Rievoco volentieri questo 75° anniversario perché la dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 è stata fondamentale per la nascita dell’Unione europea. Sebbene mirasse in primo luogo alla riconciliazione franco-tedesca, ha segnato anche l’avvio del processo di unificazione dell’Europa, tuttora in divenire. Schuman dichiarò nel Parlamento francese che il Governo intendeva proporre alla Germania la messa in comune delle risorse di carbone e di acciaio dei due Paesi, in una organizzazione aperta a tutti i Paesi d’Europa. In quella dichiarazione apparivano chiari non solo l’idea che l’Europa potesse ricomporsi e consolidarsi pacificamente, ma anche il metodo da seguire. Pur partendo da una imprescindibile riconciliazione tra Francia e Germania, l’obiettivo non era una comunità a due, ma una comunità economica e politica aperta a tutti i Paesi europei. La riconciliazione franco-tedesca doveva costituire la prima tappa di una federazione europea alla quale anche l’Italia e persino la Svizzera «neutrale» erano interessate.
L’idea del Trio Schuman-Adenauer-De Gasperi
Ho già scritto altre volte del Trio Schuman-Adenauer-De
Gasperi che è all'origine dell’Unione Europea (UE). Ne scrivo nuovamente in
occasione del 75° della dichiarazione dell’allora Ministro degli esteri Schuman
al Parlamento francese 75 anni fa, perché l’UE, visibilmente in crisi
d’identità e di prospettive, purtroppo sembra allontanarsi dall'idea originaria
di «Unione» e dallo spirito di quella dichiarazione. Il Trio aveva ben presente
i danni della seconda guerra mondiale ma anche della prima e per impedire il
ripetersi di quegli eventi disastrosi aveva intravisto la via della pace,
dell’unione e dello sviluppo come soluzione possibile e necessaria. Francamente,
non mi sembra che l’UE stia percorrendo la stessa strada. Credo che una
riflessione al riguardo di ciascun europeo possa contribuire a rendere gli
organismi comunitari più democratici e più responsabili.
I risultati finora raggiunti dall'Unione europea voluta da
quel Trio sono sotto gli occhi di tutti: la pace è stata salvaguardata, è
terminata la «guerra fredda», l’Unione si è allargata e rafforzata, lo sviluppo
ne è ancora un propulsore efficiente sebbene indebolito. Ciò nonostante, la
Commissione, come altre istituzioni europee, invece di proseguire
armoniosamente il cammino segnato, sviluppando la solidarietà e la
collaborazione, sembrano rincorrere i fantasmi delle guerre passate e rischiano
di commettere gli stessi errori.
Infatti, chi non vede nell'UE di oggi una crescita dei
nazionalismi? Chi approva l’autoriduzione dell’Europa con la rinuncia alla
Russia europea e la ripresa su vasta scala della «guerra fredda»? E chi non
avverte che il riarmo esorbitante proposto dai vertici UE finirà per sollevare
nuovi venti di guerra, favorendo fra l’altro alcuni Paesi (quelli con maggiori
possibilità di spesa) a scapito di altri meno facoltosi? Chi non vede i rischi
d’implosione dell’UE, perché si parla sempre più di una Unione a due o più
velocità e alcuni Paesi si domandano se non sia preferibile seguire l’esempio
della Gran Bretagna, mentre altri s’interrogano seriamente se convenga ancora
restare uniti ai tradizionali alleati, visto che l’ordine mondiale sta
evolvendo verso un mondo multipolare? E quanti Stati membri dell’UE, di fronte
alle crescenti difficoltà, sono disposti a cedere anche solo una piccola parte
di sovranità nazionale a beneficio di un’Unione sovranazionale sempre più
debole?
L’esempio della guerra russo-ucraina
è emblematico
Sono convinto che la guerra russo-ucraina si sarebbe potuta
evitare se l’UE fosse stata più forte e autonoma adoperandosi per far
rispettare gli accordi di Minsk del 2014 e 2015, tanto più che alcune «potenze»
(in particolare Francia e Germania) se ne erano rese garanti sotto l’egida
dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa). Non è
questo il luogo e il momento per chiedersi chi non li ha osservati, ma ritengo
che l’UE avrebbe potuto agire almeno su una parte, l’Ucraina, che certamente
non li ha osservati con motivazioni nazionalistiche e forse anche perché si
sentiva coperta dalla protezione dell’Unione e della NATO a cui intendeva
aderire.
Oggi, per fortuna, si comincia seriamente a parlare di pace
e non capisco come a molti responsabili dell’UE sfugga che è meglio sacrificare
un pezzo di territorio che vite umane (militari e civili), che la condizione
della neutralità parzialmente disarmata come è stata provvidenziale per certi
Paesi potrebbe esserlo anche per l’Ucraina, che le relazioni di buon vicinato
valgono più di certe amicizie lontane niente affatto disinteressate, che uno
sviluppo comune anche parziale è preferibile a una lotta fratricida, che non è
affatto disdicevole una certa equidistanza da Stati Uniti e Russia, avendoli
più come partner che come protettori.
Alla Commissione Europea verrebbe da chiedere perché in
questi anni di guerra non si è mai adoperata seriamente a mediare tra le
posizioni ambiziose di Putin e le richieste talvolta farneticanti di Zelensky.
Eppure argomenti per una soluzione pacifica del conflitto ce n’erano. Sarebbe
bastato riprendere alcuni punti degli Accordi di Minsk in cui si prevedeva, per
esempio, il rispetto dei diritti fondamentali (come previsto dalla Carta
dell’ONU) della minoranza russofona, l’organizzazione di elezioni libere nel
Donbass, la decentralizzazione dei poteri, uno statuto speciale per le regioni
di Donetsk e Lugansk, il diritto all'autodeterminazione linguistica, la
neutralità dell’Ucraina, ecc.
Credo che abbiano ragione quanti ritengono tale riarmo e la
Commissione che l’ha richiesto una sciagura per l’UE e un oltraggio allo
spirito dei fondatori, che volevano solo la pace e lo sviluppo solidale del
continente dall'Atlantico agli Urali. Perché nessuno Stato membro sembra
credere nella forza della riconciliazione e della solidarietà? Perché si
continua a preferire ambizioni impossibili e pericolose piuttosto che
affrontare responsabilmente la realtà? Perché si lascia predicare impunemente a
qualche Commissario che per avere la pace bisogna prepararsi alla guerra?
Perché non ci impegniamo tutti, giorno per giorno, per una pace «disarmata e
disarmante», come ha indicato al mondo papa Leone XIV all'inizio del suo pontificato (8.5.2025)?
Giovanni Longu
Berna 25.11.2025
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