L’Italia, Paese di forti contrasti, passa da
una «sofferenza» all'altra
senza un periodo seppur breve di pace e di sviluppo. Non mi riferisco agli
scandali e ai disservizi di cui son piene le cronache, ma alla situazione strutturale
di un Paese che non riesce ad essere «normale» e che si trova alla guida un
Governo senza un vero progetto di sviluppo e ciononostante chiede al Parlamento
(con continui voti di fiducia) e ai cittadini (invitandoli persino a non andare
a votare) di «non disturbare il manovratore», Matteo Renzi.
L'Italia non cresce anche a causa della corruzione
L’Italia non è (ancora) un Paese alla deriva,
ma rischia fortemente di andarci, perché non è affatto uscito dalla crisi o
comunque non tiene il passo dei Paesi più virtuosi dell’Unione europea (UE). Il
Bel Paese è ancora alle prese con estese devastazioni ambientali, una
disoccupazione giovanile troppo elevata, insufficienti investimenti, lacune e
inefficienze nella lotta alla povertà, agli sprechi, all’evasione fiscale e
alla corruzione.
Raffaele Cantone |
L’Italia appare soprattutto un Paese spaccato,
con un Nord che produce ricchezza ad un livello paragonabile alle regioni più
sviluppate d’Europa e un Sud che raggiunge appena la metà del prodotto interno
lordo pro capite del Nord. Allarmante è anche la differenza tra
Nord e Sud per quel che riguarda la corruzione. Il recente rapporto 2015 sulla
trasparenza in Italia informa che a livello territoriale il 41% dei casi di
corruzione è stato rilevato al Sud, il 30% al Centro, il 23% al Nord e il 6% in
più luoghi. Il dato però più preoccupante è forse che il divario tra Nord e Sud
tende a crescere, ciò che denota un fallimento totale al riguardo dell’attuale
come dei precedenti governi.
Italia in crisi di trasparenza
In questo momento, dopo le dimissioni della ministra
Federica Guidi, non c’è dubbio che il Governo italiano appaia in serie
difficoltà perché ne mette in luce la debolezza e l’inconsistenza. La formula
dell’uomo solo al comando, Matteo Renzi, si sta rivelando fallimentare ogni
giorno di più, oltre che antidemocratica e pericolosa. Nel caso della Guidi
(una telefonata inopportuna al suo compagno) si è
trattato di un errore senza
rilevanza penale e giustamente ne paga le conseguenze, ma se un giorno dovesse
accadere un errore più grave a un altro ministro, le conseguenze potrebbero
risultare più disastrose anche per il Capo del Governo, visto che è sempre lui
a decidere gli emendamenti ai disegni di legge, a porre la fiducia in
Parlamento, a concedere e togliere le deleghe ai ministri, a nominare
consulenti da affiancare ai ministri, ecc.
Matteo Renzi |
A dir la verità, a chi scrive il mistero Renzi
è ancora tutto da svelare. Se fosse tutto vero quel che scrivono i suoi
oppositori, sarebbe già stato scalzato da tempo dalla poltrona che occupa
(senza un’investitura democratica!). Evidentemente per far cadere un governo
non bastano le promesse non mantenute, le furbate continue, la scarsa
trasparenza degli atti compiuti del suo primo ministro. Finora Renzi ha evitato
molti ostacoli annunciando qualche decimale in più su alcuni indicatori
economici, camuffando alcune riforme da fare con espressioni accattivanti come
la «rivoluzione copernicana» del «jobs act» (quanti italiani l’avranno mai
capito?), la «estensione delle tutele», la «flessibilità in uscita», ecc., ma soprattutto
col suo temperamento. Non è detto che la fortuna di Renzi abbia ancora lunga
vita.
Un esempio: il Foia
Una delle ultime denominazioni inglesi
adottate dal governo Renzi è il "Freedom of Information Act" (Foia), ossia
la versione italiana delle norme che regolano il diritto di accesso alle
informazioni pubbliche nelle diverse nazioni. Queste norme Foia, approvate
negli Stati Uniti nel 1966, sono state via via adottate (e logicamente
adattate) in molti Paesi occidentali. In Svizzera la «Legge federale sul
principio di trasparenza dell'amministrazione» esiste dal 2004 ed è considerata
fondamentale perché i cittadini possano esercitare i loro diritti con
cognizione di causa. E in Italia?
Se ne parla da mesi, ma il governo è riuscito
finora ad approvare (20.1.2016) solo una bozza preliminare di decreto
riguardante l’accesso ai dati e ai documenti delle pubbliche amministrazioni.
