27 maggio 2025

1925: Un eroe per l’Ambasciata d’Italia a Berna

Con la presa del potere in Italia da parte di Benito Mussolini (1883-1945), il regime fascista cercò di conquistare anche gli italiani emigrati all'estero, per lo più politicamente apatici e alcuni decisamente contrari, creando una rete di sezioni del Fascio (cfr. articolo precedente). Si sa che il primo tentativo di crearne uno anche a Berna, nel 1923, non andò a buon fine, nonostante il sostegno del ministro Carlo Garbasso, capo della Legazione italiana. I promotori ebbero invece successo due anni dopo (21 giugno 1925) in occasione della commemorazione dell’eroe e medaglia d’oro Fulcieri Paulucci de Calboli (1893-1919) nel corso di una manifestazione, un evento che ebbe nella stampa nazionale un’eco enorme, soprattutto per la partecipazione del Consigliere federale Giuseppe Motta (1871-1940), un successo per la numerosa colonia italiana salutata rispettosamente dal governo svizzero.

Giuseppe Motta: una presenza contestata

Berna, lapide con epigrafe di Mussolini in onore di Fulcieri Paulucci de Calboli
sul muro esterno dell'Ambasciata d'Italia a Berna.
La partecipazione di Motta alla manifestazione del 21 giugno 1925, che si svolte nel bel parco della Legazione italiana alla Elfenstrasse di Berna («in una cornice di carpini, piste da bocce, specchi d'acqua bordati da rose in fiore, di fronte ad alti alberi dal fogliame chiaro le cui cime erano mosse da un vento leggero») divenne per molti svizzeri un caso politico, perché era inusuale che un Consigliere federale si recasse in visita ufficiale in un’ambasciata straniera, ma soprattutto perché quel gesto rischiava di apparire un riconoscimento del regime fascista, dal quale il Consiglio federale intendeva invece prendere le distanze e verso il quale era già intervenuto con fermezza.

Alcuni critici insinuarono che il ticinese Giuseppe Motta praticasse nei confronti dell’Italia fascista una «politica condiscendente», ma altri, forse più realisticamente, ritennero ch'egli, amante e sostenitore dell’italianità, pur provando come altri governanti europei una certa simpatia per Mussolini, cercasse solo di evitare i motivi di attrito col regime e di favorire le buone relazioni bilaterali. Bisogna però anche aggiungere che Motta ammirava del giovane Fulcieri soprattutto l’eroismo sul campo di battaglia e ancor più durante la sua malattia. Ricordandolo su un quotidiano ticinese poco dopo la morte, non aveva esitato a considerarlo «un santo sublime, il santo dell’amor di patria», ritenendo che quanto Dante attribuiva nel canto quattordicesimo del Purgatorio al suo antenato Rinieri, a meraviglia s'addicesse all'eroe Fulcieri: «quest’è 'l pregio e l’onore / della Casa da Calboli…».

Non va nemmeno dimenticato che Motta provava una grande ammirazione anche per il padre di Fulcieri, il marchese Raniero Paulucci de Calboli (1861-1931) che era stato Capo Legazione dal 1913 al 1919. In quei sei anni non solo aveva dato alla Legazione italiana una sede stabile acquistando a proprio nome alla Elfenstrasse di Berna i due edifici dell’attuale Residenza e Ambasciata d’Italia, ma aveva dimostrato molta empatia verso gli oltre 200 mila connazionali immigrati spesso sfruttati e nello stesso tempo, durante la guerra, aveva tranquillizzato le autorità svizzere che il governo italiano non solo avrebbe rispettato la «neutralità perpetua» della Svizzera, ma anche gli accordi commerciali col Paese amico.

Consigliere federale Giuseppe Motta, 

Fulcieri, medaglia d’oro ed esempio per gli italiani

Fulcieri, volontario nella prima guerra mondiale, ferito ripetutamente e insignito della medaglia d’oro, era morto il 28 febbraio 1919 in una clinica di Saanen, vicino a Gstaad, nel Cantone di Berna. Con la sua morte, per il padre Raniero era venuta meno la motivazione per restare in Svizzera e lo stesso anno lasciò Berna per recarsi a Tokyo come ambasciatore. Vi ritornò nel 1925 solo in occasione della manifestazione in onore del figlio.

Fotoritratto di Fulcieri Paulucci de Calboli, medaglia d'oro.
La morte di Fulcieri, però, che aveva impressionato l’opinione pubblica nazionale italiana, non lasciò indifferente lo stesso Mussolini, che ne approfittò per esaltarne le virtù eroiche e celebrarne la memoria a Berna, da dove era partito per arruolarsi volontario e dove era stato accolto e assistito amorevolmente dalla famiglia, quando vi ritornò gravemente ferito. Per onorare in maniera esemplare la memoria dell’eroe di guerra e intestare al suo nome la stessa Legazione fu organizzata a Berna una imponente manifestazione nel lussureggiante parco della Legazione a cui parteciparono le rappresentanze di tutte le associazioni fasciste della Svizzera con i loro stemmi tricolori.

Per l'occasione fu distribuito un fotoritratto di Fulcieri in migliaia di copie, con un saluto manoscritto di Mussolini , che diceva fra l'altro: «Al cuore dell'Italia, tutti i cittadini morti in armi sono egualmente cari, tutti i morti in guerra sono egualmente gloriosi ... Di Fulcieri noi non ricordiamo solo il sacrificio estremo e il nome di soldato, ricordiamo la vita perfetta...».

Dedicare la Legazione di Berna alla memoria di Fulcieri sembrò a Mussolini non solo un atto dovuto per ricordare nella sua casa paterna l’eroe nazionale, ma anche un’occasione unica per celebrare l’amicizia italo-svizzera. Per queste ragioni fu lui a dettare l’epigrafe sulla lapide da affiggere sul muro esterno della Legazione («Da questa sua casa paterna - nel santo entusiasmo dell'italica fede - partì volontario per la grande guerra - Fulcieri Paulucci de' Calboli - Qui ritornando crudelmente ferito - e già sacro alla Morte - dopo il glorioso olocausto - diè tutto sè stesso alla Patria») e a insistere per invitare alla cerimonia non solo i delegati delle numerose associazioni fasciste presenti in Svizzera ma anche una rappresentanza del Consiglio federale, anzi proprio il consigliere federale Giuseppe Motta, che non nascondeva una certa ammirazione per Mussolini.

Questo episodio non è ricordato solo da una lapide e da una famiglia molto unita e amorevole (sulla sua tomba Raniero Paulucci de Calboli volle che si scrivesse solo: «Fu il padre di Fulcieri»), ma dalla storia molto interessante della sede diplomatica di Berna (in parte sconosciuta anche agli stessi attuali inquilini), ma soprattutto dalla profonda amicizia che lega ancora due Stati e due Popoli, in cui molti italiani immigrati si sono così bene inseriti da farne parte a tutti gli effetti, in tutti i campi e a tutti i  livelli.

Giovanni Longu
27.05.2025


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