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In questo articolo
desidero evidenziare alcuni aspetti che stanno a monte dell’idea stessa del
collegamento ferroviario nord-sud attraverso il San Gottardo: come è nato e
come si è sviluppato lo «spirito gottardista» per unire l’Europa.
San Gottardo quasi
invalicabile
Durante il primo millennio della nostra era,
il passaggio attraverso il passo del San Gottardo era considerato estremamente
difficile se non impossibile, nonostante s’intuisse che fosse il collegamento
più diretto e più breve tra nord e sud. Per le difficoltà climatiche evidenti
di attraversarlo soprattutto nella stagione invernale, i romani utilizzavano
altri valichi quali il passo del Gran San Bernardo, il passo del Settimo, il
passo del San Bernardino e il passo del Lucomagno.
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Diligenza del San Gottardo |
La «via delle genti» diventa lentamente percorribile
Dal Settecento, con lo sviluppo del turismo e
dei commerci, crebbe sempre più l’interesse ad attraversare il San Gottardo sia
per la brevità del percorso e sia perché le mulattiere venivano via via
migliorate. Si cominciò a chiamare questa trasversale alpina «la via delle
genti» per sottolinearne la caratteristica di via più breve percorsa da un
numero sempre crescente di persone, ormai non più solo pellegrini, commercianti
e soldati, ma anche turisti, migranti, corrieri postali, professionisti,
imprenditori, giornalisti. Nel 1830, con l’apertura della prima strada di
valico, i maggiori ostacoli a percorrerla da nord a sud erano ormai eliminati.
Le diligenze trainate da cavalli la percorrevano più volte al giorno.
Col passare del tempo e nonostante i
miglioramenti apportati, la via delle genti diveniva insufficiente e inadeguata
per soddisfare le richieste crescenti sia del trasporto delle persone che del
traffico merci. L’ostacolo insormontabile era rappresentano soprattutto dalla
lunga stagione invernale che impediva qualsiasi passaggio. Non si sa
esattamente a partire da quando, ma è probabile che almeno dagli inizi
dell’Ottocento si sia cominciato a pensare a rendere la via delle genti aperta
al traffico il più a lungo possibile. In Europa, e di riflesso anche in
Svizzera, si cominciava già a parlare di «ferrovia» o «strada ferrata».
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San Gottardo: operai, per lo più italiani, durante i lavori di scavo. |
Il federalismo frena
Spesso si osserva che la Svizzera ha
cominciato a dotarsi di una propria rete ferroviaria con alcuni decenni di
ritardo rispetto ai Paesi vicini. Non viene tuttavia sottolineato abbastanza
che prima del 1848 non esisteva un potere federale centrale, capace di prendere
decisioni per l’intero Paese, e che anche dopo il 1848 la Costituzione federale
non prevedeva una specifica competenza della Confederazione in materia di
trasporti. La concessione ferroviaria spettava ai Cantoni (conseguenza del
federalismo), che non si facevano scrupolo di utilizzare questa competenza come
un’arma. Nel 1847 i Cantoni si erano trovati sull’orlo della guerra civile
proprio per le differenze non solo confessionali (cattolici/protestanti) o
ideologiche (conservatori/liberali radicali), ma anche economiche (Cantoni
forti e Cantoni deboli) e di prestigio. Con la pace e l’adozione della
Costituzione federale (1848) le divergenze non erano scomparse, ma continuavano
in altri modi.
Dal 1848, tuttavia, anche sotto la spinta di
interessi nazionali e internazionali, la Confederazione decise di affrontare il
problema dei trasporti ferroviari alla luce del ritardo accumulato nei
confronti degli altri Paesi e soprattutto per consentire un miglior
coordinamento tra i vari progetti che erano allo studio in diversi Cantoni in
vista di migliorare tutto il sistema delle comunicazioni interne e con l’estero.
Si trattava anzitutto di chiarire le
competenze dei Cantoni e della Confederazione. Un primo tentativo, nel 1852,
non risolse interamente la questione perché le Camere federali decisero di
lasciare ai Cantoni la competenza principale, riservando tuttavia alla
Confederazione un potere di controllo e il diritto delle autorizzazioni per le
costruzioni ferroviarie. Ne seppe fare buon uso perché da quel momento venne
coinvolta in tutti i grandi progetti ferroviari, che andavano moltiplicandosi
anche sotto la spinta di alcuni grandi gruppi finanziari europei (come Rotschild,
Crédit Mobilier) e svizzeri, soprattutto lo Schweizerische
Kreditanstalt/Credit Suisse, fondato nel 1856 a Zurigo dal potente
banchiere Alfred Escher.
