Finalmente una bella notizia dal fronte italo-svizzero: il
19 dicembre scorso (ma la notizia è stata ufficializzata solo pochi giorni fa)
è stato infatti raggiunto un accordo preliminare (più precisamente, un’«intesa
di principio») sulle questioni fiscali tra l’Italia e la Svizzera. L’accordo
vero e proprio sarà firmato prossimamente e comunque entro il 2 marzo (in base
alla nuova legge fiscale italiana).
Fine della guerriglia fiscale
Apponendo le loro sigle (quella che in gergo si chiama
«parafatura») al testo dell’intesa raggiunta, i due negoziatori, l’italiano Vieri
Ceriani e lo svizzero Jacques de Watteville, hanno di fatto posto
fine al tormentone del contenzioso fiscale tra l’Italia e la Svizzera che
durava ormai da una quindicina d’anni (dai tempi del ministro italiano Giulio
Tremonti) e che negli ultimi quattro anni non faceva che alimentare
tensioni col rischio d’incrinare gravemente i tradizionali buoni rapporti tra i
due Paesi.
L’intesa raggiunta concerne i punti fondamentali, mentre per
le questioni che richiedono ulteriori approfondimenti è stata stabilita la
cosiddetta «road map» finalizzata allo loro definizione, che dovrà proseguire
nei prossimi mesi.
Stando alle fonti abituali dei media, sia svizzere che
italiane, l’accordo è ritenuto importante da entrambe le parti non solo perché
pone fine alla «guerriglia fiscale tra la Svizzera e l’Italia» (Le Temps)
ma anche perché consentirà benefici sia all'Italia che alla Svizzera. All’Italia
perché faciliterà l’adesione all’autodenuncia (voluntary disclosure)
ossia la regolarizzazione volontaria dei capitali depositati illegalmente in
Svizzera da contribuenti italiani, ma anche perché farà arrivare nelle casse
del fisco «molti denari, sia per le leggi approvate, sia per l’attuale momento
del mercato dei cambi» (Matteo Renzi, Presidente del Consiglio). Alla Svizzera
consentirà non solo di evitare inutili e gravi rischi al sistema bancario
elvetico (soprattutto a quello ticinese), ma anche di uscire dalle «liste nere»
italiane che penalizzano attualmente molte imprese elvetiche (perché la
Svizzera non potrà più essere considerata un paradiso fiscale poco
collaborativo) e di migliorare l’accesso degli operatori finanziari svizzeri
nel mercato italiano.
Via libera alle informazioni bancarie
L’accordo prevede in particolare la firma, entro la fine di
febbraio, di una nuova convenzione italo-svizzera contro la doppia imposizione
e lo scambio d’informazioni di natura fiscale, ma solo «a richiesta» e successive
alla firma dell’accordo (senza quindi possibilità di controlli retroattivi). Per
l’entrata in vigore della convenzione, che è una modifica legale, bisognerà
attendere la ratifica dei rispettivi parlamenti e quindi presumibilmente entro
il 2017. L’accordo sullo scambio d’informazioni a richiesta entrerà invece in
vigore subito dopo la firma dell’accordo, in attesa che entri in vigore a
livello di Unione europea (UE) e dell’Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico (OCSE) lo standard dello scambio automatico delle
informazioni, accettato anche dalla Svizzera.
Pier Carlo Padoan |
A partire dunque dal prossimo mese di marzo, la Svizzera
garantirà all’Italia, e viceversa, lo scambio d’informazioni di natura fiscale
«a richiesta». Ciò significa, ad esempio, che il fisco italiano potrà richiedere
alla Svizzera informazioni bancarie su singoli contribuenti italiani che detengono
conti in questo Paese.
Il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, visibilmente
soddisfatto del risultato raggiunto, ha tenuto a precisare che questa volta non
si tratta in nessun caso di un condono più o meno velato, perché chi si
autodenuncia, anche se non sarà sanzionato penalmente, dovrà pagare tutte le
imposte evase. D’altra parte, ha assicurato il negoziatore svizzero Jacques
de Watteville, i clienti italiani delle banche svizzere che si
autodenunciano non saranno in alcun modo più penalizzati degli italiani che
hanno capitali depositati in Italia, in Germania o altrove. Ben altro, invece,
potrà succedere a chi non si autodenuncia.
Ulteriori conseguenze dell’accordo
L’accordo, come detto, prevede inoltre una road map,
ossia una serie d’incontri finalizzati a definire e mettere a punto i
meccanismi regolatori riguardanti l’uscita della Svizzera dalle liste nere, la
regolarizzazione del passato, la tassazione sui frontalieri secondo un nuovo
modello, e altro ancora.
La portata di questo accordo è notevole non solo nel
contesto dei rapporti italo-svizzeri, ma anche nel più ampio contesto della
difficile costruzione dell’Unione europea sotto il profilo dell’armonizzazione
fiscale. L’accordo, infatti, non solo regola la questione dello scambio di
informazioni di natura fiscale tra l’Italia e la Svizzera, ma in qualche modo
completa anche l’eliminazione dei «paradisi fiscali» nell’UE e nell’OCSE.
Del resto non è più nemmeno nell’interesse della piazza
finanziaria svizzera continuare ad essere considerata un «paradiso fiscale»,
mentre sarà certamente più vantaggioso far sapere che il sistema bancario
svizzero è efficiente anche senza segreto bancario e garantendo lo scambio delle
informazioni bancarie previsto dall’OCSE, dall’UE e ora anche dall’accordo
italo-svizzero.
Se questo accordo italo-svizzero contribuirà a migliorare
anche i rapporti tra la Svizzera e l’UE non si sa, ma sicuramente rappresenta
un ostacolo in meno.
Giovanni Longu
Berna, 21.01.2015
Berna, 21.01.2015
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