Nella celebrazione del 25 aprile, in cui si celebra l’80° della Liberazione si corre facilmente il rischio di «ricordare», non senza un pizzico di orgoglio, quel che è avvenuto in Italia 80 anni fa, raccontando atti di eroismo dei partigiani e di chi ha contribuito, insieme agli Alleati, alla liberazione dell’Italia dalla sopraffazione nazifascista. Si ricorda anche, giustamente, il forte desiderio del popolo italiano di riavere le libertà democratiche che il regime aveva soppresso.
In questa parte rievocativa la retorica gioca sempre un ruolo importante, perché ai lettori o ascoltatori piacciono i racconti delle lotte per la libertà, degli atti eroici di partigiani mal equipaggiati contro eserciti ben armati, della sollevazione corale delle città come dei piccoli centri, del mito della Resistenza. Poche rievocazioni, invece, raccontano come la Liberazione sia avvenuta, quanto odio e desiderio di vendetta l’abbia accompagnata, la guerra civile, quanto sangue sia stato versato, quanto sia stato difficile ritornare alla (quasi) normalità.
Ciò che solitamente si
dimentica di più è tuttavia di rispondere in maniera se non esaustiva almeno
sufficientemente completa alla domanda fondamentale: «per fare che cosa?”:
perché si è combattuto con armi impari? perché si è versato
tanto sangue? perché si sono sollevate in forma corale tutte le popolazioni dell’Italia
occupata? Eppure una risposta c’è, anche se non è semplice: certamente per ridare
agli italiani la libertà, per far rivivere in Italia la democrazia, per dare al
popolo italiano una Costituzione antifascista, ma anche per garantire a tutti il
diritto al lavoro, il diritto fondamentale alla salute, l’uguaglianza di tutti i
cittadini davanti alla legge, la pari dignità senza distinzione di sesso, di
razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali
e sociali.
In molte rievocazioni pubbliche della Liberazione si dimentica o si accenna appena alle domande precedenti perché alcune risposte risulterebbero insoddisfacenti. Basti pensare, per fare un esempio, al diritto al lavoro e all'incapacità di tutti i governi che si sono succeduti di garantirlo. Si dovrebbe spiegare perché milioni di italiani sono dovuti emigrare per avere un lavoro e una dignità. Oggi, è vero, molte disparità si sono attenuate o sono addirittura scomparse, ma altre sono riemerse forse accentuandosi. La povertà in Italia oggi è forse più stridente di 80 anni fa. Il diritto allo studio non è affatto garantito per tutti in ugual misura. La stessa democrazia, invece di garantire una reale partecipazione del popolo a stabilire le sorti del Paese (sovranità popolare), è diventata vittima di schieramenti illiberali contrapposti. La libertà del dissenso è fortemente limitata. Gli esempi potrebbero essere molti di più.
In conclusione, forse bisognerebbe trasformare
la celebrazione della Liberazione almeno con l’aggiunta di un attento esame di
coscienza, delle istituzioni e dei cittadini, perché gli obiettivi non sono
stati affatto raggiunti se non in misura minimale.
Giovanni Longu
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