La soluzione gottardista si fa strada
Escher era convinto che fosse possibile
costruire una galleria ferroviaria sotto il Gottardo: la tecnologia era
disponibile (in Europa), le maestranze abbondanti in Svizzera e nei Paesi
vicini, i finanziamenti reperibili; si trattava solo (ma non era poco!) di
convincere i Cantoni e gli Stati europei interessati. Non era tuttavia l’unico
a sostenere la fattibilità di un tunnel sotto il San Gottardo.
Tra i fautori dell’attraversamento ferroviario
del San Gottardo, fin dalla seconda metà dell’Ottocento, non si possono
dimenticare l’ingegnere ticinese Pasquale Lucchini e il politico milanese
Carlo Cattaneo, allora esiliato in Ticino. Cattaneo convinse
dell’opzione Gottardo, fra le diverse che erano allora in discussione, il suo
grande amico e primo consigliere federale ticinese Stefano Franscini (dal
1848 al 1857), il quale a sua volta passò il testimone al suo successore a
Berna, il locarnese Giovanni Battista Pioda.
Dopo aver dimissionato dal Consiglio federale
(1864), Pioda venne inviato come Ministro di Svizzera a Torino e uno dei suoi
obiettivi fu proprio quello di convincere il governo italiano sulla giusta
causa del Gottardo. E vi riuscì, grazie anche alla preparazione che aveva fatto
il Cattaneo, al quale era riuscito di far cambiare idea allo stesso Conte di
Cavour, prima favorevole a una ferrovia attraverso il Lucomagno. Da quel
momento l’Italia divenne una grande sostenitrice e la principale finanziatrice
dell’opera. Il 17 gennaio 1871 venne firmata la Convenzione sul Gottardo tra la
Svizzera, l’Italia e la Germania. Il 28 ottobre 1871 venne stipulata a Berlino
la Convenzione per la costruzione della ferrovia del Gottardo, le cui ratifiche
vennero scambiate a Berna il 31 ottobre 1871.
Impresa di civiltà riuscita!
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1° giugno 1882: inaugurazione della ferrovia del Gottardo. |
I lavori durarono dieci anni, dal 1872 al
1882. Sono note le enormi difficoltà che hanno dovuto affrontare e superare le
migliaia di operai, quasi tutti italiani, che hanno svolto l’opera in
condizioni spesso disumane. Il lavoro nel tunnel era duro e malsano a causa
delle alte temperature che superavano i 30 gradi previsti nel progetto
iniziale, della scarsa ventilazione e dei gas che si respiravano. Circa 200
lavoratori perirono a causa di incidenti gravi, molti di più morirono, dopo la
fine dei lavori, in seguito alla cosiddetta «anemia del Gottardo» contratta a
causa delle malsane condizioni igieniche. L’alimentazione era scarsa e
inadeguata, probabilmente anche per un eccesso di risparmio da parte dei
lavoratori, che pensavano soprattutto a mettere da parte e inviare alla
famiglia il massimo possibile. Le condizioni di alloggio erano pessime. I
salari erano bassi, rispetto a quelli che si percepivano per lo stesso di tipo
di lavoro in condizioni all’aperto.
Dieci anni dall’inizio dei lavori, verso fine
maggio 1882, venne inaugurata con grandi festeggiamenti in Svizzera e in Italia
quella che con i suoi 15 chilometri era allora la galleria ferroviaria più
lunga del mondo, «la ferrovia del secolo», «un trionfo della scienza e
dell’industria», una grande «opera di civiltà», risultato della collaborazione
internazionale.
Sul significato «europeo» di quella grande
impresa e della galleria di base del San Gottardo che sta per essere inaugurata
il 1° giugno 2016 tornerò nel prossimo articolo. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 18.5.2016
Berna, 18.5.2016
Un bell'articolo.Di riflesso mi viene da pensare che gli svizzeri fecero tesoro di questa prima (prima?) esperienza per organizzare al meglio i successivi cantieri sia in termini di sicurezza che di organizzazioni.
RispondiEliminaFecero sì tesoro, perché la tecnica fece nel frattempo grandi progressi (soprattutto nel campo delle perforatrici), ma le condizioni di lavoro rimasero per molto tempo durissime. Si ebbero comunque sempre meno morti sul lavoro(67 durante durante il traforo del Sempione e 64 in quello del Lötschberg, molti di meno durante la realizzazione di AlpTransit), grazie soprattutto alle maggiori misure di sicurezza a protezione dei lavoratori.
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