Le discussioni bilaterali tra la Svizzera e l’Unione europea
(UE) in alcuni momenti danno l’impressione di un dialogo fra sordi, nel senso
che ciascuna parte sembra voler mantenere ad ogni costo la propria posizione, come
se fosse inamovibile. Altre volte, invece, sembra che il dialogo avanzi, magari
a singhiozzo, segno che da entrambe le parti c’è la volontà di giungere il più
presto possibile, ma senza fretta (anche se per la Svizzera il tempo stringe),
se non ai risultati sperati da ciascuna parte almeno a un buon compromesso. E’
molto positivo che il dialogo continui, anche sui temi obiettivamente difficili
come quello sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE nel mercato del
lavoro svizzero.
Il dialogo continua
Quest’anno il dialogo è ripreso ai massimi livelli con
l’incontro a Bruxelles tra la presidente della Confederazione Simonetta
Sommaruga e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker
(v. L’ECO del 18.3.2015) e sembra proseguire in un clima favorevole su svariati
temi. Alcuni segnali lasciano ben sperare.
Il 18 marzo 2015 sono
iniziati a Bruxelles tra il segretario di Stato Jacques de Watteville e
il direttore generale dell’UE Jonathan Faull i primi colloqui
esplorativi sulla fattibilità e l’opportunità di un accordo bilaterale
Svizzera-UE sui servizi finanziari. Sono pure in corso colloqui riguardanti un
miglioramento dell’accesso della Svizzera ai mercati dell’UE.
Il 19 marzo 2015 la Svizzera e l’UE hanno raggiunto un
accordo che prevede l’introduzione dello scambio automatico di informazioni
in materia fiscale a partire dal 1° gennaio 2017 (anche se i primi scambi
avverranno effettivamente solo l’anno seguente).
Scambio delle informazioni fiscali
Questo accordo, anche se dovrà essere ancora sottoposto alle
Camere federali (ed eventualmente a referendum) per l’approvazione definitiva, segna
a mio avviso un punto di non ritorno nei rapporti non solo in materia fiscale
ma complessivi tra la Svizzera e l’Unione europea. Già, perché questo accordo è
stato fortemente voluto dall’UE, al fine di introdurre definitivamente nei
rapporti fiscali tra i cittadini dell’UE e la Svizzera la massima trasparenza
possibile. Mentre segna davvero la fine definitiva del segreto bancario
svizzero, non può non rappresentare il forte avvicinamento generale in tutti i
campi tra la Svizzera e l’UE.
Su questo accordo non ho letto in Svizzera molti commenti,
forse perché il tema è molto delicato e contrastato, ma non c’è dubbio che per
le relazioni con l’Europa esso rappresenta la rimozione di uno dei più grossi
ostacoli. Evidentemente gli svizzeri si aspettano ora qualcosa in cambio,
soprattutto nella direzione di una totale apertura dei mercati europei per le
imprese svizzere come pure per quel che riguarda la libera circolazione delle
persone.
«Accordo storico»
A sottolineare l’importanza dell’intesa raggiunta ci hanno
pensato i due negoziatori dell’accordo, il segretario di Stato Jacques de
Watteville e il direttore generale dell’UE Heinz Zourek. Il primo,
dopo aver siglato il documento sembra che abbia esclamato: «questo è un giorno
importante» e il secondo, visibilmente soddisfatto: « sono molto grato che
abbiamo trovato una risposta ad una questione politicamente e tecnicamente
difficile». Ma è stato lo stesso commissario europeo per la fiscalità Pierre
Moscovici, compiaciuto a sua volta del risultato raggiunto, a definirlo un
«accordo storico».
L’accordo raggiunto sullo scambio automatico di informazioni in materia fiscale sostituisce il
precedente accordo sulla fiscalità del risparmio con l’UE in vigore dal 2005 e riguarderà,
una volta entrato in vigore, tutti i 28 Stati dell’UE e la Svizzera. L’accordo,
si legge in un comunicato stampa dell’Amministrazione federale, «è reciproco,
vale a dire che in caso di scambio di informazioni concernenti i conti gli
Stati membri dell’UE sottostanno agli stessi obblighi della Svizzera e
viceversa».
In questo accordo è stato
ripreso integralmente lo standard globale dell’Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) sullo scambio automatico di
informazioni, che è già stato alla base dell’intesa raggiunta tra la Svizzera e
l’Italia e che è ormai condiviso da un centinaio di Paesi e da tutte le
principali piazze finanziarie del mondo. La caduta del segreto bancario
svizzero non è pertanto opera di questo o quel ministro delle finanze o primo
ministro, ma il risultato di un processo a cui anche la Svizzera si è
sottoposta da tempo.
Ripercussioni per gli immigrati
Poiché il recente accordo siglato a Bruxelles riguarderà tutte
le relazioni finanziarie dei cittadini dell’UE e della Svizzera residenti
rispettivamente in Svizzera o in uno Stato dell’UE, è importante segnalare sin
d’ora ch’esso avrà ripercussioni anche sugli immigrati italiani in Svizzera.
Dal 1° gennaio 2017 (concretamente dal 1° gennaio 2018), infatti, tutti i dati
fiscali riguardanti i beni immobili e mobili (conti correnti, partecipazioni,
titoli azionari, ecc.) detenuti da essi in Italia saranno comunicati
automaticamente dall'
autorità fiscale italiana a quella svizzera. Viceversa,
l’autorità fiscale svizzera comunicherà a quella italiana tutti i dati fiscali riguardanti
i beni immobili e mobili detenuti in Svizzera appartenenti a residenti in
Italia.
Lo scambio automatico dei dati fiscali consentirà a ciascun
Paese quanto meno di ridurre l’evasione fiscale, ma non sarà certo questo
accordo a farla scomparire. Incentivare forme di autodenuncia, come stanno
facendo ora l’Italia e da tempo la Svizzera, dovrebbe favorire l’emersione dei
capitali nascosti al fisco e una maggiore equità fiscale fra i cittadini. E’
però auspicabile che gli Stati distribuiscano agli stessi cittadini le maggiori
entrate attraverso un riduzione mirata delle imposte.
Giovanni Longu
Berna, 25.03.2015
Berna, 25.03.2015
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