Il 25 aprile è stata commemorata anche in Svizzera la Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dal fascismo. Raramente, tuttavia, si è andati oltre la rievocazione storica di quel che accadde 71 anni fa per soffermarsi sulle conseguenze politiche immediate e durevoli, fino ai nostri giorni: l’estensione del diritto di voto alle donne, il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 per la scelta tra monarchia e repubblica, l’adozione della Costituzione repubblicana il 22 dicembre 1947, l’organizzazione e l’attività dello Stato, ecc.
Attualità del 25 aprile
Personalmente trovo
sproporzionata, almeno nei discorsi commemorativi che ho potuto seguire
attraverso video o resoconti scritti, la parte dedicata alla storia rispetto
alle considerazioni che si potrebbero fare sul presente. Oltretutto, la
rievocazione di pagine drammatiche della storia d’Italia da parte di chi non le
ha vissute, ma le conosce solo per averle imparate a scuola o sentite
raccontare dal nonno o dallo zio, pecca sempre di ripetizione di cose già note
e archiviate nella memoria. Anche per questo, forse, i giovani disertano (salvo
rare eccezioni) questo tipo di celebrazioni e i meno giovani vi partecipano per
la forza dell’abitudine o attratti da qualche personaggio illustre invitato per
il discorso ufficiale.
Eppure, la giornata
del 25 aprile è una di quelle occasioni in cui la partecipazione degli
italiani, giovani e meno giovani, dovrebbe essere fortemente sollecitata,
perché il movimento della Resistenza e la sua conclusione vittoriosa furono
eventi che avviarono una serie di cambiamenti, alcuni dei quali non hanno
ancora raggiunto pienamente i loro effetti, mentre altri rischiano, a mio
parere, un’involuzione. Sull’attualità dei valori della Resistenza nel contesto
di una crisi non ancora pienamente superata e della prospettiva di cambiamenti
che possono allontanarsi da quei valori mi aspettavo interventi più precisi e
incisivi. La Resistenza e la Liberazione sono sempre un riferimento prezioso
per valutare lo stato di realizzazione dell’Italia nata da quegli eventi.
Mi riferisco, per fare
qualche esempio, alla implementazione della scelta repubblicana (parlamentare),
alla concezione antiautoritaria dello Stato (evidente
diffidenza verso un governo forte e grande fiducia nel sistema parlamentare
bicamerale), alla concretizzazione dei principi fondamentali
(«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La
sovranità appartiene al popolo… L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli
altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…»), agli equilibri degli organi dello Stato, agli ideali di una società laboriosa, egalitaria, solidale,
rispettosa delle minoranze.
Domande sul presente
A che punto si trova oggi l’Italia al riguardo? Le riforme costituzionali attuali rispecchiano gli ideali della Resistenza e della Liberazione? Mi
parrebbe più che opportuno, in queste celebrazioni, rispondere a questi e a
simili interrogativi.
Purtroppo, sulle
conseguenze non immediate del 25 aprile, ho sentito e letto poche parole, per
lo più generiche, sia in Italia che in Svizzera. Mancanza di coraggio?
Appiattimento del senso critico? Assuefazione? Perdita di senso civico? Fatto
sta che ho sentito e letto (ma forse il meglio mi è sfuggito) quasi soltanto generici
richiami all’antifascismo, agli ideali della Resistenza, inviti a «tenere alta
la guardia» (presidente del Consiglio Matteo Renzi), ad affermare «i valori
della Resistenza… perché guerre e violenze crudeli si manifestano ai confini
d’Europa, in Mediterraneo, in Medio Oriente» (presidente
della Repubblica Sergio Mattarella), ad osservare criticamente quel che
sta succedendo in Europa con la costruzione di muri, la chiusura di frontiere,
fino alla recente vittoria in Austria del «partito fascista», ecc.
In Italia, solo il
presidente del Senato Piero Grasso ha
saputo indicare, a mio parere, alcuni nemici veri e attuali contro cui lottare,
per esempio la corruzione, l’avvilente caduta etica, l’abuso delle funzioni e
delle risorse pubbliche, la crescente disuguaglianza, ecc. Molto più incisivo e
dettagliato è stato tuttavia un articolo di Ernesto Galli della Loggia,
secondo cui «in Italia il marcio della politica è il marcio di tutta una
società che da tre, quattro decenni, per mille ragioni — non tutte necessariamente
malvagie — ha deciso sempre più di chiudere un occhio, di permettere, di non
punire, di condonare».
In Svizzera: un'accusa strampalata e un auspicio
In Svizzera nessun politico ha osato tanto.
Sembra tuttavia che, a Zurigo, il sen. Claudio Micheloni, abbia
accennato ai problemi che solleva la riforma costituzionale. Prontamente è
intervenuto il compagno di partito (PD) Alessio Tacconi (già deputato 5
Stelle e poi confluito nel PD!) accusando senza giri di parole Micheloni di
aver «utilizzato le celebrazioni del 25 aprile presso la Casa d'Italia di
Zurigo per iniziare alla grande la campagna elettorale contro la riforma
costituzionale».
Senza entrare nel merito, perché non ho né
sentito né letto il discorso di Micheloni, l’accusa di Tacconi mi sembra davvero
strampalata e persino contraria allo spirito della Liberazione. Non vedo
infatti cosa ci sia di scandaloso che un senatore della Repubblica, in
occasione della celebrazione del 25 aprile, parli delle riforme costituzionali
sulle quali si voterà in autunno. Anzi lo trovo molto pertinente, soprattutto
se vede, come è lecito vedere, in tali riforme un tema su cui riflettere e di
cui discutere, visto che concerne il futuro dell'Italia democratica e delle
libertà civiche dei cittadini italiani.
Mi auguro pertanto che tale riflessione e
il dibattito possano continuare anche tra i connazionali in Svizzera senza
bavagli e senza preconcetti, come conviene a persone libere.
Giovanni Longu
Berna, 30 aprile
Berna, 30 aprile
2016
A ruota libera.
RispondiEliminaGli anni di governo di Benito Mussolini furono legittimi, nessun suo atto fu illegale. Non ci furono forzature.
Anche le leggi razziali furono emanate in punta di diritto. Tutto nella legalità.
L’architettura legislativa dell’epoca ha permesso tutto questo.
Da un po’ di tempo abbiamo perso di vista la funzione reale che le moderne democrazie affidano al governo: mettere in esecuzione la politica espressa dal Parlamento, amministrare la nazione nella sua quotidianità, anticipare i problemi e proporne le soluzioni, fornire al legislatore dati precisi.
Restiamo imperturbabili quando un partito di governo attacca i Rom, la maggior parte sono cittadini italiani residente in Italia da 400 e passa anni, la minor parte cittadini europei.
E se non lo fossero risolviamo il problema sgomberandoli dai campi abusivi senza chiederci: e dopo dove vanno?
Lo chiamiamo prèmier scordandoci che un Primo Ministro ha poteri molto più ampi di Presidente del Consiglio dei Ministri (PdCM) e che non abbiamo, a legislazione vigente, dei poteri di bilanciamento.
Ci siamo convinti, la stampa aiuta, che un PdCM è una figura elettiva e questo la dice lunga sulla nostra cultura politica .
Queste mie considerazioni mi portano alla conclusione che il 25 Aprile c’è poco da festeggiare e molto da studiare.
Nino Alizzi