Il testo finale ancora non esiste, ma da quanto è trapelato si tratterebbe di
«un chiaro tentativo di equilibrare gli interessi delle amministrazioni e dei
cittadini», ma conterrebbe tante di quelle eccezioni e limitazioni da renderlo
«difficilmente praticabile» se dovesse rimanere allo stato attuale. Insomma...
la trasparenza può ancora aspettare.
Non aspettano tuttavia le classifiche
internazionali sull’accesso alle informazioni che assegnano all’Italia il 97°
posto su un totale di 103 Paesi. Come se non bastasse, un’altra classifica
internazionale sulla trasparenza nella lotta alla corruzione colloca l’Italia
al penultimo posto in Europa e al 61° nel mondo. Non mi sembra un’ottima
credenziale per Matteo Renzi quando pretende di imporre la sua linea in seno
all’UE!
Solo esibizionismo e provincialismo?
A questo punto, però, al Presidente del
Consiglio Renzi non si
può non chiedere: ma perché così poca trasparenza negli atti del governo e
della pubblica amministrazione? Perché invita i cittadini a non andare a votare
il prossimo 17 aprile sul referendum sulle trivelle? Sono convinto che non
esista un’unica risposta, ma oso azzardarne una possibile: in fondo il
Presidente Renzi ha paura della democrazia, per cui non ama la trasparenza e
l’opinione pubblica ben informata. E ciò mi pare molto grave per il Capo del
Governo italiano.
Un aspetto, per altro a detta di molti
osservatori goffo, della sua maniera di eludere la trasparenza mi sembra il suo
frequente ricorso agli anglicismi (lui che prima di diventare capo del governo
diceva «basta anglicismi!») anche in atti pubblici e al suo malfermo inglese.
Ha scritto di recente il linguista Michele A. Cortelazzo rispondendo
alla domanda: «Ma che senso ha dare un nome inglese, per quanto ufficioso, a
una legge italiana? Alla base c’è un mix
micidiale di esibizionismo e provincialismo (lo stesso che spinge Renzi a
improvvisare discorsi nel suo inglese mal masticato, che diventano poi oggetto
di terribili prese in giro), ma anche l'idea che un provvedimento designato da
un nome inglese appaia più attraente, moderno ed efficiente di un provvedimento
dal nome italiano».
L’esibizionismo di Renzi, a
mio parere, non è tuttavia solo un tentativo di semplificazione del linguaggio
politico (già avviato da Berlusconi), ma il segnale di un atteggiamento profondamente
antidemocratico e di poca considerazione dell’opinione pubblica ben informata.
Crisi di democrazia
Renzi parla (e si comporta)
come se davvero si sentisse l’uomo giusto al momento giusto (non oso
attribuirgli la convinzione di sentirsi l’uomo della provvidenza) per riformare
l’Italia secondo un suo preciso modello di presidenzialismo.
Esagero? Non credo, basta
vedere come egli ha concepito le riforme (senza un vero dibattito pubblico e
parlamentare), come ha gestito il suo partito (diventandone prima segretario e piegandolo
poi ad esprimersi con un’unica voce, quella della maggioranza), come è riuscito
a gestire la maggioranza parlamentare (esautorando chi non dimostrava di
seguire la linea del partito e dunque la sua), come ha costituito il governo a
sua immagine e somiglianza, come ha saputo imporre la sua linea di governo in
tutto e per tutto, come ha saputo gestire dapprima la riforma elettorale
(finalizzata a garantirgli possibilmente il pieno successo) e come ha gestito il difficile iter
legislativo della riforma costituzionale.
Una prova del suo acquisito
potere lo dimostra quasi ogni giorno costringendo il Parlamento, ogniqualvolta
si prospetta una discussione lunga e pericolosa, soprattutto al Senato, a
troncare la discussione e mettere la fiducia su provvedimenti che spesso non
hanno nemmeno i requisiti costituzionali della necessità e dell’urgenza.
La prova decisiva
La prova decisiva
La prova
decisiva, tuttavia, Matteo Renzi pensa di darla quando le riforme
costituzionali (sulle quali ho espresso in altra occasione non poche riserve)
saranno sottoposte al voto referendario. L’esito del referendum sembra ritenuto
la sua consacrazione come nuovo Padre della Patria o la sua disfatta, tando da fargli dire che «il no si spiega solo con l'odio nei miei confronti» e che «se perdo il referendum, lascio la politica».
