Ieri, il Tribunale amministrativo del Lazio ha
respinto il ricorso delle opposizioni contro la formulazione del quesito
referendario. Effettivamente, dopo l’approvazione dello stesso quesito dalla Corte di Cassazione e
dal Presidente della Repubblica, non ci si poteva aspettare risposta diversa. Dunque
la vertenza è chiusa? Probabilmente no perché sono pendenti altri ricorsi. Uscendo dal terreno tecnico-giuridico
(non necessariamente il più appropriato) della comprensibilità di un quesito
referendario e limitandomi all’aspetto linguistico, trovo personalmente quella
formulazione inadeguata e fuorviante, come quelle domande «chiuse» (con
alternativa, per esempio: sì/no) in cui la risposta è quasi scontata.
Mi spiego. Chi segue i
sondaggi e ha qualche conoscenza di indagini statistiche sa bene che a seconda
di come è formulata la domanda possono variare anche notevolmente i
risultati. Per questo nelle indagini statistiche e nei sondaggi più seri non si
utilizzano domande «chiuse», ma questionari strutturati (con più domande e
domande filtro). Nel caso del referendum questo non è possibile, perché la
domanda prevede un’unica risposta alternativa si/no. Proprio per questo il
quesito referendario andava presentato, a mio modesto avviso, in una forma più oggettiva
e neutrale, in modo da non condizionare la risposta.
La formulazione della
domanda alla quale sono chiamati a votare gli italiani il 4 dicembre prossimo non
mi sembra oggettiva perché incompleta, in quanto mette in evidenza solo gli
aspetti positivi della riforma Renzi-Boschi e tralascia completamente gli
aspetti negativi e le conseguenze che comportano. Non mi sembra neutrale
perché elencando solo i risultati positivi (o presunti tali) il voto è
palesemente condizionato. E’ come se si chiedesse agli italiani: «Approvate la
legge concernente disposizioni per la concessione di un bonus di 80 euro sulle
pensioni e per poter andare in pensione anticipata a 63 anni?», senza
aggiungere a quali condizioni.
Quanto non solo il
quesito referendario ma l’intera riforma Renzi-Boschi non siano neutrali lo
dimostra fra l’altro il martellante invito a votare SÌ del capo del governo, come
se da esso dipendesse la sua sopravvivenza, giungendo persino a invocare il sostegno
del pensionando Obama (in cambio non si sa bene di che cosa, ma certamente di
qualcosa, che magari è bene non far sapere agli italiani). Il governo, in
quanto organo esecutivo dello Stato, in materia referendaria, dovrebbe essere
piuttosto neutro, non di parte (predominante).
A questo punto, prima
di decidere sul sì o sul no, agli italiani non resta che leggersi bene il testo
della riforma e riflettere sui rischi che comporta, ad esempio, la confusione
introdotta nel bicameralismo italiano (confusione unica al mondo!), la perdita
di sovranità popolare, l’affermazione di un centralismo pericoloso per la
democrazia, la minore autonomia delle regioni (comprese quelle a statuto
speciale), il partito unico al potere, ecc. Dopodiché ciascuna voti secondo
scienza e coscienza.
Giovanni Longu
Berna, 21.10.2016
Berna, 21.10.2016
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