Joseph
Ratzinger/Benedetto XVI, da cardinale e da papa, è sempre stato molto prudente
nelle conclusioni pratiche delle sue riflessioni, soprattutto quando sapeva che
avrebbero potuto suscitare difficoltà di comprensione e di accettazione. Questa
prudenza era evidente nelle analisi storiche (per esempio sui rapporti tra
Cristianesimo e Islam), ma anche quando trattava questioni fondamentali come i
rapporti tra fede e ragione, il «diritto naturale», la sacralità della vita, i
principi di sussidiarietà e solidarietà, l’identità europea, ecc. Probabilmente
preferiva che fossero i lettori e gli ascoltatori a trarre le conclusioni, ma
talvolta ha fatto eccezione, tenendo comunque sempre ben distinti gli aspetti
teologici e le considerazioni di carattere storico, filosofico o di semplice
buon senso. Questa non è comunque l’unica premessa che occorre fare per cercare
di comprendere la sua visione dell’Europa.
Centralità dell’uomo, immagine di Dio
Va anche ricordata la sua ferma convinzione che la Chiesa non intende
intromettersi nella politica degli Stati, perché «la Chiesa non ha
soluzioni tecniche da offrire», ma non può nemmeno derogare dalla sua «missione
di verità» da compiere in ogni tempo ed evenienza per il bene dell’uomo e
della sua dignità. E poiché la fedeltà all'uomo, creato a immagine di Dio, esige
la fedeltà alla verità, garanzia di libertà e della possibilità di uno
sviluppo umano integrale, Benedetto XVI ha dato di sé stesso la qualifica di
«collaboratore della verità». Per lui, naturalmente, la Verità era soprattutto
quella «rivelata», anzi il Dio vivente in Gesù Cristo, ma anche quella terrena
dettata dalla «retta coscienza».
Un’altra premessa importante è la convinzione di
Ratzinger/Benedetto XVI che anche i non cristiani hanno un dovere di verità e
di giustizia in forza del diritto naturale (cfr. articolo precedente) a
cui tutti devono attenersi, perché è giusto ciò che a ciascuno è «dovuto» non
in forza di una religione, ma del «diritto naturale», «il solo valido baluardo contro l’arbitrio del
potere o gli inganni della manipolazione ideologica». E poiché è un
diritto naturale anche la libertà religiosa, per Benedetto XVI, sarebbe un
grave errore che Dio, la religione, non trovassero un posto anche nella sfera
pubblica.
Del resto anche le grandi Dichiarazioni dei diritti
dell’uomo fanno riferimento al diritto naturale quando affermano che «tutti
gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati
di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di
fratellanza» (Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite
del 1948, art. 1) e che «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le
libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per
ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione
politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di
nascita o di altra condizione…» (art. 2).
Benedetto XVI e l’Europa
Ancor più esplicito è stato l’Atto finale della Conferenza
sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa ((OSCE) del 1975 nell'affermare che
«gli Stati partecipanti rispettano i diritti dell'uomo e le libertà
fondamentali inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo, per
tutti senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione. Essi promuovono e
incoraggiano l'esercizio effettivo delle libertà e dei diritti civili,
politici, economici, sociali, culturali ed altri che derivano tutti dalla dignità
inerente alla persona umana e sono essenziali al suo libero e pieno sviluppo. In
questo contesto gli Stati partecipanti riconoscono e rispettano la libertà
dell'individuo di professare e praticare, solo o in comune con altri, una
religione o un credo agendo secondo i dettami della propria coscienza» (VII).
Già da queste premesse è possibile intuire quel che
Ratzinger/Benedetto XVI intendesse per «Europa», non tanto come entità
geografica (dall'Atlantico agli Urali), ma come «identità storica e culturale».
Per lui non era tanto il continente che «ha anche oggi nel mondo un grande peso
sia economico, sia culturale e intellettuale», quanto piuttosto la forza morale
positiva che l’Europa ha cercato di trasmettere nel dopoguerra e che ora (ormai
da alcuni decenni) sembrava affievolirsi. (Segue).
Giovanni Longu
Berna, 20.11.2024