16 aprile 2020

Pazienza e ottimismo: il vaccino è vicino











Il coronavirus ci ha colti tutti impreparati: chi ci governa perché non hanno saputo né prevenire né curare subito il male micidiale, noi cittadini perché ci eravamo abituati al benessere crescente senza la «vista» del dolore e della morte relegati negli ospedali. Ci sentivamo al sicuro da nuove Sars, Ebola e quant’altro perché disponevamo di un potente sistema sanitario che ci faceva da scudo. Per questo l’imperversare del Covid-19 ci ha sorpreso e ci fa ancora penare, perché non è ancora sconfitto.


Nervosismo d’attesa
L'immunologo Martin Bachmann col suo gruppo
dell'Inselspital Berna (foto: Der Bund, Philippe Rossier)


Le misure di «distanziamento sociale» - una sberla violenta soprattutto per i nonni, passati in pochi giorni da angeli custodi per i nipotini a «gruppo a rischio» da «proteggere» entro le mura domestiche – proprio nessun over 65 se le aspettava. Ora aspettano anch’essi il semaforo verde delle autorità per uscire di casa, andare a fare la spesa e magari prendere un caffè o una birra con gli amici al club o al ristorante. Per non parlare di altre categorie di persone impedite di andare a lavorare, portare a casa il meritato salario, godersi la famiglia almeno la sera e il fine settimana. E tutti cominciamo, purtroppo, ad essere nervosi in attesa che si possa tornare alla normalità.



Attenzione, ci raccomandano gli esperti e le premurose autorità, i rischi non sono ancora finiti. Da persone intelligenti capiamo, in questi mesi ci siamo ben informati sulla pericolosità del covid-19, sull’uso delle mascherine, sul possibile contagio da parte degli asintomatici (la categoria più subdola, verrebbe da pensare!), sulle precauzioni igieniche facendo bene attenzione a pulirsi bene le unghie, anzi sotto le unghie perché è lì che si annidano facilmente i batteri (ma anche i virus?), ecc. ecc. Ma fino a quando dobbiamo rassegnarci? Anche la televisione ci ha stancato con le ripetizioni a non finire tra bollettini medici e interviste agli specialisti del dopo-pandemia (ma non del prima!). Quando ci diranno seriamente che il brutto sta per finire o almeno che si comincia a intravedere una vera soluzione?

Vaccino a ottobre!
Ebbene, due buone notizie sono già arrivate. La prima l’ho letta su un quotidiano di Berna in cui un luminare del principale ospedale regionale, l’immunologo Martin Bachmann, annunciava che già in ottobre sarà pronto un vaccino e addirittura in 10 milioni di dosi. Non so se crederci, ma ci spero, anche se dovesse arrivare a novembre o dicembre. La seconda buona notizia la ricavo da un comunicato stampa del Consiglio federale che proprio oggi ha annunciato l’avvio di un programma nazionale di ricerca Covid-19 dotato di 20 milioni di franchi.

E’ anche importante che questi sforzi della Svizzera non sono isolati a livello nazionale (come molte ricerche simili in altri Paesi), ma s’inseriscono in un sistema di collaborazione internazionale con l’Organizzazione mondiale della sanità OMS e iniziative analoghe dell'Unione europea.
Prima di cantar vittoria, naturalmente bisogna attendere, ma a questo punto la pazienza è altrettanto giustificata dell’ottimismo, anche perché la professionalità dei ricercatori in questione è fuori discussione.
Giovanni Longu
Berna, 16.04.2020




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