La cittadina di Locarno, in Svizzera, sul Lago Maggiore, gode di un microclima particolare che la rende una meta turistica di prim'ordine a livello nazionale e internazionale. Oggi, la sua notorietà è legata soprattutto al Festival internazionale del cinema di Locarno, la più importante manifestazione cinematografica svizzera e una fra le più importanti d’Europa, Locarno era già molto rinomata agli inizi del secolo scorso, quando fu scelta come sede di una conferenza di pace. Si trattava in particolare di garantire il confine renano tra la Francia, il Belgio e la Germania, stabilito dal Trattato di pace di Versailles dopo la prima guerra mondiale (1914-1918). La Conferenza di Locarno di cent’anni fa viene qui rievocata perché rappresentò per l’Europa una grande speranza, trasformatasi pochi anni più tardi in una cocente delusione, da cui non sembrava potersi facilmente riavere.
Dal Trattato di Versailles alla Conferenza
di Locarno
Foto-ricordo della Conferenza di Locarno |
Finalizzata a preservare gli Stati europei dal
flagello della guerra, regolare pacificamente eventuali controversie e
garantire soprattutto il confine renano, tra i delegati dei vari Paesi interessati
(Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Cecoslovacchia e Polonia)
sembrò regnare fin dall'inizio uno spirito positivo (l’«ésprit de Locarno»)
e un certo ottimismo. Alla conclusione dei lavori, con la firma di un Patto di
garanzia per la frontiera del Reno e quattro trattati di arbitrato, tutti
sembravano ritenere che la «pace del Reno» avrebbe garantito «la pace d’Europa»
e tutti speravano di ripristinare in Europa una pace stabile. Persino la
Germania, che aveva subito il diktat più pesante, era ottimista: accettava il
nuovo confine renano, garantito da Gran Bretagna e Italia (potenze garanti), e
s’impegnava con la Polonia e la Cecoslovacchia a regolare secondo il diritto
internazionale le eventuali divergenze.
L’ottimismo dei delegati pareva giustificato
perché tra loro regnava effettivamente un’atmosfera distesa, positiva e
produttiva e tutti speravano che con la Conferenza di Locarno si aprisse in
Europa «un’era di efficiente pacificazione» e «un periodo nuovo, fondato sul
principio dell’uguaglianza dei vinti con i vincitori e sul funzionamento dei
patti d’arbitrato sotto l’egida della Società delle Nazioni», che era stata
appositamente creata col Trattato di Versailles, con sede a Ginevra.
La Conferenza sembrava segnare in effetti una pietra miliare nella storia della pace e
della civiltà umana perché forse per la prima volta al rappresentante di un Paese
vinto e schiacciato, il ministro degli esteri tedesco Gustav Stresemann
(1878-1929), fu concesso di partecipare attivamente ai lavori della conferenza
alla pari degli altri rappresentanti. Alla conclusione della Conferenza, riconoscente,
dichiarava non solo di «accettare» di firmare i trattati «in piena lealtà», ma
aggiungeva che «con sincera gioia» la Germania si augurava una pace stabile e il
riavvicinamento dei popoli e dei governi, nella convinzione che «solo la pace e
la collaborazione possono assicurare l’avvenire e lo sviluppo
dei popoli».
Da sin.: G. Stresemann, A. Chamberlain e A. A. Briand |
Dall'ottimismo alla cocente delusione
L’azione seria e
fiduciosa di Stresemann, Briand e Chamberlain e specialmente l’impegno di
Stresemann per la riconciliazione tra i popoli europei e per l’ingresso della
Germania nella Società delle Nazioni furono giustamente premiati con
l’assegnazione ai tre politici del Premio Nobel per la Pace. Si deve anche
riconoscere che nel 1926, con l’entrata in vigore del Patto di Locarno e
l’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni, cominciò in Europa un
intenso periodo di distensione e collaborazione. Lo spirito di Locarno sembrava
aleggiare tra le nazioni e niente lasciava presagire l’immane tragedia che le
avrebbe colpite nuovamente.
«Quasi tutta l’Europa – ha scritto Sergio
Romano – tirò un sospiro di sollievo ed ebbe la sensazione che cominciasse
finalmente nella storia del mondo, undici anni dopo lo scoppio della Grande
guerra, un capitolo nuovo». Illusione!
Dieci anni più tardi, però, apparve chiaramente a tutti che lo spirito di Locarno si era dileguato. Lo dimostrava Hitler, da poco al potere in Germania, che il 7 marzo 1936 denunciò gli Accordi sottoscritti ritenendoli una prosecuzione della politica di Versailles e occupò militarmente la Renania; ma lo dimostrò anche Mussolini, che sognava anch'egli l’impero e le colonie. E da allora fu solo una lunga e intensa preparazione della seconda guerra mondiale, la più grave catastrofe dell’umanità.
In realtà, che Mussolini si attendesse altro dalla Conferenza di Locarno non tardò a farlo capire egli stesso. Sperava infatti che la garanzia limitata al confine renano venisse estesa alla frontiera italiana del Brennero, preoccupato di poter avere prima o poi una frontiera comune con la Germania qualora questa avesse deciso di assorbire l’Austria. Ma gli altri partecipanti alla Conferenza non erano d'accordo e glielo fecero capire fin dal suo arrivo a Locarno.
Infatti, arrivato in motoscafo da Stresa, non ebbe l’accoglienza che forse si aspettava nemmeno da parte della stampa internazionale e della popolazione, sia per il comportamento arrogante delle camicie nere che lo accompagnavano e sia perché in Ticino erano note le violenze squadriste dei suoi fanatici seguaci. Da parte loro, anche i rappresentanti degli Stati si mostrarono nei suoi confronti del tutto indifferenti (ad eccezione del britannico Chamberlain) se non addirittura sprezzanti. Non godeva evidentemente già allora di una buona reputazione.
Lo «spirito di Locarno» è ancora vivo
Del resto, anche il Consiglio federale rispose tiepidamente al messaggio che il Duce gli aveva inviato prima di metter piede in Svizzera. Rispose, infatti, che «il Consiglio federale Le è gratissimo dell’amichevole saluto rivoltogli e nel mentre Le dà il più cordiale benvenuto sul territorio svizzero, è lieto di constatare che la di Lei presenza a Locarno testifichi in modo così manifesto che la Conferenza Internazionale sta per mettere il proprio sigillo alla grande opera di pace per la quale è stata convocata». Da allora Mussolini non metterà più piede in Svizzera, anche se vi sperò fuggendo precipitosamente da Milano nel 1945.
Berna, 3 giugno 2025
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