23 luglio 2014

Riforme vere, non chiacchiere!


Si continua a parlare di riforme, da Matteo Renzi in giù, mentre l’Italia stenta a uscire dalla palude della crisi, della disoccupazione, della corruzione, del calo dei consumi, della mancanza di obiettivi precisi, di prospettive.
In ogni telegiornale e in ogni organo di stampa ad ampia diffusione si dedica tempo e spazio a dismisura alle «grandi riforme», spesso senza che il cittadino medio possa decifrarne il linguaggio (come se la politica non riguardasse soprattutto i cittadini) e capirne la portata, mentre non si parla mai delle «vere riforme» che la stragrande maggioranza dei cittadini si aspetta.

Italia ancora in piena crisi
Eppure gli stessi organi d’informazione aggiornano costantemente l’opinione pubblica sulle cifre della disoccupazione, della chiusura di aziende, della perdita di posti di lavoro, del calo dei consumi, della malasanità, della malagiustizia, degli sprechi. Perché la politica sembra insensibile e preferisce disquisire dell’architettura dello Stato, di riforme costituzionali e ora anche della riforma dell’Europa? E’ proprio così urgente la riforma del Senato, del rapporto Stato-Regioni, della legge elettorale? Non sarebbe stato meglio per un parlamento, fra l’altro costituitosi in base ad una legge parzialmente incostituzionale, e per un governo nato espressamente per affrontare l’emergenza, aggredire subito la crisi, soprattutto nei suoi aspetti più critici come la disoccupazione, la perdita di posti di lavoro, la povertà, il debito pubblico?

Lotta alla corruzione e all'evasione fiscale
Nel frattempo, sono riemersi in questi ultimi mesi alcuni mali fortemente penalizzanti come la corruzione e l’evasione fiscale, ma si è preferito affrontarli con alcune misure ad effetto e alcune incarcerazioni plateali piuttosto che cercare di estirparli alla radice intervenendo drasticamente nel pubblico impiego, colpendo in maniera esemplare corrotti, corruttori ed evasori fiscali, ma soprattutto pretendendo dai cosiddetti «servitori dello Stato» maggiore efficienza, maggiore rispetto dei cittadini, maggiore produttività.

Riforma della giustizia
Proprio nei giorni scorsi si è riproposta in tutta la sua evidenza la necessità di una riforma della giustizia che dia credibilità a pubblici ministeri che ricercano unicamente la verità e a giudici che sappiano interpretare fatti e testimonianze non in base a preconcetti, ma unicamente in base a certezze. Si eviterebbe fra l’altro che un tribunale contraddica l’altro pur basandosi sugli stessi fatti e le stesse testimonianze.

Provvedimenti economici
Ma anche la riforma della giustizia, per quanto indispensabile, è tutto sommato meno urgente dei provvedimenti che il governo e il parlamento devono prendere per far uscire l’Italia definitivamente dalla crisi. Oltretutto non mi sembra compito prioritario del governo impicciarsi così prepotentemente di riforme costituzionali, mentre è certamente compito prioritario del governo alleviare le sofferenze del popolo e in particolare dei poveri, dei disoccupati, dei giovani adulti ancora a carico di genitori pensionati, dei sempre più numerosi giovani che sono senza lavoro e senza prospettive, soprattutto nel Mezzogiorno.

Occorrono riforme vere, non chiacchiere
Ci si rende conto che mentre a Roma si discute, secondo una logica di potere più che di volontà di risolvere qualche problema reale, le difficoltà degli italiani aumentano e cresce persino il debito pubblico, ossia un ulteriore aggravio per tutti?
Matteo Renzi
Fa bene il primo ministro Renzi a chiedere rispetto in Europa, ma deve anche sapere che il rispetto nei rapporti internazionali come in quelli privati va conquistato e meritato. Finché i numeri sull'occupazione, sulla produzione, sui consumi delle famiglie, sulle esportazioni, sulla corruzione, sull'evasione fiscale, sulla diminuzione del debito pubblico non confermano un netto e persistente miglioramento non è vero che l’Italia ha fatto o sta facendo bene i compiti.
Perché il giovane e dinamico Matteo Renzi non usa l’enorme consenso di cui ancora gode, utilizzando al meglio le leggi che già esistono, per incidere maggiormente nell'efficienza della pubblica amministrazione, nell’utilizzo mirato della leva fiscale, nel perseguimento dei reati, nel controllo dell’immigrazione clandestina, nella lotta alla povertà, nella lotta agli sprechi, ecc.?
Matteo Renzi, prima di pretendere qualche attenzione in più dall’Europa deve dare la prova di saperci davvero fare con i problemi interni. Il buon governo è da sempre quello delle buone azioni, non quello delle belle parole e delle buone intenzioni.
Giovanni Longu
Berna, 23.07.2014


Negoziato Svizzera-Italia verso la soluzione


La Svizzera spera in una rapida soluzione del negoziato con l’Italia sulla fiscalità e sui frontalieri e anche Roma sembra avere fretta di concludere. Il governo Renzi, come già quello precedente di Letta, sembra voler dare la precedenza ad una soluzione interna, l’autodenuncia, con agevolazioni per alcuni Paesi fra cui la Svizzera.

