Dopo mesi e anni perduti in attesa di tempi migliori, sembra giunto «il momento giusto» per la ripresa del dialogo italo-svizzero sulla questione fiscale e non solo. Lo ha detto pochi giorni fa il presidente del Consiglio dei ministri italiano Enrico Letta e c’è da augurarsi che alle parole seguano i fatti. Oltre tutto, è specialmente nell’interesse dell’Italia che il dialogo riprenda.
Ottimismo e
preoccupazione di Letta
Il Presidente del Consiglio italiano Enrico Letta |
Il presidente Enrico Letta ha
fatto tale dichiarazione nel corso di un suo intervento alla stampa estera al
rientro dal G8, tenutosi nell'Irlanda del Nord, in cui si era parlato della
lotta all'evasione e ai «paradisi fiscali» e della necessità di estendere il
sistema degli scambi di informazione. Il clima generale del vertice gli era
sembrato «molto positivo» per la soluzione delle vertenze tra Stati in materia
fiscale.
E’ probabile che dopo il G8 Letta si sia convinto che fosse
giunto il «momento giusto» per riprendere la trattativa con la Svizzera. «Sono
convinto che con le autorità svizzere ci possano essere intese positive», ha
affermato, non solo nel «recupero di risorse», ma anche nell'attuazione di un «sistema
di relazioni che consenta di combattere efficacemente i fenomeni dell’evasione
e dell’elusione».
Nell'incontro con la stampa, tuttavia, Letta non nascondeva
una certa preoccupazione per la situazione delle relazioni tra la Svizzera e
gli Stati Uniti, in quanto, proprio mentre al G8 si discuteva di paradisi
fiscali, la Svizzera rifiutava un disegno di legge che, secondo il Consiglio
federale, avrebbe consentito alle banche elvetiche operanti negli USA di
risolvere importanti controversie col fisco americano. Di altro avviso era
invece la maggioranza del Consiglio nazionale, che ha bocciato sul nascere quel
disegno di legge.
Quanto accaduto a Berna
merita una breve spiegazione. Sembra che il fisco americano stia indagando su
diverse banche svizzere operanti negli USA sospettate di aver aiutato cittadini
americani ad evadere il fisco. Per chiudere la vertenza, le banche indagate
dovrebbero fornire alle autorità fiscali americane informazioni su nomi e
impiegati di banca e di terzi nonché su conti, flussi bancari, trasferimenti e
quant’altro dei presunti evasori fiscali.
Una trasmissione di
dati di questo genere e al di fuori di una procedura giudiziaria normale non è
però consentita dal diritto svizzero. La settimana scorsa il Parlamento
elvetico ha perciò rifiutato un disegno di legge governativo per consentire
eccezionalmente la trasmissione delle informazioni richieste dal fisco
americano in via del tutto eccezionale, ossia sospendendo per un anno l’applicazione
del diritto svizzero.
Un segnale per
l’Europa
Non so quanto Letta fosse veramente «preoccupato dalla
situazione delle relazioni tra Svizzera e Usa», per altro ritenute «buone» dal ministro dell’economia Johann Schneider-Amman e
dal ministro degli Esteri Didier Burkhalter e sicuramente non minacciate dalle
controversie tra il fisco americano e alcune banche private elvetiche operanti
in America. Ritengo più probabile che il presidente Letta fosse in realtà più
preoccupato delle relazioni tra l’Italia e la Svizzera, anche per il
ritardo accumulato nel portare a buon fine le diverse trattative e per
l’incertezza degli esiti.
Come ho avuto modo di
riferire in altre occasioni, la Svizzera sembra ben disposta alla trattativa
(anche sullo scambio automatico dei dati), ma non a qualunque costo e senza
contropartite. Letta deve averlo capito anche dal comportamento del Parlamento
svizzero nella discussione di una legge, quella che i media hanno chiamato «Lex
USA», che sembrava più un diktat americano che il risultato di una trattativa.
Molti osservatori hanno interpretato il rifiuto della
maggioranza parlamentare come un segnale molto preciso al governo federale di
non illudersi di poter concedere e ad altri Paesi, soprattutto europei, di
ottenere quanto non è ammesso dal diritto svizzero vigente. Se la Svizzera
avesse «ceduto» agli USA, è molto probabile che altri Paesi europei, particolarmente
quelli maggiormente indebitati, avrebbero seguito l’esempio degli Stati Uniti.
«Coi tempi durissimi che corrono, ha commentato recentemente Moreno Bernasconi
sul "Corriere del Ticino", Paesi europei indebitati fino al collo (o chiamati a
pagare i debiti altrui) non avrebbero nulla da perdere ad estrarre la colt e a
fare lo sceriffo».
Se anche Letta l’ha capito questo mi pare un ottimo punto di
partenza per una trattativa che dev'essere finalizzata non solo a sanare il
passato (e al recupero delle risorse illegalmente sottratte al fisco italiano),
ma soprattutto a rilanciare le relazioni italo-svizzere in tutti i campi, scommettendo
sui vantaggi reciproci, sulla vicinanza (non solo geografica) e amicizia e non
da ultimo sulla presenza qualificata in Svizzera di oltre mezzo milione di
cittadini italiani.
Giovanni Longu
Berna, 26.06.2013
Berna, 26.06.2013
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