lavorare
ancora a lungo prima di giungere a riempire i fossati tra le varie regioni e
componenti etnico-culturali del Paese.
Guerra economica e contrabbando
La prima guerra mondiale fu pure una guerra economica che
coinvolse anche la Svizzera neutrale. Nell'ambito di questa guerra ebbe una
parte notevole il contrabbando, sia nella sua forma tradizionale che in quella
particolare che coinvolge direttamente gli Stati.
La prima forma, che ha origini lontane, ad esempio tra la
Svizzera e l’Italia, nel corso della prima guerra mondiale ha avuto una
recrudescenza dovuta alle difficoltà tipiche incontrate dalle popolazioni delle
regioni di confine in seguito alla perdita di posti di lavoro e alla chiusura
delle frontiere. La seconda, tra Paesi belligeranti e non, si manifesta
soprattutto quando perdura l’economia di guerra e quando gli approvvigionamenti
regolari diventano difficili o impossibili. La Svizzera, durante la prima
guerra mondiale, si è vista costretta ad accettare questa forma di contrabbando,
soprattutto con alcuni Paesi belligeranti, nonostante la sua neutralità.
Il contrabbando «tradizionale» ai confini svizzeri non
riguardò solo l’Italia, ma anche la Francia, la Germania e l’Austria,
soprattutto dopo l’entrata in guerra dell’Italia (maggio 1915). E’ forse a
causa dell’estensione del fenomeno che nel periodo bellico la stampa svizzera rilevava
frequentemente episodi di contrabbando non solo di piccole quantità di merci,
ma anche di grandi.
Facevano tuttavia più scalpore nell'opinione pubblica, soprattutto
di area socialista, le notizie riguardanti un presunto contrabbando su larga
scala tra la Svizzera ufficiale e i Paesi belligeranti, specialmente la
Germania. Si parlava ad esempio di grossi quantitativi di cereali che, giunti in
Svizzera per il consumo interno, venissero fatti proseguire per altri Paesi in
guerra, violando di fatto lo statuto di Paese neutrale. Nel 1915 il quotidiano
socialista Libera Stampa denunciò a più riprese che molti vagoni di riso
provenienti dall'Italia e dalla Francia andassero a finire in Germania, dove il
riso mancava, con grande disappunto sia dell’Italia che della Francia.
Col perdurare della guerra
commerciale fra gli Stati belligeranti e l’acuirsi delle difficoltà di
approvvigionamento per la Svizzera, a partire dal 1915 il Consiglio federale
dovette cedere a qualche compromesso, soprattutto con la Germania. Tanto è vero
che, come scrive lo storico Marc Perrenoud nel Dizionario storico della
Svizzera, «il Reich, che aveva bisogno di diversi prodotti svizzeri, continuò a
fornire carbone e altre materie prime. Tenendo segrete alcune transazioni e
approfittando della rivalità fra l'Intesa e gli Imperi centrali, fin dai primi
mesi di guerra i dirigenti economici svizzeri esaminarono le occasioni che si
presentavano sul mercato estero. La produzione di munizioni, di alluminio, di
rame, di cemento e di altri prodotti utili ai belligeranti conobbe uno sviluppo
considerevole».
Contrabbando tra l’Italia e la Svizzera
Il contrabbando tra la Svizzera e l’Italia fu sempre
combattuto soprattutto dai governi italiani, mentre veniva tollerato dalle
autorità svizzere. Quando, verso la fine dell’Ottocento, il danno del
contrabbando all’erario italiano sembrò particolarmente consistente, il governo
regio fece erigere per oltre duecento chilometri lungo il confine
italo-svizzero la famosa «ramina», una rete metallica dotata di campanelli per allertare
le guardie di confine durante i tentativi di scavalcamento.
