Questa dovrebbe essere, finalmente, la volta buona. L’11
marzo scorso il Consiglio nazionale (CN) ha infatti approvato a stragrande
maggioranza (122 sì, 58 no e 4 astensioni) un progetto di legge sulla naturalizzazione
agevolata della terza generazione di stranieri, elaborato dalla Commissione
delle istituzioni politiche (CIP-N) su una iniziativa parlamentare della
consigliera nazionale italo-svizzera Ada Marra, in cui si affermava
perentoriamente che «la Svizzera deve riconoscere i propri figli».
L’on. Ada Marra con Giovanni Longu |
L’approvazione del CN, una delle due camere dell’Assemblea
federale, non ha avuto un grande rilievo nei media e probabilmente non ha
entusiasmato nemmeno Ada Marra, che attende ormai dal 2008 una decisione definitiva
sulla sua iniziativa e dovrà ancora aspettare, non si sa quanto, il risultato
finale. Il progetto dev’essere infatti ancora esaminato e approvato dal Consiglio
degli Stati e spetterà poi al popolo svizzero dire l’ultima parola.
Chi conosce anche solo sommariamente l’iter legislativo
svizzero sa bene che si tratta di un procedimento piuttosto lungo e laborioso.
Nel caso specifico, poi, sette, otto o più anni rappresentano una durata
accettabile, se si pensa che il tema della naturalizzazione agevolata per i
figli e nipoti di immigrati (ossia giovani stranieri nati e cresciuti in
Svizzera) è iniziata oltre un secolo fa.
Argomentazioni secolari
Nella motivazione della sua iniziativa, Ada Marra sosteneva
che «la Svizzera deve riconoscere i propri figli
e smettere di chiamare "straniere" persone che non lo sono. Infatti,
le persone nate in Svizzera da genitori nati in Svizzera da genitori che hanno
soggiornato per oltre vent'anni in Svizzera non sono più straniere: la maggior
parte di loro conosce solo vagamente la lingua degli avi e non superebbe mai un
esame linguistico teso a determinare se sono integrate nel Paese di cui hanno
la cittadinanza. Le persone della terza generazione hanno (…) le radici in
Svizzera, indipendentemente dalla realtà in cui vivono e dal loro livello
socioeconomico. Sono il prodotto della realtà elvetica».
A ben vedere, le argomentazioni della Marra non sono né
rivoluzionarie né del tutto originali. Qualcosa di simile si trova infatti già nelle
motivazioni di una analoga iniziativa del 1912 con cui si chiedeva l’introduzione
nella Costituzione federale del principio dello «jus soli», ossia il diritto
alla cittadinanza svizzera per chi nasceva in Svizzera. Allora la questione era
stata sollevata da una commissione di esperti in relazione al pericolo
dell’«inforestierimento della Svizzera», ritenendo che un buon antidoto sarebbe
stato proprio la naturalizzazione automatica di chi nasceva in Svizzera.
Alla base dell’iniziativa c’era un pensiero assai semplice:
molti «stranieri» in Svizzera fin dalla nascita sono di fatto già «assimilati»
o potrebbero esserlo facilmente, basterebbe concedere loro la naturalizzazione
fin dalla nascita. Inoltre si riteneva, ragionevolmente, che riducendo con la
naturalizzazione automatica il numero degli stranieri anche il problema
dell’inforestierimento si sarebbe per così dire sgonfiato da solo. L’iniziativa,
benaccolta negli ambienti politici, non fu portata avanti a causa della prima
guerra mondiale, che impose altre priorità. Purtroppo anche dopo la guerra non
venne più ripresa fino agli anni ’90 del secolo scorso e all’elaborazione di un
progetto di legge respinto in votazione popolare nel 2004.
Osservo marginalmente che se le motivazioni a favore
dell’iniziativa Marra non sono di per sé nuove, non lo sono nemmeno le
argomentazioni contro la stessa iniziativa. Quando il consigliere nazionale
dell’Unione democratica di centro (che in realtà è di destra) Hans Fehr obietta
che non si deve compromettere la nazionalità elvetica (cha ha qualcosa di unico
al mondo e fornisce molte libertà e diritti) e che a suo avviso il progetto
mira soltanto a far calare massicciamente il tasso di stranieri in Svizzera,
non dice nulla di nuovo rispetto alle obiezioni che venivano mosse
all’iniziativa del 1912.
Verso una decisione storica
Occorre tuttavia sottolineare anche l’attualità e
ragionevolezza dell’iniziativa di Ada Marra e della successiva proposta della
CIP-N in quanto sono state recepite a mio avviso in misura più che sufficiente
due istanze provenienti dal mondo politico e dall'opinione pubblica. La prima
riguarda il meccanismo della naturalizzazione, che non dev'essere né automatico
né troppo facile o troppo difficile, ma equo, rispondente a precise condizioni valide
in tutta la Svizzera. La seconda istanza è quella di un’opinione pubblica ormai
stanca degli atteggiamenti marcatamente xenofobi e sempre più orientata a
considerare svizzeri a tutti gli effetti coloro che si sentono effettivamente
tali fino ad apparire quasi ridicolo considerarli ancora «stranieri». Lo ha ribadito
al CN a nome della CIP-N il socialista Andy Tschümperlin: «I nipotini degli
immigrati non sono più stranieri. Non parlano più, o male, la lingua dei loro
nonni e i legami con il paese di origine sono simbolici».
In base al progetto di legge approvato
dal CN l'ottenimento della nazionalità elvetica dovrà avvenire secondo una
procedura uniforme a livello nazionale e non in maniera automatica ma a
richiesta, in quanto l’interessato o i suoi genitori dovrebbe o dovrebbero farne
esplicita richiesta. In questa maniera è stato rimosso l’ostacolo principale che
impedì l’approvazione dell’analogo progetto di legge nella votazione popolare
del 2004.
Il progetto ora approvato sottolinea
anche in maniera inequivocabile che la naturalizzazione agevolata presuppone
nei candidati di essere bene integrati e che anche i loro genitori e persino i
loro nonni abbiano (avuto) legami stretti con la Svizzera.
Allo stato attuale dell’iter parlamentare e della percezione
del problema nell’opinione pubblica, tutto lascia ben sperare. Solo dopo
l’approvazione definitiva si potrà comunque parlare di una decisione «storica»
e l’aggettivo non dovrà sembrare esagerato se solo si pensa al tempo trascorso
dalle prime discussioni oltre un secolo fa.
Giovanni Longu
Berna, 29.04.2015
Berna, 29.04.2015
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