Sono trascorsi 18 anni
dall’uscita di Flavio Cotti dal Consiglio federale e la Svizzera italiana non
ha ancora trovato un degno successore nello stesso Consiglio, nonostante si
siano presentate diverse occasioni. Non ho fatto un’analisi dettagliata delle
bocciature degli ultimi candidati «ticinesi», ma sono certo che un ostacolo è
stato rappresentato dalla pretesa del Ticino di avere un proprio
rappresentante. Né a livello costituzionale né a livello politico può essere
rivendicata una rappresentanza cantonale nell’esecutivo federale.
Ritengo pertanto che
insistere sulla rappresentanza «cantonale» (come sta avvenendo in gran parte
dei media ticinesi) possa nuocere all’ottima candidatura di Ignazio Cassis. So per
altro che lui può ben rappresentare l’italianità della Svizzera (che va
oltre la stessa Svizzera italiana, geograficamente intesa) ed è questo aspetto
che andrebbe sottolineato e privilegiato nei media e nell’opinione pubblica.
Già la prima Assemblea federale che elesse Franscini aveva presente la
necessità o quantomeno l’opportunità di avere in Consiglio federale
rappresentanti di tutte e tre le principali componenti linguistiche e culturali
della Svizzera.
Inoltre, i rapporti di
buon vicinato con i tre grandi Paesi confinanti Germania, Francia e Italia
suggerivano la presenza in Consiglio federale di esponenti linguisticamente e
culturalmente vicini alle sensibilità di questi Paesi. In questo senso sono
stati di grande esempio non solo Franscini, ma anche Pioda, Motta, E. Celio,
Lepori, N. Celio e Cotti. Essi hanno contribuito in modo esemplare a rendere
eccellenti le relazioni italo-svizzere.
Ritengo inoltre che,
oggi più che in passato, limitare l’italianità entro i confini del Ticino e
persino della Svizzera italiana sia troppo riduttivo e non veritiero perché dimenticherebbe,
sminuendola, quella parte d’italianità, niente affatto trascurabile, che sta
nel resto della Svizzera.
Credo infine che sia
tempo di smettere di considerare gli immigrati italiani solo «ottimi lavoratori
che hanno contribuito al successo dell’economia svizzera» (T. Tettamanti), parlando
al passato (!) e dimenticando, per esempio, che è solo grazie a loro e ai loro
discendenti che la lingua italiana ha acquistato un effettivo valore nazionale,
che la sensibilità italiana (e ticinese) ha permeato l’intera società svizzera,
che le seconde e terze generazioni di italiani (e ticinesi) sono oggi presenti
ai massimi livelli dell’insegnamento, del giornalismo, dell’economia, della
scienza e della ricerca. Sono italiani e spesso italo-svizzeri che amerebbero,
fra l’altro, un o una esponente che rappresentasse in Consiglio federale tutta
l’italianità della Svizzera.
Giovanni Longu
Berna, 28.07.2017
", i rapporti di buon vicinato con i tre grandi Paesi confinanti Germania, Francia e Italia suggerivano la presenza in Consiglio federale di esponenti linguisticamente e culturalmente vicini alle sensibilità di questi Paesi."
RispondiEliminaQuesta considerazione basta ed avanza, senza aggiungere o togliere mulla.
A. Alizzi
Sono d'accordo, "basterebbe", ma tant'è...!
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