Si
contrabbandava di tutto, ma soprattutto generi alimentari, specialmente farina,
riso, zucchero o saccarina, caffè, zafferano, ortaggi, pesce fresco, latte e
burro, conserva di pomodoro, orologi, cotone, seta, ma anche armi e parti di
armi da fuoco. Naturalmente non c’era solo il contrabbando dalla Svizzera
all'Italia, ma anche in direzione opposta, soprattutto dopo la chiusura delle
frontiere degli imperi centrali e poi della Francia e dell’Italia.
Il contrabbando era punito severamente dalle autorità
italiane perché procurava un grave danno all'erario. I contrabbandieri colti in
fragrante erano severamente puniti col sequestro della merce trasportata, con
multe salatissime e persino con l’arresto. Il tentativo di fuga poteva essere
molto rischioso, tanto è vero che molti contrabbandieri persero la vita
precipitando in burroni o uccisi dalle guardie di finanza italiane (raramente
dalle guardie di confine svizzere). La Svizzera era generalmente più
tollerante, almeno fin quando il contrabbando non produceva danni all'erario
svizzero.
Allora la forma più frequente e più nota di questo commercio
illecito (ma dagli interessati e da gran parte della popolazione della regione
di confine per nulla disapprovato) era il trasporto a spalla della merce in
«bricolle» (grosse sacche di juta) da parte degli spalloni, ma erano praticate
anche molte altre forme di contrabbando più o meno ingegnose.
Varie forme di contrabbando
Già all'inizio del secolo scorso i vettori utilizzati dai
contrabbandieri erano molteplici e ingegnosi. Per ferrovia, via acqua e
soprattutto per terra attraverso la ramina.
Per ferrovia non era raro che in un carro proveniente dalla
Svizzera la merce indicata nella dichiarazione d’accompagnamento non
corrispondesse al contenuto effettivo illecito ma ben camuffato, come quella
volta in cui le guardie di finanza scoprirono che i «recipienti di carburo di
calcio» contenessero effettivamente ben 4000 kg di caffè e 300 kg di noci moscate.
Nel 1912 era stato scoperto dai doganieri italiani un
contrabbando di 67 kg
di saccarina («questo ricercatissimo prodotto di proibita importazione») occultata
in un carico di cinque balle di fogli di legno da impellicciare. In una di esse
era stato ricavato un vuoto dove sembrava impossibile scoprire il contenuto
dolcificante.
Le cronache giudiziarie italiane e svizzere del periodo
della guerra sono piene di episodi di contrabbando. Esso rispondeva in molti
casi a soddisfare bisogni primari delle popolazioni delle regioni di confine,
ma altre volte serviva ad alimentare il mercato nero.
I protagonisti diretti del contrabbando non erano solo i
poveri spalloni di cui ancora oggi si racconta con un po’ di romanticismo, ma
anche persone avide, magari incensurate e apparentemente irreprensibili, che
organizzavano il contrabbando in efficienti centrali al di qua e al di là del
confine. Spesso il contrabbando era reso possibile dalla complicità di guardie
di finanza, guardie di confine, funzionari di dogana e delle poste. Inoltre, parteciparono
al contrabbando non solo spalloni «professionisti», ma anche spalloni
occasionali, ladruncoli, giovani amanti del rischio e persino persone apparentemente
insospettabili come preti, persone
liberate dalle patrie galere, nobili decaduti, ecc.
Protagonisti
furono anche alcuni Stati o istituzioni statali. Non so se si riuscirà mai ad
appurare l’intera verità storica relativa ai rapporti internazionali durante la
prima guerra mondiale, ma credo che si possa comprendere quanto sia stato
difficile, almeno per qualche Stato, garantire per tutta la durata del
conflitto la sopravvivenza della propria gente. La Svizzera in particolare,
anche se non coinvolta direttamente nella guerra, tra il 1914 e il 1918 ebbe
grandi difficoltà ad assicurare gli approvvigionamenti vitali. Forse qualche
compromesso in meno sarebbe stato possibile, ma col senno di poi non si può
fare la storia.
Giovanni
Longu
Berna 10.09.2014
Berna 10.09.2014
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