Il prossimo 5 giugno i
cittadini svizzeri saranno chiamati a votare su ben cinque oggetti: 1) Iniziativa popolare
del 30 maggio 2013 «A favore del servizio pubblico», 2) Iniziativa popolare del
4 ottobre 2013 «Per un reddito di base incondizionato», 3) Iniziativa popolare
del 10 marzo 2014 «Per un equo finanziamento dei trasporti», 4) Modifica del 12
dicembre 2014 della legge federale concernente la procreazione con assistenza
medica, 5) Modifica del 25 settembre 2015 della legge sull'asilo.
A ben vedere, si tratta di cinque argomenti (senza contare quelli aggiuntivi di alcuni Cantoni) che presi singolarmente possono costituire serie difficoltà di comprensione e quindi di decisione a molte persone. Già questa difficoltà iniziale può spiegare perché il tasso di votanti in Svizzera è solitamente molto basso. Ed è comprensibile la domanda che spesso ho sentito, soprattutto da italiani, ma anche da svizzeri: perché dunque sottoporre al popolo così tanti quesiti per di più di difficile comprensione?
Grande dimostrazione di democrazia diretta
La risposta non è facile e sicuramente non può essere esaustiva e
soddisfacente per tutti. Eppure trovo la frequenza (più volte l’anno, spesso
quattro volte) con cui il Consiglio federale chiama al voto i cittadini una
grande dimostrazione di democrazia. Talvolta si tratta di un obbligo
costituzionale perché concerne modifiche della Costituzione (che devono essere
sempre approvate dal popolo sovrano), come nel caso delle tre iniziative
popolari sulle quali si voterà il prossimo 5 giugno, ma spesso sono i cittadini
che con un referendum chiedono la verifica popolare di una norma votata dal
Parlamento, come nel caso del 4° e 5° oggetto in votazione.
Seguo da molti anni la politica svizzera e posso assicurare che non ho
mai sentito un consigliere federale dichiarare all’indomani di una votazione
dall’esito ritenuto scontato alla vigilia: «Avete visto? Era inutile andare a
votare. Soldi sprecati!». Non che tutte le iniziative o tutti i referendum
abbiano reali possibilità di essere approvati, ma entrambi questi strumenti a
disposizione dei cittadini sono ritenuti vitali per la democrazia. Nessun
membro del governo si sognerebbe mai di invitare i concittadini a non andare a
votare perché l’esito appare scontato. La partecipazione popolare in questo
Paese è ritenuta fondamentale.
In molte occasioni, e la prossima votazione non fa eccezione, il governo
redige un opuscolo informativo con le «Spiegazioni del Consiglio federale»
in cui presenta tutte le informazioni necessarie e utili ai cittadini per
votare con scienza e coscienza i vari oggetti. Lo fa in una maniera
generalmente semplice e comprensibile (si fa per dire, perché talvolta i temi
sono oggettivamente complessi), riferendo sia la posizione dei promotori delle
iniziative o dei referendum e sia la posizione del parlamento e del governo. Raramente
mi è capitato di leggere accuse al governo di mancanza di obiettività in queste
presentazioni.
Un esempio: l’iniziativa sul servizio pubblico
Per essere più concreto prendo come esempio le spiegazioni governative
relative al primo oggetto in votazione il 5 giugno prossimo. Dopo la
presentazione della domanda che figura sulla scheda (Volete accettare l’iniziativa
popolare «A favore del servizio pubblico»?) e la raccomandazione del
Consiglio federale e del Parlamento di respingere l’iniziativa, segue un breve
riassunto del contenuto dell’iniziativa. Dopodiché vengono presentate più
approfonditamente le posizioni dapprima dei promotori dell’iniziativa (che
viene riportata integralmente) e poi del Consiglio federale.
La conclusione del Consiglio federale, in questo caso (visto anche che
il Consiglio nazionale aveva respinto l’iniziativa con 196 voti contro 0 senza
astensioni e il Consiglio degli Stati con 43 voti contro 0 senza astensioni), è
semplice: Per tutte queste ragioni, Consiglio federale e Parlamento
raccomandano di respingere l’iniziativa popolare «A favore del servizio
pubblico».
Non occorre essere profeti per prevedere la bocciatura dell’iniziativa
il prossimo 5 giugno. Eppure non credo che si possa dire che recarsi alle urne
sia inutile o uno spreco di denaro. Del resto gli svizzeri, anche coloro che a
votare non ci andranno, sanno bene che ogni votazione è un’occasione importante
non solo per misurare maggioranza e opposizione e far conoscere alla
maggioranza i punti di vista e le richieste della minoranza, ma anche, e forse
soprattutto, per essere costantemente informati sulla cosa pubblica, sui
problemi presenti e sulle prospettive future.
Discussione sul servizio pubblico
![]() | ||
Doris Leuthard |
Ho assistito a un incontro organizzato dall’associazione Forum Helveticum,
al quale hanno partecipato per il governo la consigliera federale Doris
Leuthard, per i favorevoli all’iniziativa alcuni esponenti del comitato
promotore e per il servizio pubblico rappresentanti della politica e della
comunicazione. In un Paese riconosciuto generalmente come serio ed efficiente,
m’interessava capire come mai, ciononostante, esistano parti di popolazione che
vorrebbero un servizio pubblico «di qualità».
