Negli articoli precedenti è stata messa in evidenza la volontà delle autorità svizzere di favorire il più possibile l’integrazione degli stranieri e in particolare di quelli della seconda generazione. A molti critici della politica immigratoria svizzera è sempre sfuggito l’aspetto innovativo di quella politica, che invece merita di essere tenuto presente. Si trattava infatti di creare le condizioni per un’integrazione degli stranieri che intendevano prolungare a tempo indeterminato il loro soggiorno in Svizzera. Facile a dirsi, ma difficile a realizzarsi, il Consiglio federale richiese la partecipazione attiva delle istituzioni e della popolazione indigena, chiamate in primo luogo a modificare radicalmente atteggiamenti e comportamenti consolidati nei confronti degli immigrati transitori.
Da Gastarbeiter a concittadin
La politica d’integrazione della Svizzera, avviata negli anni Settanta e portata avanti tenacemente negli anni Ottanta e Novanta, ha rappresentato una svolta radicale non solo nella politica immigratoria federale, ma anche nelle coscienze di moltissimi svizzeri. Per rendersene conto basterebbe riflettere su tre espressioni usate in epoche diverse per definire gli immigrati stranieri: «lavoratori ospiti» (Gastarbeiter), collaboratori (Mitarbeiter) e concittadini (Mitbürger).Esiste una vasta letteratura sui Gastarbeiter
e sulle problematiche che li hanno riguardati e sarebbe superfluo rievocarle
anche solo sommariamente. Si può però ricordare che quel termine simboleggiava
bene la precarietà, lo sfruttamento e talvolta le discriminazioni subite dai lavoratori
immigrati in un Paese che non voleva essere considerato «d’immigrazione» (si
veda articolo precedente) e faceva di tutto per scoraggiare la permanenza
prolungata degli stranieri. Potevano anche essere ben pagati, ma non dovevano
nemmeno sperare di eguagliare nei diritti e nel rispetto i cittadini svizzeri.
Quando le esigenze dell’economia mutarono e richiesero la
stabilizzazione della manodopera straniera, soprattutto se qualificata, gli
stranieri divennero lentamente «collaboratori» (Mitarbeiter)
apprezzati e in molti casi indispensabili. Rimanevano comunque ancora distanti,
fremd, stranieri, che non potevano essere trattati come concittadini con
pieni diritti. Il loro permesso di soggiorno era temporaneo e anche nel caso
dei «domiciliati» poteva, in casi speciali, non essere rinnovato. Si poteva
restare stranieri anche dopo la seconda, la terza… generazione.
Dalla seconda metà degli anni Sessanta, quando venne alla
ribalta il tema della seconda generazione, s’impose in tutta la sua gravità
anche il problema del futuro dei figli dei lavoratori stranieri. Poiché le
probabilità che anche i figli dei Gastarbeiter o Mitarbeiter
stranieri restassero a lungo e forse per sempre in Svizzera, il Consiglio
federale cominciò già dagli anni Settanta a prendere provvedimenti per favorire
la loro integrazione e, a richiesta degli interessati, la loro
naturalizzazione. Solo allora gli stranieri sarebbero diventati a pieno titolo concittadini
svizzeri, Mitbürger.
Difficoltà non solo burocratiche
Molti naturalizzati hanno lamentato in passato lentezze
della burocrazia svizzera, dimenticando forse che in uno Stato federale molte
procedure diventano lente perché devono superare diversi livelli. Anche per la
naturalizzazione sarebbe stato impossibile che la Confederazione scavalcasse i
Cantoni e i Comuni, sempre gelosi delle proprie prerogative. Oltre che dal
federalismo, le naturalizzazioni in Svizzera erano frenate anche dalla
situazione socio-politica, che doveva sempre tener conto dei movimenti xenofobi
costantemente in agguato per evitare il pericolo dell'inforestierimento: non si
poteva facilitare troppo la naturalizzazione, anche nel caso dell’evidente
integrazione piena degli interessati.
Di fatto, sebbene a rilento, i processi di integrazione e di
naturalizzazione sono andati avanti e se oggi, per gli italiani residenti in
Svizzera, si può parlare della collettività straniera più integrata, si deve
aggiungere che è anche quella che ha il maggior numero di persone con la doppia
cittadinanza: sono infatti circa 300.000 gli italiani che hanno sia la
cittadinanza italiana che quella svizzera.
Giovanni Longu
Berna, 20.04.2022
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