Non so se è mai stato
sfiorato dall’idea che il popolo sovrano (articolo 1 della Costituzione) decide
come gli pare per il proprio bene non per consacrare o sconsacrare un primo
ministro pro tempore. Meno ancora so se quest’uomo si sente al servizio del popolo
italiano che, sia pure in una maniera poco rituale, gli ha chiesto di essere
rimesso in carreggiata al seguito dei Paesi più virtuosi d’Europa, oppure si
sente un piccolo Napoleone che può ripetere: «Chi m’ama mi segua! Viva
l’Imperatore. E tutto il reggimento lo seguì» (A. Dumas).
Che senso ha mai Renzi dello Stato e della democrazia? Non certo quello del primo Parlamento repubblicano che approvò la Costituzione col 95% di consensi, ossia maggioranza e opposizione quasi all'unanimità. Forse Renzi ha un’altra idea di Stato e di democrazia diversa non dalla mia, ma da quella, per fare giusto qualche esempio, di Piero Calamandrei, eroe partigiano e membro dell'Assemblea Costituente, secondo il quale «lo Stato siamo noi» o dell’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, che riteneva il sistema elettorale vigente «una frode totale» perché «il parlamentare oggi non è scelto dal Popolo, ma dalle segreterie dei partiti» e riteneva che estendere i poteri dell’Esecutivo fosse possibile, ma non a scapito del Parlamento, «perché sennò è la democrazia che se ne va».
Attenzione!
Un giudizio alquanto severo su Renzi è quello di Ferdinando Imposimato (ex magistrato e uomo politico indipendente eletto nel Partito Comunista Italiano nella X e XII legislatura), che considera Renzi «una sciagura», perché, secondo lui, «la riforma del Senato è orrenda» in quanto, «senza opposizione, una minoranza del 20%, divenuta ingiustamente maggioranza assoluta con legge truffa annullata dalla Corte Costituzionale ha stravolto la Costituzione», «esclude l' opposizione organo della sovranità popolare come maggioranza», «somministra ogni giorno centinaia di menzogne sostenendo che va tutto bene» e «maggiori poteri consentono al Presidente del Consiglio di distruggere ogni speranza di giovani e lavoratori».
Si può considerare forse eccessivo il giudizio di Imposimato, ma non c'è dubbio che l'opinione pubblica deve stare con gli occhi aperti, altrimenti Renzi (o chiunque vincerà le prossime elezioni con la nuova legge elettorale!) potrebbe diventare davvero «una sciagura» per l'Italia e gli italiani potrebbero trovarsi con un regime al posto della democrazia.
Che senso ha mai Renzi dello Stato e della democrazia? Non certo quello del primo Parlamento repubblicano che approvò la Costituzione col 95% di consensi, ossia maggioranza e opposizione quasi all'unanimità. Forse Renzi ha un’altra idea di Stato e di democrazia diversa non dalla mia, ma da quella, per fare giusto qualche esempio, di Piero Calamandrei, eroe partigiano e membro dell'Assemblea Costituente, secondo il quale «lo Stato siamo noi» o dell’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, che riteneva il sistema elettorale vigente «una frode totale» perché «il parlamentare oggi non è scelto dal Popolo, ma dalle segreterie dei partiti» e riteneva che estendere i poteri dell’Esecutivo fosse possibile, ma non a scapito del Parlamento, «perché sennò è la democrazia che se ne va».
Attenzione!
Un giudizio alquanto severo su Renzi è quello di Ferdinando Imposimato (ex magistrato e uomo politico indipendente eletto nel Partito Comunista Italiano nella X e XII legislatura), che considera Renzi «una sciagura», perché, secondo lui, «la riforma del Senato è orrenda» in quanto, «senza opposizione, una minoranza del 20%, divenuta ingiustamente maggioranza assoluta con legge truffa annullata dalla Corte Costituzionale ha stravolto la Costituzione», «esclude l' opposizione organo della sovranità popolare come maggioranza», «somministra ogni giorno centinaia di menzogne sostenendo che va tutto bene» e «maggiori poteri consentono al Presidente del Consiglio di distruggere ogni speranza di giovani e lavoratori».
Si può considerare forse eccessivo il giudizio di Imposimato, ma non c'è dubbio che l'opinione pubblica deve stare con gli occhi aperti, altrimenti Renzi (o chiunque vincerà le prossime elezioni con la nuova legge elettorale!) potrebbe diventare davvero «una sciagura» per l'Italia e gli italiani potrebbero trovarsi con un regime al posto della democrazia.
Giovanni Longu
Berna 13.04.2016
Berna 13.04.2016
Condivido tutto.
RispondiEliminaIl problema non è Renzi ma noi cittadini che abbiamo perso la consapevolezza di essere tali.
Hai ragione, ma alcuni partiti non mi sembra che aiutino i cittadini, spesso presi da altri problemi esistenziali, a riappropriarsi dei loro diritti fondamentali.
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