In effetti ci sono cittadini-consumatori che
si lamentano perché, secondo loro, le prestazioni si riducono, i prezzi
aumentano e la qualità diminuisce. Per questo è stata lanciata qualche anno fa
da alcune riviste per consumatori l’iniziativa che prossimamente andrà in
votazione sul servizio pubblico di qualità.
Devo dire che il dibattito a cui ho assistito si è svolto in
un’atmosfera corretta, oggettiva e costruttiva. I vari esponenti della tavola
rotonda hanno potuto esprimere i propri punti di vista senza essere interrotti e,
tra il pubblico, ognuno ha avuto modo di farsi un’idea più precisa
sull’argomento. Inevitabilmente il mio pensiero ha fatto un rapido confronto
con analoghi dibattiti alla televisione italiana e la differenza a favore di
questo che stavo seguendo è emersa nettamente.
Probabilmente alla fine il pubblico presente è rimasto con la
convinzione che si era fatta in precedenza, ma non possono non aver colpito
positivamente le parole della consigliera federale Leutard in difesa del
servizio pubblico attuale argomentando: poiché il servizio
universale è erogato in prima linea dalle imprese parastatali Swisscom, Posta e
Ferrovie federali, la Confederazione detta loro i requisiti sull'offerta dei
servizi, provvede affinché le prestazioni «siano ovunque di buona qualità e
accessibili a prezzi ragionevoli» e vigila sul raggiungimento degli obiettivi,
pur garantendo un margine di libertà d'impresa che consenta loro di restare
competitive; limitare il margine di manovra della Posta,
di Swisscom e delle FFS indebolirebbe il servizio pubblico in Svizzera.
Quanto ai risultati
concreti, la consigliera federale ha ricordato che generalmente «i treni sono puntuali, la posta viene consegnata entro i tempi previsti,
le telecomunicazioni funzionano con grande efficienza: il valido servizio
pubblico, che copre tutto il Paese, è un marchio di qualità della Svizzera ed è
al contempo un presupposto per l'elevata qualità di vita e un'economia prospera». Come per dire: cosa volete di più?
E in Italia?
Se qualcuno volesse fare un confronto con l’Italia dovrebbe considerare certamente
la differenza delle proporzioni: è sempre più facile gestire entità
territoriali piccole rispetto a quelle più grosse. Pur facendo tutte le
considerazioni preliminari del caso, non credo però che ci possano essere dubbi
sulle differenze macroscopiche, almeno quelle rilevate quotidianamente dai
mezzi di comunicazione sociale, tra la Svizzera e l’Italia. Prendendo in
considerazione, per esempio, il sistema dei trasporti, non sfugge, credo, a
nessun italiano la differenza delle prestazioni tra nord e sud Italia, tra
treni a lunga percorrenza e treni regionali soprattutto nei trasporti
pendolari, in fatto di pulizia, puntualità, comodità, ecc.
![]() |
Enrico Mentana |
Ancor più vistosa la differenza sul servizio pubblico tra la Svizzera e l’Italia
nel settore dell’informazione. Potrei essere smentito, ma non mi capita quasi
mai di seguire alla televisione italiana un dibattito politico serio e
obiettivo perché l’approccio è quasi sempre prevalentemente ideologico (spesso
partitico, anzi partigiano) e scarsamente ragionato con riferimenti a dati e
fatti documentati. Specialmente gli interventi dei politici si risolvono
frequentemente in chiacchiere vuote.
Il
presidente del Consiglio Matteo Renzi ha osato recentemente attaccare il
sistema d’informazione dei talk show e ha provocato una
generale levata di scudi con una specie di portabandiera in prima linea, Enrico
Mentana, che ha invitato Renzi a smetterla di dare la colpa ai media,
perché «se non ci fosse la televisione a spiegare le ragioni dell'uno, le
ragioni dell'altro e anche le sue ragioni, noi non potremmo, come cittadini,
decidere cosa fare».
Che dire? Troppo aggressivo Renzi (perché
senza i talk show milioni di italiani la sera non saprebbero cosa guardare), ma
anche troppo autoreferenziale Mentana (e altri conduttori come lui), perché, a
mio parere, il livello informativo di gran parte dei talk show è molto
scarso. In quasi tutti il protagonista è lui, il conduttore, non l’informazione
oggettiva e pluralista. Il padre-padrone del «Servizio pubblico» (come osò
chiamare la sua trasmissione) Michele Santoro ha fatto evidentemente scuola.
In conclusione
Il prossimo 5 giugno il popolo svizzero andrà a votare su un’iniziativa
che chiede un «servizio pubblico di qualità», ben sapendo che nel confronto internazionale «lo standard del
servizio universale in Svizzera è elevatissimo. Negli ultimi anni i fornitori
del servizio pubblico sono molto cresciuti in quanto a performance e lo
finanziano in gran parte autonomamente. Inoltre, a parità di potere d’acquisto,
i prezzi si possono considerare convenienti nel confronto europeo».
Quanto all’Italia, prima di raggiungere
posizioni di punta, deve ancora migliorare notevolmente sia il settore dei
trasporti che delle comunicazioni, per non parlare di altri settori di base su
cui la polemica infuria da mesi, anzi da anni, quali la sanità e la giustizia.
Giovanni Longu
Berna, 27.04.2016
Berna, 27.04.2016
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