Le soluzioni possibili
Essendo stato scartato definitivamente il modello Rubik ritenuto incompatibile con la sensibilità politica degli ultimi governi italiani, non resterebbe che aspettare l’adozione da parte dei principali Paesi finanziariamente forti dello scambio automatico delle informazioni oppure prendere accordi bilaterali il più presto possibile. E’ la strada che stanno tentando la Svizzera e l’Italia. Già il governo Letta, ma soprattutto quello attuale di Renzi sembra infatti orientato a far rientrare i presunti ingenti capitali trasferiti illegalmente all’estero, ma specialmente in Svizzera, attraverso l’autodenuncia degli interessati.

L’autodenuncia sta per diventare legge
Si sa tuttavia che chiunque abbia trasferito illegalmente somme di denaro in Svizzera o altrove prenderà tale decisione se nel calcolo dei costi e dei benefici questi ultimi prevarranno. Se i costi reali o ipotizzati apparissero eccessivi, è probabile che l’evasore cercherà altre soluzioni (e non è detto che non ce ne siano).
Per far emergere i capitali detenuti all’estero e non dichiarati al fisco italiano, il governo Renzi sembra prediligere la soluzione già intrapresa dal governo di Enrico Letta dell’autodenuncia, la cosiddetta «voluntary disclouse» (comunicazione volontaria).
Il relativo disegno di legge, già approvato dalla Commissione Finanze della Camera dei Deputati italiana, è finalizzato all'emersione dei capitali. Mentre Letta pensava, con questa misura, di apportare al fisco almeno 3 miliardi di euro, Renzi si è posto l’obiettivo di incassarne almeno 5, anche perché le sanzioni per chi non vi aderisse e venisse scoperto sarebbero ben più gravi: oltre che per il reato di evasione verrebbero accusati di autoriciclaggio, un nuovo reato inserito nel disegno di legge (che prevede una sanzione oltre al pagamento di tutte le tasse evase più gli interessi), con lo scopo evidente, fra l’altro, di dissuadere chi avesse ancora esitazioni per l’autodenuncia.

Accordo italo-svizzero più vicino
Poiché la nuova legge prevede anche sanzioni ridotte per gli audenuncianti che detengono capitali in Paesi che intendono aderire agli accordi per lo scambio automatico d'informazioni, primo fra tutti la Svizzera (dov'è depositata la maggior parte dei capitali non dichiarati al fisco italiano), è possibile che si giunga presto ad un accordo tra i due Paesi. Alcune fonti lo danno per probabile già entro la fine di luglio in occasione della prossima visita del Presidente della Confederazione Didier Burkhalter a Roma (prevista per il 29 luglio), ma probabilmente bisognerà ancora attendere mesi prima che i due Paesi raggiungano un accordo soddisfacente per entrambi.

Preoccupazioni svizzere
Mentre in Italia avanza la discussione parlamentare sull’autodenuncia, in Svizzera, ma soprattutto in Ticino, ci si comincia a preoccupare sulle possibili ripercussioni. Da tempo infatti si osserva un certo nervosismo sia a livello politico e sia a livello di opinione pubblica.
Ha suscitato una certa impressione qualche settimana fa un articolo di Armando Mobelli su Swissinfo intitolato «Italia: una presidenza dell’UE scomoda per la Svizzera». Il giornalista si riferiva principalmente ai rapporti tra la Svizzera e l’Unione Europea, ma è evidente che quel tipo di rapporti avrà ripercussioni anche sulle relazioni Italia-Svizzera. Basti qui ricordare che Renzi non ha fatto finora nulla per togliere la Svizzera dalla lista nera dei Paesi non collaborativi a livello fiscale (l’Italia è l’unico paese europeo ad averla inserita!).
La Confederazione è intervenuta più volte sulle autorità ticinesi per invitarle alla pazienza, almeno fino alla primavera prossima, ma non c’è dubbio che il Ticino si prepara già alle inevitabili conseguenze, prendendo sin d’ora delle contromisure. Ad esempio ha fatto chiaramente intendere che il negoziato con l’Italia deve comprendere anche la questione dei frontalieri. Il Ticino si rende infatti ben conto che, qualunque soluzione verrà adottata, dovrà accettare un forte ridimensionamento della sua piazza finanziaria, dal dopoguerra alimentata soprattutto dai capitali provenienti, solo in parte legalmente, dall’Italia, anche se nel rispetto della legislazione svizzera.

Ticino e Lombardia
Del resto, che i rapporti tra il Ticino e la Lombardia (per evidenti ragioni geopolitiche) non siano buoni lo dimostrano non solo la recente reazione di molti ticinesi alla partecipazione all’Expo del 2015 a Milano, ma anche la pubblicità data negli ultimi tempi ai numerosi furti realizzati o tentati in territorio ticinese da cittadini italiani o provenienti dall'Italia, il rafforzamento delle guardie di confine, la nomina di un delegato ticinese per i rapporti transfrontalieri.
E’ auspicabile che quanto prima il negoziato giunga a una conclusione, con la soddisfazione di entrambi i Paesi, perché in questo momento e in prospettiva dovrebbe risultare assolutamente prioritario, tanto per l’Italia quanto per la Svizzera, rilanciare i buoni rapporti di vicinanza e di collaborazione.

Giovanni Longu
Berna, 23.07.2014