Il 1° gennaio 1948 entrava in vigore la Costituzione della Repubblica italiana, dunque 75 anni fa. Per l’età e la lentezza di funzionamento di qualche suo organo, c’è chi la considera «vecchia» e, almeno in parte, da sostituire. Certamente è modificabile, ma prima di metter mano a cambiamenti discutibili, non si dovrebbe almeno cercare di realizzare pienamente le parti non modificabili (Principi fondamentali), che conservano un’incredibile potenzialità di sviluppo? Mi soffermerò, a titolo di esempio, soltanto su un paio di articoli, che illustrano bene sia la serietà e lungimiranza dei padri costituenti che li hanno pensati e imposti e sia la loro insufficiente attuazione da parte di Governi distratti evidentemente da altri interessi.
L’Italia è fondata sul lavoro e sui lavoratori
L’articolo 1 recita: L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Non può essere senza
significato che la Costituzione italiana inizi con questo articolo di una forza
e una portata straordinaria. Infatti, esso indica non solo il fondamento su cui
i padri costituenti hanno voluto che nascesse e si sviluppasse l’Italia
repubblicana, ma anche il metodo con cui gli organi dello Stato avrebbero
dovuto svolgere le loro funzioni, ossia in maniera solida, democratica,
costituzionale, sostenibile.
Solo attraverso il
lavoro la nuova Repubblica si sarebbe riscattata dall'onta della sconfitta e
avrebbe affrontato con determinazione e fiducia la grande sfida della
ricostruzione, del riposizionamento nel contesto delle grandi democrazie
occidentali, della riconquista del benessere e della spinta innovativa verso
quella cooperazione fra i popoli che si stava prospettando a livello europeo e
mondiale.
La sovranità appartiene al popolo
La seconda frase è un’estensione della prima, dove già si diceva che l’Italia è una Repubblica «democratica», ossia basata sul governo del «popolo» (demos). Ora, tuttavia, il popolo che lavora viene indicato espressamente come «sovrano», ossia come autorità suprema che non ne ha alcun’altra al di sopra. Non è «suddito» che dipende dalla sovranità dello Stato, ma è lui il «sovrano», protagonista e artefice del proprio destino, anche se esercita il potere solitamente tramite organismi delegati ad agire in suo nome.
Dicendo che «la sovranità appartiene al popolo», i costituenti non hanno voluto soltanto escludere altre fonti superiori del
diritto e del potere (come si sosteneva spesso nel passato), ma hanno inteso
segnalare che è il popolo che lavora l’unico «sovrano» d’Italia, a cui si deve
rispetto e pieno sostegno per poter raggiungere attraverso il lavoro i suoi
obiettivi di sviluppo e prosperità. E per non restare nel vago e nell'incerto
hanno voluto precisare che la sovranità è esercitata «nelle forme e nei limiti della Costituzione». E’ ovvio, perché una società ordinata ha le
sue regole, le quali, però, non vengono imposte dall'alto, ma sono condivise
dal basso.
La Repubblica tutela il lavoro
Per le ragioni dette, una delle principali conseguenze derivanti dall'articolo 1 della Costituzione dovrebbe essere l’obbligo dello Stato di tutelare il lavoro non solo in Italia («la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni», art. 35, comma 1), ma anche all'estero («tutela il lavoro italiano all'estero», art, 35, comma 4). E’ invece sotto gli occhi di tutti che questa tutela è carente, non solo perché si assiste ancora a troppe morti sul lavoro e a forme inaccettabili di sfruttamento, ma soprattutto perché mancano specialmente al Sud sufficienti e adeguati posti di lavoro e non si riesce a evitare che molti cittadini siano costretti a emigrare al Nord e persino all'estero.
Si può dire, come
ripete spesso il presidente Mattarella, che emigrare dovrebbe essere
un’«opportunità», ma di fatto è ancora una «scelta obbligata» e bisognerebbe richiamare
lo Stato all'obbligo di tutelare maggiormente il lavoro, a favorire gli
investimenti e l’occupazione specialmente al Sud e a porre in essere,
finalmente, misure efficaci per arrestare i flussi emigratori involontari. Se
lo facesse sarebbe un bell'omaggio alla Costituzione, sempre vitale, e ai padri
costituenti che hanno visto bene e lontano, ma anche una forma di rispetto
verso il popolo sovrano e un contributo alla prosperità comune.
Giovanni Longu
Berna 22.11.2023
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