All’indomani delle votazioni federali del 9 febbraio 2014 le prime reazioni dei media svizzeri sono state anzitutto di sorpresa. E’ vero che molti osservatori facevano notare alla vigilia del voto che il rigetto dell’iniziativa popolare promossa dalla destra nazionalista non era affatto scontato, tuttavia la maggioranza di essi lo dava più che probabile. Superata la sorpresa iniziale, i commentatori si sono sbizzarriti sulle conseguenze negative del voto, soprattutto nei rapporti Svizzera-UE. Nessuno, tuttavia, ha osato mettere in dubbio la democrazia diretta svizzera. Da ogni parte, anche quella dei convinti sostenitori della libera circolazione, è stata riconosciuta non solo la piena legittimità del voto, ma anche la necessità di rispettarlo.
Né populismo né «suicidio collettivo»
Gli svizzeri, direi all'unanimità e a cominciare dalle
autorità politiche, hanno dato un’ennesima prova di rispetto delle decisioni
prese democraticamente, pur non condividendole nel merito. Al contrario, quasi
tutta la stampa estera e anche alcuni tecnocrati dell’UE hanno accusato la
Svizzera di populismo, di xenofobia e perfino di razzismo, preconizzando immani
sciagure e ritorsioni da parte dell’UE. Un ministro francese ha addirittura qualificato
il voto svizzero come un «suicidio collettivo», pronosticando per la Svizzera
rappresaglie e il suo impoverimento.
Non so quale sia l’analisi giusta del voto del 9 febbraio
scorso, ma credo che una decisione popolare vada comunque rispettata, tanto più
se presa da un popolo che in fatto di democrazia non ha davvero nulla da
invidiare almeno in Europa. In fondo, anche le critiche piovute dai vertici
europei non fanno che confermare la bontà del metodo seguito in questo Paese.
Un esempio per l’Europa?
Il sospetto che la decisione presa dagli svizzeri faccia
paura ai tecnocrati europei non è del tutto infondato. In effetti la democrazia
diretta svizzera potrebbe essere contagiosa. In un primo tempo potrebbe
addirittura incoraggiare gli euroscettici nelle prossime elezioni europee di
maggio. In un secondo tempo potrebbe spingere altri popoli a rivendicare
maggiori diritti popolari, compreso quello di recarsi alle urne quando siano in
gioco interessi vitali del Paese.
Un maggior coinvolgimento del popolo sovrano nelle grandi
decisioni dell’UE e dei singoli Stati potrebbe apparire inizialmente come un
affronto nei confronti dei tecnocrati, ma alla lunga i benefici risulterebbero
evidenti: maggior rispetto della volontà popolare, maggiore responsabilizzazione
dei cittadini, minore supponenza e arroganza dei governanti, in una parola
maggiore democrazia.
E per l’Italia?
Certamente un po’ più di democrazia servirebbe anche
all’Italia. In questi ultimi anni i giochi di Palazzo non hanno certo portato
bene al Paese. Non appena l’ultimo governo Berlusconi ha dato prova di
non essere più in grado di reggere, la soluzione più democratica doveva essere
il ricorso immediato alle urne, persino con una legge elettorale inadeguata e
parzialmente incostituzionale.
E. Letta, G. Napolitano, M. Renzi |
In alternativa, il Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano avrebbe potuto inviare un Messaggio alle Camere, com’è nei
suoi poteri, per sollecitare l’approvazione di una nuova legge. Perché non l’ha
fatto e ha preferito insediare direttamente dapprima Monti (con metodi
apparsi quantomeno discutibili), poi Letta e ora Renzi? Quanto
bisogna ancora aspettare prima che un governo sia il risultato di una consultazione
popolare, forse non indispensabile ma certamente più democratica del metodo
utilizzato in questi ultimi casi?
L’Italia sarà pure, secondo la Costituzione, una repubblica
parlamentare, ma nella realtà appare sempre più come una repubblica
presidenziale, in cui il Parlamento rischia di contare meno del Quirinale e
addirittura di una segreteria di partito. E’ parlamentare e democratica
l’ultima crisi di governo? In una democrazia come quella svizzera
certamente non lo sarebbe e questa è forse una delle maggiori differenze tra la
Svizzera e l’Italia. Più che una democrazia diretta quella italiana sembra una
democrazia distorta. Non per nulla, nei confronti internazionali incentrati
sull’indice di democrazia degli Stati, l’Italia è ultima tra i grandi Paesi
occidentali.
Riavvicinare la politica alla gente
Nei media si parla spesso di distacco della gente dalla
politica, ma forse si dovrebbe parlare di distacco della politica dalla gente.
Da alcuni anni ormai la classe politica italiana non sembra più in grado di
rappresentare le idee e le preoccupazioni dei cittadini e soprattutto si
dimostra incapace anche solo di attenuare i disagi della crisi. Tutti
dovrebbero trarne le conseguenze, dal Capo dello Stato ai singoli deputati.
Matteo Renzi |
L’ultima speranza è ora rappresentata dal tentativo Renzi.
Ce la farà? Non ce la farà? A parte gli auguri di rito per il bene del Paese,
l’incertezza è giustificata dalla genericità del suo programma, dalla sua ambizione
velleitaria di cambiare «radicalmente» il Paese, dalla eterogenea e debole maggioranza
di cui dispone in Parlamento, soprattutto al Senato, ma anche dalle fibrillazioni
in seno al suo stesso partito (PD), non da ultimo per il metodo con cui il
Presidente del Consiglio dimissionario, Enrico Letta, è stato defenestrato, non
certo un bell’esempio di democrazia, nemmeno per un conterraneo di Machiavelli
per cui «il fine giustifica i mezzi».
Tanto varrebbe tornare quanto prima alle urne. Ad ogni buon conto, per il bene dell'Italia, tanti auguri al governo Renzi.
Giovanni Longu
Berna, 26.02.2014
Berna, 26.02.2014
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