Le cronache su quel che sta avvenendo nell’Europa orientale non lasciano purtroppo ben sperare: nella migliore delle ipotesi, infatti, i problemi all'origine della crisi ucraina verranno repressi ma non eliminati. Essi hanno origini lontane e può essere utile ricordarle.
Ucraina: un Paese quasi sconosciuto fino al 1914
La popolazione ucraina è in prevalenza di origine slava, ma
nei secoli prima e dopo l’anno 1000
ha subito molteplici influssi di diversa origine, sia
orientale che occidentale. L’Ucraina di oggi (più di 600.000 kmq e una
popolazione di più di 45 milioni di abitanti) è il risultato di una lunga
storia, piuttosto complessa, di popoli e dominazioni differenti, che non ha
ancora trovato il suo punto di equilibrio stabile. Alcuni elementi conflittuali
già presenti cent’anni fa, quando l’Ucraina, suddivisa in governatorati, faceva
parte dell’Impero Russo, sono riemersi in questi ultimi anni dopo la
dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Per cercare di comprendere quello che le cronache quotidiane
ci descrivono e ci mostrano della parte orientale dell’Ucraina è utile
ricordare qual era la situazione di quella regione cent’anni fa. Questo
riferimento temporale non è casuale, ma dovuto al fatto che prima dello scoppio
della prima guerra mondiale dell’Ucraina si conosceva ben poco, se non che si
trattasse di una grande regione dell’est europeo «le cui sorti erano indissolubilmente
congiunte con quelle della Russia».
Solo gli specialisti conoscevano la storia piuttosto
complicata delle popolazioni ucraine, che non costituirono mai un’entità unica,
ma si svilupparono con storie diverse subendo anche influssi diversi da parte
degli Stati vicini, della Russia soprattutto ma anche della Polonia e della
Lituania. Sapevano certamente che una di queste popolazioni era russofona e che
quando la Russia aveva cercato di russificare l’intera Ucraina, limitando ad
esempio l’uso della lingua ucraina, scoppiò una vera rivoluzione (1905).
1914-18: importanza strategica dell’Ucraina
Solo dopo il 1914 il grande pubblico occidentale cominciò a
conoscere più nel dettaglio la realtà ucraina e il valore strategico di questa
regione, fino ad allora sotto l’influenza incontrastata della Russia.
Quando allo scoppio della prima guerra mondiale gli Imperi centrali
di Germania e Austria-Ungheria dichiararono guerra alla Russia, l’Ucraina venne
occupata militarmente dal potente vicino, per impedire che diventasse facile
preda dei suoi nemici, perché allora l’Ucraina era considerata il «granaio
d’Europa».
Com’è noto, le operazioni militari non andarono bene alla
Russia, sconvolta nel 1917 dalla «rivoluzione d’ottobre» guidata da Lenin e
dalla guerra civile. L’Ucraina ne approfittò per sottrarsi all’influenza russa,
proclamarsi repubblica indipendente (22 novembre 1917) e firmare una pace
separata con l’Impero germanico, che sembrava garantire la sua indipendenza e
integrità.
Il sogno infranto degli ucraini
Il sogno degli ucraini di non dover continuare a lavorare
per i russi sembrava finalmente realizzato. Pensavano che il loro Paese avesse
finito di essere considerato «una regione da sfruttare» e avrebbe presto
raggiunto, in altre condizioni, grazie alle immense ricchezze che possedeva, il
grado di prosperità che gli spettava. Sembrava cambiare anche la prospettiva commerciale
perché, come osservava un commentatore occidentale, «gli sbocchi dell’Ucraina
sono «naturalmente rivolti verso l’Europa».
Non tutti, meno che mai gli ucraini, si resero subito conto
che non bastava proclamarsi indipendenti per esserlo davvero. Infatti la nuova
repubblica nel febbraio 1918 divenne di fatto una specie di «protettorato
tedesco».
Un quotidiano ticinese commentava l’indipendenza
dell’Ucraina grazie al sostegno della Germania in questi termini: «E’ ormai
un fatto compiuto la pace con l'Ucraina che a quanto sembra assicura agli
Imperi centrali importanti contingenti di grano, migliorando così la loro
situazione economica».
Lo stesso giornale, qualche settimana più tardi, denunciava
la strategia della Germania, che non bastandole l’estromissione della Russia
dall’Ucraina, aveva occupato Odessa, la maggiore città commerciale russa del
mar Nero in territorio ucraino, e contava di estendere ulteriormente il suo
dominio: «La notizia della caduta di Odessa denota quale valore si possa
attribuire alle paci che gli Imperi vanno concludendo in Oriente. Gli
Austro-Tedeschi hanno stipulato la pace con l’Ucraina e scorrazzano per l’Ucraina
in barba ai trattati, occupano città, fanno la guerra a chi e dove vogliono.
[…] Se si continua di questo passo i Russi un giorno finiranno, svegliandosi
dall' incantesimo leninista, col trovarsi legati, imbavagliati e premuti in
ogni senso dai Tedeschi. Allora forse insorgeranno, ma sarà troppo tardi. La
Germania lavora a sgretolare mano mano l’Intesa [costituita principalmente
da Francia, Russia e Gran Bretagna] cominciando dai popoli più piccoli che
hanno i territori invasi».
