Il 1975, definito dalle Nazioni Unite come l'Anno Internazionale delle Donne, non segnò la nascita dei movimenti femministi, perché questi erano sorti e ben sviluppati già nei primi decenni del Novecento, ma fu un importante momento di riflessione sul passato e un punto di partenza verso la piena uguaglianza dei diritti delle donne e l’abbattimento di molti stereotipi di genere. Nessuno è oggi in grado di misurare quanta strada sia stata percorsa in tale direzione, ma credo che nessuno degli ultracinquantenni possa negare che in questi ultimi decenni, almeno in Svizzera, l’avvicinamento alla parità sia notevolmente progredito non solo sul fronte salariale, ma anche in altri ambiti, sebbene sia innegabile che in alcuni campi la parità sia ancora lontana.
Dati significativi
Un primo riscontro si ha nella stessa Festa della donna (l’8 marzo) che, voluta dalla Seconda conferenza internazionale
delle donne comuniste del 1921 insieme all’istituzione della Giornata
internazionale dell’operaia come momento di lotta e di rivendicazione di diritti
fondamentali delle donne lavoratrici, è rimasta ancora un momento utile
di riflessione sulla condizione femminile, specialmente dove le donne sono discriminate
e subiscono molte violenze, ma è diventata nei nostri Paesi, e dunque anche in
Svizzera, soprattutto la Festa delle donne e un’occasione gioiosa di omaggiare le donne in quanto tali.
A riguardo della parità
salariale è vero che anche in Svizzera non è stata ancora raggiunta,
specialmente nel privato, perché il salario delle donne è inferiore, a
parità di competenze, a quello degli uomini con una variazione dall’11% al 18%,
ma la distanza si accorcia sempre di più, soprattutto nel settore pubblico. In
generale, a parità di posizione professionale, il salario delle donne è mediamente
inferiore a quello degli uomini di almeno il 6% (quando non hanno funzioni di
quadro) fino al 15% (quando appartengono ai quadri medi e superiori).
Le differenze sono più ingiustificate soprattutto nelle
professioni che presuppongono formazioni specialistiche o accademiche, nelle
quali le donne hanno praticamente raggiunto (e in molti casi superato) la
parità con gli uomini. Se a parità di formazione (patente di insegnante) le
donne guadagnano mediamente il 4% in meno degli uomini, riesce difficile
accettare che la differenza si elevi al 17% nelle scuole universitarie.
Anche riguardo alla posizione professionale a livello
dirigenziale il progresso delle donne è notevole e ogni anno aumenta: 2022:
31%, 2023: 32%, 2024: 35%. Nella fascia d’età dai 25 ai 39 anni le donne
dirigenti costituivano nel 2024 ben il 41%. A titolo di paragone si può
osservare che nella fascia d’età 40-54 anni la quota era solo del 30%.
La chiave di volta
A questo punto è facile osservare che tutto è legato, nella
vita delle donne come nell’intera società: formazione, attività e posizione
professionale, retribuzione, vita sociale; ma il primo e fondamentale anello
della catena, la chiave di volta, è la formazione. Tutti dovrebbero
rendersene conto, ma specialmente i politici europei e nazionali dovrebbero sentire
il dovere morale e sociale di destinare sempre maggiori risorse alla formazione,
con lungimiranza e senso di responsabilità, soprattutto nei confronti delle
giovani generazioni.
Berna 12.03.2025
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