Invano gli ucraini, che si erano accorti ben presto di
essere nuovamente occupati, cominciarono a criticare il nuovo governo e a
rimpiangere il vecchio. Molti giornali, nonostante la censura sulla stampa,
chiesero invano «l'unione dell'Ucraina alla grande Repubblica russa».
Le ricchezze dell’Ucraina
Nel 1918 un ufficiale svizzero, nel redigere per un
quotidiano ticinese una specie di nota segnaletica dell’Ucraina, ricordava
anzitutto che si trattava di un «immenso paese» con una superficie di quasi tre
volte quella dell’Inghilterra e una popolazione di 40 milioni di abitanti in
forte crescita.
Passava poi a segnalare le ricchezze di questo Paese
cominciando dall’agricoltura: «La produzione agricola dell’Ucraina è
incredibile, sopra tutto per quanto riguarda il frumento: essa costituisce il
granaio della Russia». Oltre al frumento l’Ucraina produceva l’88 per cento
dell’intera produzione russa di zucchero e grandi quantitativi di altri
prodotti come granoturco, semi oleosi, frutta, legumi, miele. Allevava inoltre
«molto bestiame».
L’Ucraina, aggiungeva l’ufficiale-cronista, «ha pure un
sottosuolo molto ricco con ferro carbone, petrolio, sale, mercurio, manganese»
(allora ritenuto «indispensabile per la produzione di certe qualità
superiori di acciaio»), ecc.
Da buon svizzero, riteneva infine che l’Ucraina, grande
Paese ricco di prodotti dell’agricoltura e del sottosuolo, potesse rappresentare
per la Svizzera un buon mercato, da cui importare tanti prodotti «di grande
utilità» e in cui esportare per esempio orologi, motori a vapore, utensili
agricoli ed in generale prodotti metallurgici.
Già da queste sommarie indicazioni si può comprendere quanto
l’Ucraina fosse ritenuta importante per la Russia e appetibile per la Germania
e più in generale per l’Occidente.
Problemi irrisolti
Frattanto la Russia aveva firmato l’armistizio (15 dicembre
1917), sospeso i combattimenti e avviato trattative di pace con gli Imperi
centrali. Perché non sussistessero dubbi circa il futuro dell’Ucraina, tra le
condizioni di pace fissate dalla Germania alla Russia di Lenin figurava al
quarto punto che: «la Russia dovrà evacuare immediatamente la Finlandia e
l'Ucraina e concludere con esse la pace».
La Russia non ebbe scelta e dovette firmare il trattato di
pace di Brest-Litovsk (3 marzo 1918) che sanciva la vittoria degli Imperi
centrali sul fronte orientale e poneva le premesse per l’indipendenza dell’Ucraina,
dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania e della Polonia. Nei giorni
successivi il quotidiano socialista ticinese Libera Stampa commentava: «La
Russia rivoluzionaria ha dovuto piegare il capo davanti alla forza brutale del
militarismo prussiano e firmare il trattato di pace. La Germania ha applicato i
suoi principi di pace «senza indennità e senza annessioni», coll’occupare tutte
le province baltiche fin quasi a Pietrogrado [così si chiamava all’epoca
San Pietroburgo], la Polonia, l'Ucraina, divenuta sua alleata…».
Con la pace di Brest-Litovsk il futuro indipendente
dell’Ucraina non era affatto garantito, anzi restavano irrisolti i problemi
fondamentali della convivenza tra le varie regioni e popolazioni dell’Ucraina
come pure gli orientamenti politici nei confronti dei Paesi vicini.
Inutilità della guerra e soluzioni possibili
Quanto la prima guerra mondiale sul fronte orientale sia
stata inconcludente e dannosa lo dimostreranno ampiamente i decenni successivi
e anche oggi, purtroppo, si può osservare quanto le guerre siano inadeguate per
risolvere i problemi della convivenza tra i popoli.
La storia recente dell’Ucraina ne è una chiara testimonianza
e, purtroppo, non mi sembra che i responsabili delle grandi potenze, Unione
Europea compresa, abbiano bene appreso la lezione del passato, ossia
l’inutilità della guerra (anche se mentre scrivo vige una fragile tregua) per
risolvere questo genere di problemi. Dico purtroppo perché ancora una volta per
decidere del destino dei popoli si ricorre alle armi e alle sanzioni piuttosto
che alla saggezza, al dialogo e al limite, perché no, visto che è in uso tra le
persone civili, alla separazione consensuale.
Per risolvere questo genere di problemi bisognerebbe
abbandonare (definitivamente) la logica degli interessi degli Stati (ancora di
tipo ottocentesco) e adottare la logica degli interessi legittimi dei popoli. Nel
conflitto ucraino finora la Svizzera si è impegnata molto nell’ambito dell’Organizzazione
per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Forse potrebbe fare di più,
forte del suo esempio vivente e della sua tradizione di pacifica e proficua
convivenza tra etnie e culture diverse, ma aperte alla collaborazione e al
rispetto reciproco.
Giovanni Longu
Berna, 17.09.2014
Berna, 17.09.2014
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